I romanzi avrebbero dovuto raccontare il tema dei giovani nel mondo arabo e difatti il libro dell’autore libanese ha come protagonista Nizam, giovane libanese nato in una famiglia sunnita ma adottato da una famiglia cristiano maronita. Allo scoppio della guerra civile nel 1975, tutte le contraddizioni del Libano esplodono e Nizam e la sua doppia “identità” non potranno non esserne toccati.
Gli altri finalisti sono stati:
Je suis né huit fois di Saber Mansouri (Éditions du Seuil); Amir di Nabil Naoum; tradotto dall’arabo da Luc Barbulesco (Actes Sud / Sindbad); Chibani di Ahmed Dich (Éditions Anne Carrière); Le dernier été d’un jeune homme di Salim Bachi (Flammarion); Biculturels. Se construire entre deux cultures di Hayat El Yamani (Éditions Anne Carrière); Le dernier seigneur de Marsad di Charif Majdalani (Éditions du Seuil); La Garçonne d’Alia Mamdouh; tradotto dall’arabo da Stéphanie Dujols (Actes Sud).
Della giuria invece facevano parte nomi noti anche a noi: gli scrittori marocchini Mohammed Berrada, Mahi Binebine (Prix du Roman arabe 2010) e Fouad Laroui (Prix Goncourt de la nouvelle 2013). E anche: Mustapha Bouhayati (direttore di Brunswick Art), Jean-Pierre Elkabbach (Europe 1), Gilles Gauthier (ex ambasciatore di Francia in Yemen e traduttore dei libri di Al-Aswani), Kaoutar Harchi (scrittrice), e Alexandre Najjar (scrittore e avvocato).
(Sorvolerò su questa giuria quasi solo al maschile!)
Douaihy l’anno scorso era stato invitato dalla Scuola Holden di Torino a tenere una lectio magistralis e poi dal Circolo dei Lettori per presentare il suo libro, appena uscito in traduzione italiana.
Qui potete rileggervi quello che Giacomo aveva scritto per il blog: Le storie vere di Jabbour Douaihy.
I complimenti vanno naturalmente all’autore ma anche all’editore italiano e alla sua traduttrice!