Il potere di una parola

Creato il 20 gennaio 2015 da Alby87

Molti leggono i titoli dei libri della Miriano, e restano scioccati: “Sposati e sii sottomessa“, “Obbedire è meglio“… Ma questa è pazza!

Poi leggono qualche passo del libro o le interviste che lei ha rilasciato sull’argomento, e pensano “ma allora non era così male quello che intendeva!”

Improvvisamente questa donna così serena e di successo, sia professionale che (a quanto ci racconta) familiare, inizia a starci simpatica, inizia a farci pensare che non sarebbe affatto male vivere una vita da Mulino Bianco come la sua, in cui “ogni necessità sarà soddisfatta, ogni angoscia tranquillizzata, ogni noia superata”. I lettori cominciano dunque a pensare che un libro come “sposati e sii sottomessa” tutto sommato non sia così cattivo, dopotutto il modello che propone è allettante, a tratti condivisibile!

Ed è vero, è allettante. Mariti nobili ed eroici che si curano in tutto della mogliettina, che in cambio si rende compiacente e con tutta la forza del proprio amore cerca di soddisfare le richieste di un uomo così meritevole. Lo vorrebbero in molti e in molte, nell’uno o nell’altro ruolo.

Non è chiaro? Proprio questo è l’obbiettivo del libro, e il subdolo messaggio che veicola: quel “ma non è così malvagio” che ci spinge a dire dopo averlo letto, o dopo aver ascoltato i riassunti e le intervista rilasciati dalla stessa autrice.
Intendiamoci, ciò che dice la Miriano non è sempre condivisibile, ma non è neanche così abominevole: un modello di famiglia in cui la moglie dà al marito una preminenza prevalentemente “istituzionale”, gli lascia prendere delle decisioni di cui comunque partecipa, cerca di farlo stare bene eccetera; in questo modello è richiesto ovviamente anche che il marito sia nobile ed eroico, e quindi che la moglie non abbia bisogno di tutta questa emancipazione, visto che può limitarsi a gioire delle sue cure. Molte donne si sentirebbero umiliate o insoddisfatte a vivere così, ma altre ci starebbero benissimo, quindi perché no?

Ma il titolo, signori, il titolo.

Il titolo parla di “sottomissione”. Ma il modello proposto non è così male.
Quindi, la “sottomissione” non è così male.
Si comprende l’astuzia dello stratagemma?
Sottomissione ha un significato preciso, è un termine drammatico che sottolinea una forte asimmetria di potere nel rapporto. Sottomissione vuol dire che uno comanda e l’altro obbedisce; non vuole dire che la moglie fa contento il marito nella sua illuminata comprensione come una brava casalinga di Stepford, e il marito si coccola la moglie con stilnovistica nobiltà d’animo come un moderno cavaliere. Significa che il marito comanda. E se dà un ordine che non piace, si ubbidisce, che è meglio. E se abusa del suo potere, può farlo. Lo ha fatto per millenni, dopotutto.

Questo significa sottomissione, è questo quello che ha sempre significato. Nel modello ideale del marito perfetto il problema dell’obbedienza neanche si pone, visto che è tutto un gran volemose bene e il marito non vorrebbe mai fare del male alla moglie, e la moglie ci sta a farlo contento per amore; quindi tutto si risolve pacificamente con il miracoloso potere della discussione e del Vangelo. Dopotutto, anche Paolo di Tarso (per restare più neutri, l’autore di alcuni passi delle lettere di Paolo) diceva che i mariti devono trattare bene le mogli; mica ha mai detto che vanno corcate di botte.
Ma comunque il marito resta il capo della moglie, e la donna non può insegnare, ovvero entrare nel clero, ovvero ancora non può accedere a quella per il cattolicesimo è la posizione di massimo potere. Il Cattolicesimo è e resta maschilista con tutte le sue belle parole, e la moglie, ripetiamolo una volta di più, sta sotto, con tutto ciò che questo comporta. Perché il fantastico mondo di Costançie funzioni, il marito potrà pure avere i suoi difetti, ma alla fine dovrà essere amorevole e d’animo nobile, al nocciolo.

E se non lo è, come spessissimo accade nel mondo reale? In quel caso stare sotto significa molto spesso dover subire umiliazioni, abusi, violenze fisiche e/o psicologiche; e doversele anche tenere perché, ehi, il matrimonio è indissolubile, non ce lo saremo scordati, no? Quindi il potere contrattuale della moglie diventa praticamente nullo.
Nella realtà e nel vocabolario “sottomissione” vuol dire una cosa estremamente pericolosa. Sottomessi sono i cani e gli schiavi. Chiamare “sottomissione” quella roba all’acqua di rose che ci propina la Miriano è pericoloso proprio perché depotenzia il termine sottomissione, facendocelo quasi sembrare gradevole. Il rischio è proprio che qualcuno dopo aver letto inizi a pensare una cosa tipo “ma dai, allora sottomissione non è così male, si sta bene a stare sotto!”

Che, nel caso non ve ne siate accorti, è esattamente la linea di comunicazione della Chiesa e più in generale di tutti i teorici maschilisti: la donna farebbe meglio per se stessa a stare sotto, ha una vocazione naturale a stare sotto.
E quindi una donna che non volesse stare sotto è come minimo un po’ svitata o malata; come pensava Nietzsche, deve avere qualche disfunzione ormonale.

Un messaggio maligno, a dir poco. E che ci vogliono far passare sottobanco nella forma di un allegro quadretto familiare…

Attenti al potere di una parola. Specie se sta nel titolo.