Il pugliese Raffaele Carrieri antologizzato nel Novecento italiano tra i primi studiosi dal calabrese Francesco Grisi per la Mondadori

Da Lalunaeildrago
di Pierfranco Bruni
Raffaele Carrieri in un documento inedito indirizzato a Francesco Grisi e risalente ai primi anni Settanta  sottolinea come Grisi abbia compreso l’importanza del recupero della poesia che ha derivazioni ermetiche le cui matrici hanno uno scavo prettamente magnogreco. La jonicità di Carrieri è messa in evidenza nelle poesie che Francesco Grisi pubblica nel voluminoso tomo di oltre 1200 pagine edito da Mondadori con il titolo “Incontri con i contemporanei” , scritto insieme a Carlo Martini per le edizioni scolastiche. In questo poderoso lavoro, nella edizione riveduta ed ampliata. C’è un profilo di scrittori e poeti italiani contemporanei con un datario che va dal 1902 al 1965. Proprio in questo lavoro Grisi antologizza Raffaele Carrieri assicurando al lettore già una minima bibliografia delle sue opere ovvero dai testi di poesia ai saggi e una bibliografia critica essenziale che parte con la recensione di Carlo Bo del 1945 sino ad uno scritto del 1964.
Carrieri ringraziando Francesco Grisi per aver tenuto in considerazione la sua opera sottolinea che nella impostazione antologica, per ciò che riguarda il suo spazio c’è una precisa articolazione che va dalla poesia alla saggistica. Infatti, Grisi riporta cinque poesie e uno scritto su Giorgio Morandi risalente al 1960 edito a sua volta nelle edizioni della Conchiglia di Milano. Ma ciò che sorprende Carrieri è il fatto che Grisi abbia insistito sul legame jonicità Magna Grecia e archeologia. “Caro Grisi la poesia è uno scavo che ha i contorni di una terra che noi ci portiamo nell’anima. Nel mio caso c’è anche il mare. E il mare che io recito è quello della Magna Grecia”. In realtà Grisi antologizza la poesia dal titolo “Se qualche poco di luce” tratta da “La civetta”, la poesia dal titolo “Se vai a Pesto” tratta da “Il canzoniere amoroso”, la poesia “Terre degli anforai” tratta da “Il trovatore”, la poesia “Dare e avere” tratta da “Il cigno lanciere” e la poesia “Fine di giornata” tratta da “Il lamento del gabelliere”. Nel commentare la prima poesia, ovvero “Se qualche poco di luce” Grisi annota: “Dallo Jonio, mare ricco di reminiscenze classiche (Jonio gentile) – una via verso la favolosa Ellade, lido delle muse – mare consueto alla fanciullezza di Carrieri, vi è nel nostro paese consolazione (qualche poco di luce)”. Nella seconda poesia ovvero “Se vai a Pesto” Grisi sottolinea l’importanza della presenza degli antichi dei tra l’antica città di Pesto fondata dai Sibariti con il nome di Posidonia e poi dai Romani denominata Paestum . Grisi insiste nel commentare questi versi sulla metafora archeologica nello scavo lirico di Carrieri e a rafforzare ciò è il commento che lo stesso Grisi rivolge alla terza poesia, ovvero “Terra degli anforai”, quando scrive: “Un ricordo nostalgico dell’antica Grecia: terra circondata da mari percorsi dai numi, terra degli anforai” e addirittura si sofferma sul mestiere degli anforai ellenici chiamando in causa Emilio Cecchi ne il capitolo “Il vasaio” del volume “Corse al trotto”.  Grisi dunque riconosce l’importanza di Carrieri all’interno della poesia italiana del Novecento dandogli un ruolo notevole in quella linea mediterranea che ha sempre caratterizzato gran parte della poesia italiana che nasce sulle sponde di un Foscolo tutto grecanico. E un legame seppur metafisico Grisi lo evidenzia quando sottolinea il significato del mare Jonio di Carrieri legandolo ai luoghi di Zacinto di Foscolo. Carrieri è grato a Grisi proprio per questa interpretazione di una Grecità penetrante come destino e come elemento materno in una dimensione non solo letteraria ed onirica ma esistenziale. Il volume di Grisi e Martini che viene adottato in molte scuole italiane ha una sua elegante edizione nel 1970 e ancora oggi resta un riferimento. Ma già allora per Grisi Carrieri era un punto di riferimento di quell’eredità mediterranea che è parte integrante dei processi culturali della letteratura del Novecento. Carrieri scrivendo a Grisi afferma: “Ti sono grato e spero che si possa comprendere il valore della grecità nella storia degli uomini che la grecità se la portano dentro”.

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