A mia discolpa questa volta posso dire che il libro mi è stato regalato, che non l'ho comprato di mia spontanea volontà nè che ho cercato disperatamente di leggerlo (e il fatto che fosse nella mia wish list è ininfluente).
A mia discolpa posso dire che "L'ombra del vento" mi era piaciuto talmente tanto che era impensabile non leggere il terzo libro della saga, sebbene già "Il gioco dell'angelo" mi avesse lasciato parecchio perplessa.
A questo posso ancora aggiungere che solitamente Zafón scrive in modo scorrevole e piacevole, nonostante le trame siano sempre o troppo banali o troppo macchinose, e soprattutto tutte uguali tra loro.
Detto questo, la domanda che continuo a pormi da quando ho chiuso il libro ieri sera è "ma perché ho letto di nuovo un romanzo di Zafón", visto che era abbastanza prevedibile che sarei rimasta delusa? E soprattutto, "ma quanti soldi ancora si farà questo autore spagnolo sfruttando il successo del suo primo e unico capolavoro?"
Questo è una delusione. Non ha quasi senso di essere. Non succede niente dall'inizio alla fine. Non c'è un minimo di suspance, di trama o di mistero. Semplicemente Zafón ha preso i suoi due libri di maggiore successo, "L'ombra del vento" e "Il gioco dell'angelo" appunto, e li ha in qualche modo uniti in questo romanzo, spiegando parti oscure un po' dell'uno e un po' dell'altro, e lasciando ovviamente tutto in sospeso alla fine, per poter poi vendere anche il quarto libro della saga. Ritroviamo gli stessi personaggi degli altri due: c'è sempre la libreria Sampere, ora gestita dal padre e dal figlio Daniel (il protagonista de "L'ombra del vento" per intenderci), in cui lavora anche Fermín, già presente nel primo romanzo, che qui si scopre avere un collegamento anche con David Martín, lo scrittore misterioso e maledetto su cui si basa invece "Il gioco dell'angelo". Fermín racconta il suo passato imprigionato nel castello del Montjuic durante la guerra civile e l'epoca franchista, mettendo insieme i pezzi del puzzle che i due romanzi precedenti formavano. E lo fa perché un fantasma del passato è venuto a turbare la sua vita e a far rivivere i suoi ricordi, a causa di una dedica in un libro.
La storia però non decolla. Ricordi del passato e voglia di vendetta del presente si mescolano, senza però mai arrivare a una conclusione. E soprattutto, senza riuscire a capire bene dove diavolo volesse parare Zafón.
Anche perché a questo, si somma anche l'aspetto da romanzo "rosa". Il rapporto di Daniel con la moglie bellissima e la gelosia per un amore del passato. Il rapporto tra Fermín e la futura sposa, turbato ovviamente dal passato dell'uomo. L'amore per Isabella, la madre di Daniel, da parte del padre e di David Martín.
Insomma, troppe cose sul fuoco e nessuna che riesca a rendere però viva la storia.
E nemmeno Barcellona, protagonista indiscussa degli altri due romanzi, nè il fantastico "cimitero dei libri dimenticati" riescono a salvare la trama.
Si potrebbe tranquillamente evitare di leggerlo, non si perderebbe nulla. Ma è difficile, per chi come me ha adorato "L'ombra del vento", riuscire a rinunciare alla speranza che questo autore riesca a scrivere un altro capolavoro.
Nota alla traduzione: è semplicemente pessima. Errori di italiano ("qualcosa era andata storta"). Traduzioni differenti di una stessa espressione ("prosciutto serrano" e "jamón serrano"). Scelte improprie di termini, per nulla adatti all'epoca di ambientazione del romanzo, che rendono la lettura a tratti fastidiosa e sicuramente poco fluida.
Riusciranno mai a tradurre bene un romanzo di Zafón? (oppure è Zafón che scrive tanto male?)
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