
Quella dell’"unicorno cinese" è una delle numerose leggende che il Giappone ha preso a prestito dalla Cina, anche se a dire il vero è diffusa con numerose varianti un po’ in tutti i paesi dell’estremo oriente. Questa creatura, nota in cinese come Qilin (麒麟), viene chiamata dai giapponesi Kirin (きりん) proprio come la comune giraffa, forse perché come lei è erbivora e tendenzialmente mansueta, tanto che si dice che per via delle zampe lunghe e sottili riesca addirittura a "camminare sull'erba senza disturbarla" (immagine molto buddista, non è vero? Eppure all'incapacità del Qilin di calpestare esseri viventi molti associano l'origine dell’antica pratica cinese di fasciare i piedi delle donne…).
Il nome Qilin si fa derivare da “Geri”, la parola somala per giraffa e in effetti l’identificazione del Qilin con la giraffa sembra sia dovuta a Zheng He, l’artista di corte che ne diede una famosa rappresentazione nel dipinto “Qilin Brings Serenity (rui) Ode" del 1414… Zheng He, che girovagò per l’Africa orientale partendo dal territorio dell’attuale Somalia, e riportò in patria come “souvenir” due esemplari di giraffa, che furono denominati appunto Qilin. All’epoca della dinastia Ming l'imperatore proclamò le giraffe creature magiche, la cui cattura aveva segnato la grandezza della sua potenza. Da allora il Qilin venne quasi sempre raffigurato come una giraffa stilizzata.

Nonostante il suo aspetto inquietante, si dice che il Qilin compaia per accompagnare o per annunciare la venuta o il passaggio di un saggio, di un sovrano o di altra personalità illustre, e sarebbe quindi di buon auspicio: secondo il mito lo si potrebbe avvistare solo nelle zone governate da un regnante saggio e benevolo. Sempre secondo il mito, la stessa nascita di Confucio fu predetta dall'arrivo di un Qilin…Il Qilin, oltre a camminare sulle acque, può volare, sputare fiamme dalle fauci ed esercitare svariati altri poteri magici. Normalmente non usa questi poteri, perché nonostante il suo aspetto inquietante ha una natura pacifica, ma può diventare feroce se percepisce che una persona pura di cuore è in pericolo: in tal caso può usarli per punire i malvagi.Secondo alcune leggende inoltre il Qilin è un animale sacro (o familiare) alle divinità, pertanto è anche un simbolo di protezione, prosperità, successo e longevità e nella mitologia divenne la terza creatura più potente dopo il Drago e la Fenice. Questo si riflette anche nella gerarchia delle danze cinesi, dove il Qilin viene per terzo dopo questi due animali.Con tutto il rispetto per la simpatica giraffa, mi sembra molto più interessante l’associazione del Qilin con il Drago, la leggendaria creatura serpentoide che in Cina simboleggia la forza e la buona sorte e che tradizionalmente era scelta per rappresentare il potere imperiale. Il Drago, come sapete, è preposto al controllo dell'acqua e delle sue manifestazioni naturali (pioggia, uragani, ecc.) ed è una delle tante manifestazioni dello yang nella dualità yin-yang.
A proposito di draghi, c’è un racconto curioso che li riguarda che viene citato proprio nel romanzo “Serpenti e piercing”: è una leggenda sul pittore Zhang Seng You, un artista famoso per i suoi dipinti raffiguranti draghi, che visse al tempo delle Dinastie del Nord e del Sud (420-589 a.C.) e che fu molto apprezzato dall'imperatore Liang Wu. Eccola. Un bel giorno a Zhang Seng You fu chiesto di decorare i muri del tempio Andong di Nanchino. Egli disegnò quattro draghi nell’atto di gettarsi in un cumulo di nubi. Tutti apprezzarono la vivacità della scena, con quei draghi così vividi, ma un uomo gli chiese “Perché mai non hai dipinto le pupille nei loro occhi?" al che “Be', voleranno via se gli disegno le pupille" rispose Seng You. Ma nessuno gli diede credito. In molti pensarono ad una presa in giro, o peggio, e chiesero a gran voce che finisse il dipinto.Su loro insistenza, Seng You dovette riprendere in mano il pennello per finire l’opera. Dopo un momento di esitazione egli punteggiò le pupille dei draghi. Due di essi si staccarono dalla parete immediatamente, prima ancora che Seng You potesse riporre il pennello. Si scatenò un forte vento, con tuoni e fulmini, e la folla fu presa dal panico: alcuni caddero e giacquero sullo stomaco, mentre altri si nascosero dietro a dei pilastri. Si udì un forte rumore e il muro si frantumò nel centro. I draghi si contorsero per un po' e poi volarono via, in alto nel cielo, fra le nuvole. Fortunatamente i due draghi senza pupille rimasero lì, pacificamente, sul muro dove erano stati dipinti.
Da questa leggenda è nato un proverbio che dice all’incirca “Portate alla vita ai draghi dipinti mettendogli le pupille negli occhi” oppure “L'ultimo tocco ad un disegno sia l'atto di aggiungere le pupille ad un drago”, la cui morale è che spesso basta un piccolo particolare chiave per dare significato ad un discorso o ad un’opera, e che spesso l'ultimo tocco è la parte più importante. La metafora del dare la vita a qualcosa di inanimato, con quel tocco finale ma essenziale che le dà completezza e valore, non è poi tanto diversa dalle implicazioni del mito del Golem…C’è anche un altro insegnamento (constatazione?) che se ne può ricavare: un artista è colui che riesce a catturare l’anima del soggetto che rappresenta. Questa è l’essenza dell’arte sumi-e (shuimohua) che incarna lo spirito zen, un'arte che non vuole rappresentare il buono o il cattivo, il bello o il brutto, ma solo l’essenzialità delle cose, la loro pura e semplice natura. Se mi passate il paragone azzardato, è anche un po’ l‘essenza di quegli attori che per poter recitare efficacemente un ruolo devono prima immedesimarsi nel personaggio rappresentato, cercando di vivere i suoi sentimenti nella vita reale per poi trasporli in celluloide.
Pensandoci, non potrebbe significare anche che un’opera può avere un valore anche se è incompleta, o a volte proprio perché è tale? Chi potrebbe mai dire, ad esempio, che la Sagrada Familia non sia un’opera d’arte, sebbene sia ancora incompiuta? Non è forse questa anche la filosofia di wikipedia, l’eterno work in progress del popolo della rete? Chiunque può modificare le voci dell’enciclopedia e, proprio per questo, nessuna di esse è mai definitiva. Proprio come un drago senza pupille.