Il progresso e il partito del no

Creato il 29 gennaio 2010 da Lanternarossa
Un grazie a Nic per aver immorlato così bene l'idea di progresso che ha fatto da panorama alla mia infanzia

Spesso i media e molti politici usano l'espressione "il partito del no" per descrivere coloro che sono contro le piccole e grandi opere. L'accusa, più infamante per alcuni, è di essere anti-moderni o contro il progresso. Ma cos'è il progresso?

In un libro di qualche anno fà il filosofo francese, Pierre-André Taguieff, analizza i fondamenti e l'evoluzione dell'idea di progresso, sottolineando in particolare le illusioni, le contraddizioni e gli effetti perversi di questa fede cieca nell'avvenire: "Il culto dell'avvenire e la fede nel Progresso, immaginato come la somma di tutti i progressi, rappresentano i due pilastri su cui poggia la religione civile della modernità. Essi non soltanto si sono costituiti nella stessa epoca, ma sono logicamente e mitologicamente inseparabili: la morte dell'uno è la morte anche dell'altro."Si può certamente affermare che questa società sia malata di progressismo. La crisi climatica, ambientale ed economica ha messo in luce i limiti di una società basata sul progresso. L'idea, tipica del fondamentalismo di mercato, che il mondo venga governato verso l'ottimo sociale dai mercati è oggi cadauta profondamente in crisi. I segnali di un paradigma in grande difficoltà ci vengono, ogni giorno, anche da nuove posizioni pubbliche e scelte di governo: ad esempio la commissione Stiglitz/Sen, voluta da Sarkozy, per ricercare un'alternativa al pil o la rivoluzione verde Obamiana. Il progresso non può essere solo più sinonimo di crescita, di consumo, di maggiori opportunità nella concorrenza globale. Il "partito del no" ha il merito di essere, spesso, contro la fede cieca in un progresso fittizzio: fanno un'autostrada e la chiamano sviluppo. Dire no ad alcuni progetti (ad esempio il raddoppio della centale a carbone di Vado) significa essere contro quell'idea di progresso e sviluppo. A questo "partito del no", che come abbiamo tutti capito è un puro diversivo semantico, potremmo opporre una forzatura, altrettanto stupida, come il "partito del si". Il fatto paradossale è che la categoria "partito del si" avrebbe più attinenza con la realtà di quanto ne abbia oggi il suo opposto. Questo partito, molto diffuso nel nostro piccolo paese, è quel partito che dice sempre si ad ogni stupro del territorio, ad ogni sfruttamento incontrollato, ad ogni merceficazione del lavoro. Questo partito, non solo vorrà fare ponti e strade inutili, ma sarà in prima fila per liberare il mercato dalle corde dei diritti del lavoro e dalle leggi di tutela ambientale. Penso che uno sviluppo così non lo voglia nessuno, se non coloro che hanno interessi diretti nel partito del si.La realtà, che spesso fa a meno delle semplificazioni mediali, ci dice, invece, che i "si" e i "no" dovrebbero essere ponderati e valutati con molta attenzione nel contesto dei nostri valori e nelle nostre priorità. L'idea di sviluppo che abbiamo significa ponderare valori e priorità. Se, come a mio parere dovremmo fare, prendessimo a modello valoriale paradigmatico il concetto di sostenibilità i nostri si e i nostri no sarebbero coerenti con un'idea di sviluppo che non passa dal fare ponti e autostrade ma che abbia l'ambizione di convertire l'insostenibilità che ha dominato il modello di sviluppo degli ultimi decenni. Diffidate da chi vi giustifica un'opera affermando che è per lo sviluppo perché, molto spesso, si riferisce all'esclusivo sviluppo del proprio portafoglio.

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