Il racconto dei racconti - tale of tales (2015)

Creato il 05 dicembre 2015 da Nickparisi

Tre regni confinanti, tre diverse vicende: la regina di Selvascura è ossessionata dal desiderio di avere figli, il dissoluto re di Roccaforte s'innamora di una donna dopo averne sentito la voce mentre il sovrano di Altomonte dedica il suo tempo ed il suo affetto più ad una pulce cresciuta a dismisura che alla propria figlia Viola.
La regina non esiterà a causare la morte del proprio marito mandandolo a cercare il cuore di un drago marino, da questo gesto otterrà si l'agognato figlio ma anche una sua serva partorirà.
E i due giovani albini che nasceranno ben difficilmente saranno separati, nonostante tutti i tentativi della regina.
Come se non bastasse la sconosciuta donna per cui il re di Roccaforte palpita tanto in realtà è Dora, una vecchia lavandaia, che spinta anche dalla sorella Imma decide di far credere al suo sire di essere una splendida ragazza.
Mentre ad Altomonte alla morte della pulce viene bandito un bizzarro concorso, che mette in palio la mano della principessa Viola.
A vincerlo però sarà un crudele orco.
Niente andrà come dovrebbe  e tutti dovranno pagare  un prezzo sia per il proprio amore che per il proprio egoismo.

Il Racconto dei Racconti ha raccolto reazioni contrastanti: a Cannes, dove era stato presentato in Concorso ha ottenuto nell'ordine: nessun premio, un certo apprezzamento del pubblico in sala e reazioni quantomeno tiepide da parte della critica e della stampa specializzata.
In Italia invece le cose sono andate più o meno così: qualche premio nelle categorie minori ai Nastri d' Argento e ailGlobo d'Oro, incassi inferiori di quanto il regista si aspettasse ma comunque non disprezzabili e reazioni quantomeno tiepide da parte di una certa porzione della critica e della stampa nostrana specializzata e non.
Insomma, pur essendo stato venduto con successo in molti paesi del mondo, non si può negare che, in una certa qual maniera Il Racconto dei Racconti abbia spiazzato diversi commentatori.
E la causa di tutto questo spiazzamento può essere addebitato solo ad un motivo, anzi ad un nome, quello del regista Matteo Garrone.

Matteo Garrone sul set.

In parole povere, in soldoni, sembra che in molti non abbiano voluto perdonare ad un regista di film "seri" come Gomorra e L'Imbalsamatore quale è Garrone il "peccato" (anzi "l'americanata", per utilizzare le paroie di alcuni critici) di aver realizzato un film fiabesco e fantasy.
Oltretutto un film tratto da una raccolta di favole barocche.
Ma di questo, del libro su cui si è ispirato Garrone, ne parleremo dopo.
Lo stesso Garrone ha più volte rimarcato di aver avuto diversi problemi durante tutta la fase di ricerca dei finanziamenti, se infatti enti come il Ministero RaiCinema hanno agevolmente fatto il loro mestiere non così è stato quando ci si è rivolti a banche o finanziarie italiane, costringendo così il regista a battere le porte di istituti di credito ed altri finanziatori francesi ed inglesi.
Certo il film nasceva già come una coproduzione tra ItaliaFrancia ed Inghilterra, era già previsto sin dall'inizio un nutrito cast internazionale , questo dobbiamo ricordarcelo, però fa lo stesso un certo effetto venire a sapere che all'estero credono molto di più nel potenziale di una pellicola tratta da un libro di favole italiane, anzi napoletane, rispetto a quanto ci crediamo noi.
O meglio rispetto a quanto ci credano le istituzioni economiche e culturali che operano nel nostro paese.

In fondo si tratta sempre dello stesso discorso fatto altre volte ( anche recentemente, nella recensione del film Janara)  che per essere "socialmente accettabile" un film debba per forza avere un tema "realistico".

In questo caso, però oltre alla già più volte notata miopia dei commentatori togati a proposito di quanto sia stato fondamentale in passato, l'apporto della Cinematografia di genere per la fama mondiale di tutto il settore italiano  ci si è voluti dimenticare anche di piccolo fondamentale particolare: cioè che Matteo Garrone in questo filmcompie semplicemente il suo lavoro di artista, che è quello di raccontare le Storie che ritiene interessanti.
Niente di più, niente di meno.

