Immanuel Kant
di Massimo Pittau. Sicuramente io sono stato uno dei primi presentatori al pubblico italiano e forse il primo in assoluto del giovane filosofo-scrittore Umberto Eco.
Correva l’anno 1958 ed io insegnavo come professore di ruolo filosofia e storia nel Liceo Classico di Desenzano del Garda, in provincia di Brescia. Qualche anno prima Michele Federico Sciacca mi aveva dato accesso alla bella rivista “Humanitas” di Brescia, di cui egli era il direttore, pubblicando un mio ampio studio intitolato “La concezione crociana del linguaggio”. Data la vicinanza di Desenzano alla città di Brescia, io cominciai a frequentare la redazione della rivista, la quale prese l’usanza di passarmi libri che riceveva in dono dalle varie case editrici e pure dai vari autori con la contropartita di una mia recensione da pubblicare nella rivista. E in questo modo e per questo motivo io in “Humanitas” ho avuto modo di pubblicare una ventina di recensioni.
Tra queste pubblicai, nel fascicolo num. 12 di dicembre del 1958 (pagg. 934-936) la mia recensione di quella che mi sembra sia stata la prima opera di Umberto Eco, intitolata “Il problema estetico in S. Tommaso”.
Tengo molto a precisare che in quelle mie recensioni ero piuttosto corrivo a criticare e pure a distruggere l’opera recensita. E in questo modo io agivo male, molto male, fino a che, avanzato negli anni, mi imposi una precisa regola di azione: «Se hai da fare con un’opera che non vale nulla o vale poco, è molto meglio sorvolare, cioè non fare alcuna recensione su di essa».
Invece ricordo chiaramente che dell’opera recensita di Umberto Eco io parlai bene, molto bene; e ciò feci per la ragione che se lo meritava appieno. Tra l’altro ricordo che, era così ampia ed aprofondita la conoscenza che Umberto Eco dimostrava della filosofia di San Tommaso e di quella medioevale in generale, che mi convinsi che egli fosse un “ecclesiastico”. Solamente dopo, quando egli mi scrisse per ringraziarmi per la bella recensione che avevo fatto della sua opera, venni a sapere che in realtà egli era un “laico” come me.
In questi giorni una mia figlia mi ha chiesto notizie della lettera di ringraziamento che mi aveva mandato Umberto Eco e che lei ricordava di avere letto. Ma io non sono stato in grado di dirle dove era finita quella lettera; forse è finita fra le altre mie lettere che di recente ho donato alla “Biblioteca Sebastiano Satta” della mia città natale, Nùoro. E non ricordo nemmeno se oltre quella lettera, ce ne siano state altre fra noi, quando il giovane studioso lavorava nella casa editrice Bompiani di Milano.
Ricordo invece che una decina di anni fa gli mandai in omaggio la mia opera “Poesia e Letteratura – Breviario di poetica” (Brescia 1993, La Scuola Editrice), ma egli non mi rispose per nulla… Ormai egli era diventato troppo grande e troppo famoso per ricordarsi di uno dei suoi primi estimatori!