Ho dato un’occhiata al numero di post pronti, programmati: sono circa 22. Siccome pubblico tre volte la settimana (a meno che non capiti in un giorno festivo, in quel caso non pubblico nulla) significa avere il blog a posto per circa sette settimane. Non male.
Ma buona parte di quei post, probabilmente non vedranno mai la luce.
Non li leggerete mai.
Racconta storie, non di marketing
Per quale motivo?
Be’, è facile da capire. Se decidi di raccontare delle storie, è inutile che poi infarcisci il blog di post sul marketing. Il marketing lo devi fare.
Perché altrimenti attiri l’attenzione non dei lettori (e di loro hai bisogno), ma di altri nelle tue stesse condizioni. Lo riscrivo: hai bisogno (ho bisogno) di lettori. E di nient’altro.
“Eh. Ma come pensi di raggiungerli se non fai marketing?”
E chi ha scritto che non faccio marketing? Solo, mi sono un po’ stufato di scriverne. Perché questo non mi avvicina per niente alle persone che forse, sono interessate alle storie. Mi pare di avere già parlato di questo in passato. Nel mese di luglio per esempio mi domandavo: “Come piazzo l’arte?”.
Perché il rischio, non è quello di creare qualcosa che ti piace e basta. Ma di dover seguire le regole del mercato (che piglia sonore cantonate, e anche in questo caso c’è un mio post al riguardo: “Buone notizie: il marketing sbaglia”).
E allora?
Il bastian contrario non sono io
Be’, io già mi sono imbarcato in un settore (i racconti) che hanno pessima fama. La gente non li legge?
E io li scrivo.
La gente vuole rilassarsi? Leggere qualcosa di leggero?
E io scrivo di disoccupati, di gente che ha perso casa (e gambe), di bambini con deficit cerebrali. Tutta roba che inietta gioia nelle vene della società, vero?
Ma il bastian contrario non sono io: siete voi, o popolo.
La realtà è fatta di queste cose. E se è così pervasiva, brutta e cattiva, non la renderai più bella, positiva e piena di progresso parlando di altro.
A mio parere, l’auto-pubblicazione ha un potenziale ancora nascosto. Certo, ci sono erudite analisi che dimostrano come nonostante tutto, l’ebook venda. Ma mi pare che sia solo un “dettaglio”; certamente importante.
Per esempio, è ottimo avere il pieno controllo su tutto. Però se ci fermiamo a questo, mi pare che sfugga il valore aggiunto di questo settore.
Quello che trovo nell’autopubblicazione, è la possibilità di essere… dei carbonari.
Carbonari della narrativa
Ma che vuol dire? Vuol dire avere la mano più libera. E tu mi dirai: perché, chi scrive non ce l’ha?
Aspetta un attimo che guardo una cosa…
Ecco, come immaginavo.
Se io butto un’occhiata alle classifiche non vedo tutta questa “mano libera”; invece scovo una certa uniformità nei libri. E proprio quelli che fanno auto-pubblicazione mi pare siano (nell’80% dei casi), quelli che a tutti i costi vogliono seguire il vento. Adeguarsi a quel mercato che pure sino a ieri li ha respinti; e probabilmente li respingerà anche domani, dopodomani, il giorno dopo ancora.
Certo: c’è un problema di talento: o ce l’hai, oppure… Però sono certo che senza l’autopubblicazione non avrebbero mai visto la luce né “Non hai mai capito niente” e nemmeno “Cardiologia”. Sì insomma: la Trilogia delle Erbacce non sarebbe mai nata.
Qualcuno penserà: