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Il protagonismo di Hollande non convince i francesi in vista delle “départementales”

Creato il 04 marzo 2015 da Jackfide

All’indomani della forzatura nel voto della “Loi Macron” all’Assemblée Nationale, il Partito Socialista è in caduta libera secondo tutti i sondaggi. Gli scrutini di fine marzo potrebbero registrare l’ennesima débâcle elettorale per Hollande, replicando la disfatta delle “municipales” del 2014

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Nel bel mezzo dell’inverno ha infine imparato che vi era in “lui” un’invincibile estate. Un passo, quello ripreso dall’Estate di Albert Camus, in grado di sintetizzare i recenti tentativi prodigati dal Presidente della Repubblica François Hollande per recuperare un’auspicabile credibilità  agli occhi dell’opinione pubblica francese. I recenti interventi in ambito europeo lasciano intuire l’obiettivo del Capo dello Stato di focalizzare l’attenzione sulla politica internazionale per glissare sulla totale mancanza di strategia del suo partito in chiave di politica interna. Ma questa volta il “Presidente normale”, tanto per ricalcare lo slogan della campagna presidenziale che lo porto’ a vincere le elezioni nel 2012, difficilmente riuscirà ad arginare l’assenza di un effettivo programma di crescita e sviluppo per la Francia in vista dell’appuntamento elettorale delle “départementales”, che avranno luogo il 22 e il 29 marzo per il rinnovo di 4.108 consigli dipartimentali.

Normale o invincibile, è quanto mai palese l’ambizione del numero uno dell’Eliseo di lasciarsi alle spalle quell’inesorabile 2014, cominciato con la “grenade” lanciata dal settimanale Closer sulla relazione extraconiugale che l’ha visto coinvolto con l’attrice Julie Gayet e concluso con un ribasso generale della popolarità in tutti i sondaggi. Eppure il 2014 era stato presentato agli esordi come l’anno della “virage social-democrate”, le cui aspettative sono state rapidamente disilluse dalla manovra che ha consentito il rialzo della TVA (l’imposta sul valore aggiunto) dello 0,4 per cento e l’alleggerimento del carico fiscale sulle imprese; decisione, quest’ultima, aspramente criticata sia dai sindacati che dalla sinistra radicale.

Ma la disarmonia con l’ala “gauche” del PS trova modo di ampliarsi all’indomani delle “idi di marzo” dello scorso anno, che segnano la disfatta alle elezioni municipali svolte nei 36.681 comuni francesi, i cui esiti – tra cui si annovera il passaggio all’UMP  (Union pour un mouvement populaire) di storiche roccaforti della sinistra come Toulose e Saint-Étienne – non lasceranno margini di scelta ad Hollande, richiamato dalla sua base a prendere una decisione che potesse in quel momento garantire un rilancio del credito del partito di governo. Ed ecco che si arriva alla sostituzione del Primo Ministro, con la figura politicamente energetica del Ministro degli Interni Manuel Valls che subentra al dimissionario Marc Ayrault. Ma la scelta sarà ulteriore fonte di  numerose critiche, sia da una parte consistente della maggioranza che dall’opposizione.

Bis dat, qui cito dat. Il 25 agosto il neo Primo Ministro darà le sue dimissioni per una serie di disaccordi emersi con il Ministro dell’Economia Arnaud Monteburg e con il Ministro dell’Istruzione Benoît Hamon, che saranno rispettivamente sostituiti da Hollande con Emmanuel Macron e Jean-Philippe Mallé. D’altro canto è a tutt’oggi risaputo che la figura di Monteburg, tanto volitiva quanto critica, fosse entrata più volte in contrasto con le politiche economiche del Capo dello Stato, soprattutto sul sostegno alla riduzione del debito perpetuata da quest’ultimo, che contraddice in larga misura le promesse fatte in campagna elettorale sulla rinegoziazione dei trattati europei.

Chiuso il 2014 con più dubbi che certezze a livello governativo, soprattutto per l’inarrestabile ascesa del Front National di Marine Le Pen e per l’apparente ricostituzione dell’UMP, il 2015 si apre con la tragedia degli attentati di Charlie Hebdo compiuti il 7 gennaio, costati la vita a dodici persone. Tutto il mondo punta i riflettori sulla Francia, si tratta di una situazione che in un certo senso rianima il protagonismo della coppia Hollande – Valls, soprattutto sulle tematiche pertinenti all’unità nazionale e alla sicurezza internazionale. Carpe diem, ad un mese di distanza dagli attentati, il Presidente della Repubblica decide di elaborare con il cancelliere tedesco Angela Merkel un piano di pace per l’Ucraina da proporre a Putin, con lo scopo – recondito fino ad un certo punto – di donare agli occhi dell’opinione pubblica una nuova e indedita versione dell’asse franco – tedesco; si tratta di un cliché che ripropone il gioco del rigonfiamento delle aspettative internazionali che piaceva tanto a Nicolas Sarkozy; tattica ponderata, allora come oggi, con il fine di dissimulare una situazione di politica interna tutt’altro che favorevole. Una strategia che pero’ ad Hollande si addice poco e riesce male, tenute conto le differenti congiunture economiche che contraddistinguono il motore tedesco dalla situazione finanziaria e industriale francese.

