…in quegli anni era piccolo, a quadretti, con la copertina a tinta unita di solito blu o rossa. Dai miei ricordi doveva misurare cm. 15 x cm. 17 circa. All’inizio di gennaio di ogni anno che io ricordi, mamma ordinava a papà di andare a comperare il quaderno dalla tabacchina di Rivalta, la signora Malvina, chiamata “la palteina”, perchè vendeva sigarette e sale, era una di quelle Tabaccherie di una volta, date con la concessione governativa, numerate e con la loro bella insegna “SALI e TABACCHI”. In una famiglia che voleva condurre un tenore di vita decoroso, poter mandare a scuola i propri figli, vestirli decorosamente bene, non si doveva andare con i conti in rosso, per nessuna ragione al mondo. A costo di mangiare solo pane e cipolla, cibo peraltro molto salutare e diuretico. Tenendo bene in pugno la situazione economica di famiglia, significava progredire e non rivolgersi ad usurai, vendendo il proprio oro come si fa oggigiorno. Significava non emettere cambiali, non rateizzare i pagamenti (altra moda ritornata..), non chiedere prestiti alle banche con fidi o altro, restituiti con tassi spaventosamente alti. In casa mia, non si trascurava la tenuta contabile giornaliera scritta sul Quaderno di famiglia. Si rischiava di non ricordare dove erano state spese le 500 lire, se dal macellaio o in farmacia, se dal fruttivendolo o in merceria: La memoria delle poche ed essenziali spese eseguite poteva disperdersi, ed i conti non sarebbero tornati. Era mamma Bianca la cassiera, nonché scrivana e unica responsabile del Quaderno: alle sue domande precise non si poteva non rispondere: volavano ceffoni, se anch’io non dicevo che avevo speso ben 50 lire per un bicchiere di chinotto! Ella, occhiali bene inforcati e fare da vera Ragionera come ha tramandato alla sottoscritta, scriveva tutto a mano con la biro Bic, nera per le uscite, rossa per le entrate. Nulla o quasi le scappava: si dovevano conservare tutti i fogliettini dei negozianti dove si acquistavano i generi alimentari, o altro. Venivano messi in un cestello di vetro porta ghiaccio, poi al pomeriggio si vuotava il porta ghiaccio e si iniziavano i conteggi: non volava una mosca, qualche paroluccia a volte sì, se i conti non le quadravano! Non vi era ancora l’uso obbligatorio dello scontrino fiscale, quindi il negoziante, a biro o a matita, scriveva la cifra spesa e per quale genere. Specificava il peso, lo moltiplicava per il prezzo in lire, ve le ricordate? e poi si faceva il totale. Il rito della tenuta contabile di casa Schianchi, avveniva di solito nel tardo pomeriggio, prima di cena, con grande disappunto di mio padre, che desiderava solo sdraiarsi per schiacciare un pisolino, stanco morto dopo le incombenze nei campi e la mungitura a mano, delle nostre amate mucche. Non si discuteva: si svuotava l’unico portafogli semi rotto, che circolava in casa, quello di papà, si sommavano le spese, si controllava se c’erano introiti di vendite di conigli, galline, uova, tacchini, verdura, vitelli o quant’altro. Mamma scriveva nei “mastrini” dare e avere, tirava le somme non certo con la calcolatrice o con un computer, ma con l’uso della mente. Il cervello era così allenato quotidianamente e, anche se i miei genitori avevano frequentato solo la prima elementare, la matematica la conoscevano molto bene e nel mondo, non avrebbero affibbiato loro, in quanto Italiani, il titolo di “studenti più ignoranti al mondo”, come risultano essere i nostri figli nelle materie di italiano e matematica. Alla fine della partita doppia casalinga, i conti dovevano essere perfetti, la cassa doveva quadrare, mamma era molto pignola: anche se mancavano solo cento lire, il costo di dieci caramelle, non si andava a cena, se prima non aveva trovato dove era l’errore! Poi terminati i conti, mamma chiudeva a chiave il Quaderno in una cassettina di noce, affinchè nessun componente di famiglia potesse aggiungere o togliere: nulla doveva venire occultato o cambiato, anche allora esisteva la trasparenza contabile! Poi metteva in seno la chiave, sino al pomeriggio seguente. Ogni mese avevano così in pugno l’esatta situazione economica della loro piccola azienda agricola famigliare, sapevano con precisione quanto avevano speso e quanto avevano guadagnato in capo a dodici mesi. Va da sé, che al 31/12, invece di andare a brindare con un Cinzanino e due olive stantie alla Bocciofila di Rivalta, facevano il bilancio di fine anno, l’inventario, le statistiche delle vendite e ragionavano sulle strategie da mettere in atto l’anno seguente, controllavano l’ammortamento dei beni, quali attrezzature agricole si erano logorate o erano divenute obsolete e preparavano il piano acquisti per l’anno nuovo, questo sino a tarda notte! Fuori casa nostra i botti e i fuochi d’artificio, dentro le nostre spoglie mura piani e progetti di economia aziendale. Per loro e per la grande fortuna di noi figlie femmine, il bilancio era sempre e solo abbondantemente in attivo: non avrebbero mai e poi mai fatto investimenti o spese, che non potevano permettersi, hanno risparmiato su tutto, anche sull’amore tra di loro, per non vederlo sprecato! Non hanno mai “mangiato il vitellino ancora nella pancia della mucca” come ci hanno sempre insegnato. I loro dialoghi simpatici ed antichi, con i rigorosi conteggi pomeridiani, avvenivano tra gli sbuffi di mio papà ed io che correvo e giocavo con una pentola rotta, nel vecchio e buio tinello. I loro quaderni contabili sono stati tenuti e conservati nella vecchia casa padronale per anni, erano numerati e con l’anno in corso scritto bene in grande sulla copertina. Chissà se mia sorella ne ha ancora anche solo uno: glielo chiederò presto, vorrei trasmetterlo a Roma ai nostri grandi politicanti, vorrei che imparassero da due umili coltivatori diretti, semi analfabeti, come si fa a mandare avanti un’azienda, in modo egregio ed oculato. Se impareranno bene da quei quaderni, sono sicura che l’Italia si rimetterà in piedi, ma ci vuole il Quaderno dei Conti, e la voglia di scrivere tutte le entrate e le molteplici uscite giornaliere. Ve lo dice un ex cassiera di Banca: alla fine della giornata la cassa deve aver come risultato ZERO (0), deve cioè quadrare, senza indugi e sotterfugi. Non vale la regola di alcuni ex cassieri che dicevano, cantando”se ce ne manca, li aggiungiamo, se ve ne sono troppi, li intaschiamo! Vado ora a domandare a Giuliana se è rimasto almeno un quaderno….
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