E’ sempre più possibile e vicina, politicamente parlando, la stretta di natura religiosa che l’Islam marocchino tenta d’imporre al proprio Paese con grosse conseguenze in termini economici.
E questo varrebbe sia per la produzione, il consumo interno e l’esportazione del vino e di prodotti similari (birra), quanto per quello che potrebbe essere, nei fatti, una grossa riduzione di posti di lavoro con manodopera licenziata e disoccupata.
Danni quindi per gli imprenditori, per i distributori e per gli operai.
E , in questo modo, nuove povertà emergenti in un Paese a guida islamica a tutti i costi intransigente.
Infatti il partito di governo “Giustizia e Sviluppo” si sta, in questi giorni, adoperando perché, ad esempio, sia vietata la pubblicità diretta o indiretta in tutto il Marocco riguardante ogni genere di bevande alcoliche.
E, a quel che riferiscono gli osservatori attenti, si tratta solo del primo passo per mettere in crisi, comunque, un settore dell’economia marocchina, che ha una sua storia e un suo passato illustre.
Le popolazioni berbere conobbero- è cosa nota - le delizie del buon “nettare”(il vino) addirittura fin dai tempi dell’espansione romana in Africa settentrionale.
E lo apprezzarono moltissimo.
E gli stessi arabi poi, nonostante i loro rigorosi precetti, complice magari una certa protezione da sguardi indiscreti, non lo disdegnarono mai.
Sempre secondo quel che narrano cronache d’epoca.
Con la colonizzazione francese, molto più vicina a noi nel tempo, furono poi migliorate anche le tecniche e con esse l’aumento della produzione e l’espansione dei commerci.
E fu ricchezza reale. Per tanti.
Dicono giustamente coloro che hanno percepito gli intenti di questo genere di politica che, tutto sommato, anziché proibire un certo tipo di pubblicità, sarebbe forse più opportuno sensibilizzare la popolazione locale contro gli eccessi, mediante un’adeguata campagna informativa.
Magari a partire dalle scuole, facendo ben intendere i danni alla salute che potrebbero derivare da un uso smodato di alcolici.
Secondo dati provenienti da fonti attendibili, in Marocco, oggi, giornalmente si consumano qualcosa come 120 mila bottiglie di vino, un milione di bottiglie di birra, 400 di whisky, 4500 di vodka, mille bottiglie di champagne.
A questi numeri relativi al consumo bisogna affiancare, in termini di soldoni, soprattutto il ricavato del prospero settore dell’attività turistico-alberghiera, che finora tira e tira anche molto bene.
E che organizza, quasi sempre, per i propri clienti ,curiosi e interessati, escursioni con l’ impiego di guide esperte alla scoperta dell’enologia locale.
Poiché ,inoltre, il proibizionismo riguarderebbe tutte le bevande alcoliche e non solo il vino, non è difficile immaginare ovviamente il disastro, il"crash" di un tale provvedimento.
Senza contare l’incentivazione del mercato nero, che poi, quanto a evasione dalla legalità e a dubbia qualità di prodotto, è cosa ancora peggiore.
E soprattutto, per i marocchini, quel che è peggio è il ritorno forzoso, e non voluto, se la proposta fosse legge a breve, a quelli che si definiscono secoli bui, che un certo Islam pare, ahimé, prediligere di questi tempi.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)