Il primo giorno di scuola

Creato il 06 settembre 2011 da Silvanascricci @silvanascricci

Tra qualche giorno ricominciano le scuole ed in alcune regioni sono già cominciate.

Ai miei tempi, frase che mi fa parecchio vecchia, la scuola iniziava per tutti il primo ottobre tanto che i bambini che mettevano piede nelle aule per la prima volta si chiamavano remigini.

Pur essendo moltissime le cose variate negli anni ce n’è una che rimane uguale, immutabile ed eterna: l’emozione.

Che tu li veda accompagnati dai genitori o sugli scuola bus rimane costante questa impressione.

Ricordo il mio primo giorno di scuola accompagnata in aula, come ricordo, tanti anni dopo, la prima volta che ho accompagnato mia figlia a scuola.

Io come lei, come i bambini di ogni epoca ervamo nervose ed un po’ sole in mezzo ai veterani della transumanza scolastica, anche per loro è cominciato il cammino dentro un labirinto di aule dal quale, se saranno bravi e fortunati, usciranno fra vent’anni salvo complicazioni e specializzazioni.

Vent’anni.

Praticamente un ergastolo con scarcerazione per buona condotta.

Loro non lo sanno, preoccupati soltanto di trovare nuovi amici, di incontrare il compagno grosso e bullo che gli ruberà il cartoncino del latte, di essere presi in giro dalle femmine prima che le stesse femmine s’innamorino di loro, come loro prenderanno in giro le femmine prima di sognarle di notte e di giorno e di essere definitivamente separati dalla mamma.

Perché la materna è una bella cosa, ma la scuola ufficiale ha tutto un altro sapore, ha il gusto del taglio netto del cordone.

Li attendono circa 24mila trilli di campanelle.

Seimila compiti a casa, da facili (ma non per loro) addizioni e sottrazioni a difficili tesi di laurea.

Trecento o quattrocento pagelle, dalle prime blande indicazioni ai micidiali voti universitari. Migliaia di risvegli prematuri (ma perchè le scuole devono cominciare così presto al mattino?

Maledizioni di economia contadina che rimangono?), rimproveri, musi lunghi, punizioni, ricompense, stranguglioni, soddisfazioni.

Tutto per conquistare un’istruzione che aprirà a loro la porta verso altri stranguglioni, soddisfazioni, ricompense, musi lunghi, compagni bulli, colleghe antipatiche, capi prepotenti, fino a una pensione che forse loro non avranno mai.

Sono  uguali in tutto il mondo.

Una scuola è una scuola, e le maestre che si chiamino Smith, Popov, Nakamoto o Bianchi si somigliano tutte, perché la funzione crea l’organo, il ruolo crea la persona.

Eppure davanti agli ingressi, davanti ai scuolabus qui come in ogni parte del mondo, si vedono molte lacrime, esattamente come ai matrimoni.
Giorni felici, occasioni liete, ci dicono, ma allora perché tante lacrime ai matrimoni e ai primi giorni di scuola?

Forse perché abbiamo visto cose che ai bambini, e agli sposi, è meglio non dire.

Che nessuno sa mai dove li porterà quel viaggio sull’autobus giallo della vita.



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