Proprio in questi giorni sono d’attualità i dibattiti sulla Legge Macron – che porta il nome del Ministro nominato in agosto – ultimata il 19 febbraio, dopo una lunga gestazione autunnale, per restituire ai francesi un potere d’acquisto del valore di 6 miliardi. Con l’obiettivo di combattere quelle che lo stesso Ministro dell’Economia definisce come i tre malanni della Francia – ovvero, “sfiducia” “complessità e “corporativismo” – la sua legge prevede numerose riforme, tra cui l’agevolazione del lavoro domenicale e notturno nelle aree turistiche (come Parigi, Cannes, Nizza e Deauville), la liberalizzazione dei trasporti in autocar, la regolamentazione delle professioni che pone un limite di età (70 anni) per determinati esercizi e l’azionariato salariale per le piccole e medie imprese. Un ambizioso disegno di legge studiato per fare “avanzare la Francia”, parafrasando il leitmotiv con cui il Primo Ministro Manuel Valls si è giustificato all’indomani dell’approvazione della Legge Macron all’Assemblée Nationale, che peraltro è stata possibile solo grazie al “bisogno d’autorità eccezionale” predisposto dall’articolo 49.3 della Costituzione, che permette all’esecutivo di adottare un determinato disegno di legge in contesti particolari: una forzatura, quella di Valls, che enfatizza a fortiori la debolezza del suo governo.

Tutto cio’ si sta consumando nel rinnovato dissenso dell’ala sinistra del PS e nel generale scetticismo dell’opposizione, mentre il Presidente della Repubblica Hollande, in qualità di ospite delle Comunità Ebraiche, pronuncia un discorso mediatico alquanto chimerico sulla necessità di costringere i giganti dei social network (Facebook e Twitter in primis) a censurare i contenuti antisemiti e razzisti su internet; va da sé che la minaccia terroristica sia meno virtuale di quanto Hollande sostenga, dal momento in cui essa trova, verosimilmente, maggiore terreno fertile nel disagio delle banlieues parigine che su internet. La responsabilità dei social network è quanto mai secondaria rispetto alle politiche contro l’emarginazione delle periferie che dovrebbe, piuttosto, avere attinenza con i programmi sociali del governo. In tale quadro, gli attentati del 7-8 gennaio l’hanno purtroppo confermato.

Ultra vires, l’appuntamento elettorale di fine marzo, ad un anno di distanza dalle municipali che hanno rappresentato una prima grande batosta per la compagine socialista, si profila come uno scrutinio difficile, che potrebbe anzi rivelarsi “catastrofico”, come spiega il direttore dell’opinione elettorale di CSA (Conseil supérieur de l’audiovisuel) Yves-Marie Cann. La sinistra, che attualmente detiene la maggioranza dei consigli generali (61 su 100) dovrà prepararsi a registrare numerose perdite tra i diversi dipartimenti nel Paese. Secondo l’ultimo sondaggio di Ifop (Institut français d’opinion publique) solamente il 23 % degli elettori voterà il PS, che si trova alle spalle degli altri due grandi partiti d’opposizione: il Front National di Marine Le Pen, pronta a cavalcare l”onda blu” corrisposta dal 30% delle proiezioni elettorali, e l’UMP (Union pour un mouvement populaire) di Nicolas Sarkozy che, forte dell’alleanza con l’UDI (Union de démocrates et indépendantes), con il 29 % dei sondaggi cercherà di guadagnare terreno sulla sinistra per lanciare nuove figure sul proscenio politico nazionale.

Una situazione che riflette, dunque, la disapprovazione e lo sconforto generale dei francesi nei confronti dell’attuale governo, soprattutto sul fronte della disoccupazione. Non è una novità che il Parti Socialiste abbia eroso significativamente il proprio consenso nel bacino dell’elettorato storico, un fattore del resto riscontrabile nell’elevata previsione dell’astensionismo registrata, che secondo alcune fonti arriverà a toccare il  60%; se cosi’ fosse, tale percentuale si tradurrebbe inevitabilmente in un vantaggio per il Front Nationale.

Insomma, qua a Parigi la sensazione è che l’ostentato protagonismo internazionale da parte del Presidente della Repubblica paghi fino a un certo punto sugli umori della popolazione. La prova dei fatti è che il Partito Socialista sembra a tutt’oggi mancare tanto di coerenza politica quanto d’identità; destinato, da un anno a questa parte, ad una caduta libera che non potrà essere evitata previa tempestivo cambio di strategia interna. D’altro canto, come asseriva Publio Cornelio Tacito, nessuno si duole con maggiore ostentazione di chi maggiormente gioisce.



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