Non mi piacciono molto i quiz e non li seguo, ma la primavera scorsa facendo zapping ho scoperto questo giochino delle date e per due o tre settimane sono rimasto affascinato da concorrenti che non ne azzeccavano una su avvenimenti importanti, da un gioco che proponeva sempre un qualche evento del ventennio fascista non spingendosi mai oltre le colonne d’ercole del 1922: mi pareva davvero uno specchio del Paese e della sua condizione di minorità intellettuale, una tribuna illustrata del perché non si riesca a uscire dal vuoto pneumatico della politica e delle ragioni per cui la rabbia esplode alla cieca senza mai riuscire a diventare progetto e trasformazione.
Del resto il quiz stesso offre una chiara spiegazione filogenetica di questa situazione: il gioco degli anni offre a tutti la possibilità di scamparla proponendo date su cantanti, trasmissioni televisive, partite di calcio, eventi mondani, personaggi che solo una costante preparazione nei negozi di parruccheria e una diligente presenza davanti alla scatola magica della televisione può fornire. Per di più, se ho ben capito, chi sbaglia non esce dal gioco, ma può spostare il peso del proprio errore su un altro che concorrente che a quel punto deve rispondere esattamente a una domanda dei più vari e stravaganti generi per rimanere in gara. Questo meccanismo e l’assurda genericità dei quesiti che possono vagare dalla chimica alla canzonetta, dalla botanica alle borsette come se le cose fossero sullo stesso piano, sembra fatto apposta per penalizzare chiunque sia dotato di un minimo di cultura e aiutare invece invece chi si aggira come un cieco in un labirinto.
Quindi non stupisce che vengano selezionati concorrenti i quali pensano che Hitler sia diventato cancelliere nel 1979 (cosa assurda visto che Badoglio è del 2011) e che magari anche in questa condizione analfabeta possano aspirare a consistenti premi in euro: la selezione del peggiore o del più fortunato è l’ideale per formare cittadini in grado di credere che la ripresa è dietro l’angolo, che i massacri sociali sono necessari e via dicendo. Il messaggio subliminale è quello di lasciar perdere la comprensione delle cose e rivolgere invece la propria intelligenza ai giochini enigmistici, alle parole crociate piuttosto che al valore delle parole. Convincere che conoscere il passato non serva a nulla e che il futuro sia solo il tempo scandito dal mutuo. O magari che non sia l’inazione politica e intellettuale a fregarci, ma la demoplutocrazia giudaica, non essendoci notoriamente banchieri ariani: i fessi sono come come moneta sonante per il pensiero unico.