Cari lettori,
la prima delle grandi case editrici italiane è ufficialmente in crisi. È notizia di qualche giorno fa che il gruppo Mondadori ha chiuso il primo semestre dell’anno in corso con un picco degli utili in negativo del 67% rispetto all’anno precedente. Per reagire alla crisi, il Consiglio di Amministrazione dovrà avviare un progetto di razionalizzazione societario, che per i profani significa che la Mondadori opererà un riassetto della società attraverso un accorpamento dei vari gruppi e un contenimento dei costi tramite tagli e massicce riorganizzazioni. Sebbene il nucleo del problema sia legato alla crisi delle vendite dei periodici, nemmeno il settore libri se la passa meglio. Infatti, i dati in chiusura del bilancio 2011 non erano tra i più rosei e nemmeno le speranze riposte nella diffusione dell'e-book e hanno evitato il tracollo.
La crisi c’è e si sente; è una realtà che conosciamo benissimo: una situazione che ci vede in balia di forze spesso superiori alle nostre e che colpisce nel profondo e nel portafoglio. Tuttavia ci sono casi in apparente controtendenza come quello della Newton & Compton — editore indipendente romano — che, soprattutto nell'ultimo paio d'anni, si è imposto sul panorama editoriale italiano piazzando tantissimi romanzi bestseller nella classifica di vendita e riscuotendo parecchio successo. L'editore di Raffaello Avanzini registra un incremento del 40% rispetto al 2011. Un risultato ottimo in condizioni normali, assolutamente sbalorditivo considerando la situazione attuale in cui la crisi nerissima non risparmia i grandi gruppi editoriale e tantomento l'editoria indipendente.
Cambierà qualcosa per i lettori quando andranno in libreria (se ancora avranno la possibilità di andarci)? Probabilmente nulla: a conti fatti, i libri continueranno ancora a tappezzare gli scaffali di quelle librerie che riusciranno ancora a stare a galla. E qui si innesta una questione ancora più delicata: la Mondadori, come gruppo finanziario, è titolare di numerosissime librerie sul territorio nazionale. Si tratta di franchising che hanno alle spalle il potere e la forza di una struttura economica che permette loro di superare la crisi di vendite che sta attraversando il mercato editoriale italiano. Le librerie di catena non vendono più solo libri, ma anche gadget, dvd e articoli da regalo: una scelta dettata da logiche di mercato che ha fatto sì che il prodotto libro si perdesse nel marasma dell'offerta. E adesso che la crisi sta picchiando duro, la domanda che nasce è questa: come faranno i punti vendita a sopravvivere alla crisi della casa madre? Assisteremo a una progressiva chiusura delle librerie monomarca o queste si trasformeranno definitivamente in un variopinto bazar dove il libro avrà uno spazio molto ristretto?Non è una questione peregrina: la libreria di catena spesso offriva quelle occasioni o gli sconti che un libraio indipendente non può garantire. Adesso che i margini di profitto si sono ristretti, cosa accadrà a questi soggetti economici?
L’editoria è ad un punto critico, non potrà essere salvata certamente da presunti o reali casi editoriali che spuntano come funghi ogni quindici giorni. Gli stessi fautori del basso prezzo si sono resi conto che l'unico effetto è stato quello di saturare il mercato di produzioni che di letterario hanno ben poco. Al di là dell'effimero e risibile successo delle Sfumature, la Mondadori sta subendo il contraccolpo di molte scelte editoriali sbagliate; compreso il fatto di aver puntato su romanzi-cloni di successi letterari altrui, con scarsi meriti e ancor più scarsi ricavi. Le case editrici sono delle aziende, è vero, ma sono anche il primo strumento e mezzo di diffusione della cultura. Forse non è il caso che comincino smarcarsi dal loro essere azienda (e della schiavitù dell'ufficio marketing) per tornare all'amore per la qualità dei libri e la cultura, educando i lettori e creando un bacino di utenza che negli ultimi anni si è sempre più ridotto?
Voi che ne pensate?
Elena Bigoni