Il che sarebbe ancora poco male, se ci fosse un PD da votare. E invece il maggiore partito di centrosinistra sembra abbia la vocazione a essere perdente. E voglio dire, se si limitasse a perdere sarebbe un vantaggio per i suoi avversari, e va bene così, vinca il migliore (qualunque cosa ciò significhi), ma è un problema di chi è stato sconfitto. L'essere perdente è invece qualcosa che ci riguarda tutti e che non può non provocare danni a tutti noi, se è vero che il PD è tuttora in vantaggio nei sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani. D'altra parte, mi trovo a mia volta nell'impossibilità di smontare le critiche al PDL e al suo vero leader in particolare. Quello che non accetto è, semmai, che un polo sistematicamente indifendibile sia, agli occhi di molti, una ragione valida per promuovere l'altro, non troppo più accettabile. Tuttavia, credo ci sia di più nell'acritica, retorica, oltranzista difesa del PD: forse, infatti, c'è la convinzione che chiunque vada ora al governo sarà peggio di ciò che c'è ora e che dunque non ci resti niente di meglio che contenere i danni che la storia dell'uomo ci riserva.
Se prendo il mio campo d'azione, la scuola, osservo con sconforto l'incapacità di pensare a soluzioni strutturali valide e accettabili; soprattutto, soffro l'inadeguatezza nel porsi le giuste domande non di ordine didattico (che pure sarebbe legittimo aspettarsi da un governo tecnico di professori), ma di senso in merito al valore dell'istruzione. Spesso, e lo dico per esperienza, sono gli istituti paritari, quelli non statali (con tutti i loro limiti), ad affrontare con più vigore gli aspetti profondi e veri dell'educazione. Abbiamo assistito a richieste e considerazioni che è anche offensivo prendere sul serio da parte della destra e di questo cosiddetto centro; e, non meno, da parte della sinistra: pagare in maniera diversa l'identico lavoro pomeridiano dei docenti a seconda che sia svolto a casa o nell'edificio scolastico è un'idiozia faraonica (e parlo di galline). Ma al PDL - lo stesso partito che propone la restituzione dell'ingiustissima IMU senza, al fianco, uno straccio di piano di risanamento strutturale e sostenibilità del progetto e del paese - al PDL, dicevo, credo che spetti il capolavoro in termini di ruffianeria propagandistica: la stretta relazione tra scuola e aziende.
In parole povere, subordiniamo l'intero apparato dell'istruzione ad aziende che forse puntano alla ricchezza, ma intanto licenziano in massa, chiudono, non dimostrano spesso nessuna progettualità o inventiva, anzi non soffrono neanche nel veder disperdersi per il mondo giovani intelligenti e (grazie al cielo!) abbastanza choosy da non mettersi da soli le catene. Non mi stupisce che la destra di oggi squalifichi o ripensi in questi termini la scuola, ma che abbia una visione così poco lungimirante dell'industria e delle strategie produttive mi lascia senza parole. Il cosiddetto "rilancio dei consumi" è lo slogan con il quale si mostra l'intento di saturare rapidamente il mercato (e di trovarne di vergini) con un commercio seriale, quasi sempre privo di reali ricadute pubbliche in termini di benefici. Tale procedura è preparata e seguita da attente campagne di induzione del bisogno. È appunto il commercio che interessa, non il prodotto (e meno che mai gli interessi del consumatore, figuriamoci la società, concetto astratto e incolore, niente più che vessillo ideologico).
Oppure, come accade in un racconto esemplare di Dino Buzzati (Eppure bussano alla porta), ce ne stiamo tranquilli e pigramente indaffarati in casa, ignorando la piena che ci segnalano a gran voce.