Di Marco Crestani
Kennedy entra in una vasta galleria d’arte della Cinquantasettesima strada, nel Fuller Building. Al suo seguito ci sono molti signori e signore. Si espongono le opere di un geometrico. K. osserva i dipinti immensi, piuttosto schematici.
“Beh, almeno sappiamo che possiede un regolo.”
Il gruppo sbellica dalle risate. La gente si ripete la battuta, continua a ridere. L’artista, che se ne stava in piedi nascosto da un mercante, guarda K. con odio.Donald Bartheleme, Biancaneve, (traduzione Bompiani, 1972)
Stupefacente è la sua capacità di trasformare l’assurdo e lo strano in reale, di suscitare emozioni nel lettore (quando ho letto il finale di “The Balloon”, per esempio, mi sentivo come se qualcuno mi avesse dato un pugno nello stomaco e non riuscivo a capire esattamente il perché), anche se raramente è di facile lettura.
I suoi racconti sono così incredibilmente vasti, articolati, multiformi, eclettici, discordi che la loro lettura può paragonarsi a qualcosa di molto simile a un’immersione in una caverna sottomarina. Può essere un’esperienza ardua, faticosa, tormentata che richiede un’intensa concentrazione, ma ne vale assolutamente la pena.