Inoltre volendo analizzare  Il Racconto dei Racconti  ( sul mercato internazionale è circolato anche col titolo Tale of Tales) senza alcun tipo di pregiudizio, non si può non notare come questo sia un film " garroniano" dalla testa ai piedi.
Garrone è già di suo un regista molto barocco, un filmaker attento ai particolari e alla sontuosità della messa in scena,quindi  i lunghi silenzi e le ariose inquadrature, fanno parte da sempre della poetica del regista romano. All'interno de Il Racconto dei Racconti molti di questi particolari, già presenti in passato, sono semplicemente amplificati all'ennesima potenza.  Garrone ricostruisce un mondo passato quasi senza tempo, bloccato tra il medio evo e la corte rinascimentale e per farlo ricorre a quel' humus culturale tipico dell'Italia centro-meridionale che il regista ben conosce.
Al contempo però Garrone riesce a creare una chiave di lettura universalmente riconoscibile e comprensibile, in un prodotto cinematografico decisamente "glocal", cioè che unisce al suo interno il globale ed il locale.
Operazione che, se ci pensate, bene il nostro aveva già fatto parzialmente in altre sue pellicole, dimostrando così una coerenza narrativa rara.
Certo, non sto confrontando Il Racconto dei Racconti con Gomorra, non li sto mettendo sullo stesso piano, sto semplicemente dicendo che il modo di approcciarvisi da parte del regista è il medesimo, come medesima è la sensibilità narrativa dimostrata.
In questo caso però le influenze ( e ci sono tutte) vanno da Fellini a Bava, da Goya a Comencini, dai pittori fiamminghi a Guillermo Del Toroe tutte le influenze vengono inserite in un unico immenso frullatore su cui s'inserisce la bella colonna sonora confezionata dal francese Alexandre Desplat.


Il Racconto dei Racconti si dimostra una lunga fiaba dark, un immenso excursus fantasy in un mondo sospeso e diviso su tre vicende a sé stanti ma blandamente intrecciate all'interno di un quadro generale, quasi come se si trattasse non di un film ma di un dipinto allegorico. In questo il regista viene aiutato dagli splendidi scenari e dal buon comparto degli effetti speciali; se tra i primi sono riconoscibili Castel del Monte in Puglia e la Reggia di Capodimonte a Napoli ( ma altre location sono state scelte in Toscana; Lazio; Sicilia e Abruzzo)  per quanto riguarda i secondi, bisogna riconoscere che scene come quelle del drago marino o l'apparizione della pulce gigante ricordano la gloriosa tradizione dei vari artigiani come Bava padre.
Certo non tutto funziona, ci sono alcuni momenti di effettive lentezze non sempre giustificabili, ma si tratta al massimo di un paio di scene, piccoli momenti che non stonano con il quadro generale.
Per quanto riguarda gli attori, trattandosi di una coproduzione internazionale, i grandi nomi non mancano e, tra questi figurano molti abituè delle produzioni fantastiche: la quota francese è assicurata dalla presenza di Guillaime Delaunay nel ruolo dell'orco e Vincent Cassel nella parte del dissoluto e un po vigliacco re di Roccaforte, mentre da parte inglese ritroviamo molti comprimari ed attori di lusso come l'anglo-francese Stacy Martin ( la giovane lavandaia Dora che sarà oggetto delle attenzioni amorose da parte del personaggio di Cassel); il bravissimo Toby Jones ( il re di Altomonte), la londinese Bebe Cave ( sua figlia Viola, forseuna delle migliori interpretazioni di tutta la pellicola) e la scozzese Shirley Henderson (Imma, la sorella di Dora). Per quanto riguarda gli italiani, va detto che vengono tutti impiegati in piccoli ruoli - e questo un po dispiace-  in parti di contorno come Renato Scarpa oppure nelle scene di massa come comparse, le uniche eccezioni vengono rappresentate da Alba Rohrwacher e Massimo Ceccherini che recitano nel ruolo dei saltimbanchi,  personaggi che, nel film, funzionano un po da collante di tutte le vicende.  Inoltre, in funzione del mercato americano - cosa che non guasta mai-  sono stati cooptati anche la splendida attrice messicana Salma Hayek e il veterano John C. Reilly ( la regina ed il re di Selvascura). Se Reilly lo abbiamo recentemente visto in Guardiani della Galassia, debbo confessare invece che le apparizioni della Hayek e di Cassel  mi hanno ricordato i tempi in cui la prima vestiva i (pochi) conturbanti panni della regina dei vampiri Santanico Pandemonium all'interno del primo Dal Tramonto all'Alba mentre il secondo era tra i protagonisti del blockbuster francese Il Patto dei Lupi.
Tempi nemmeno troppo lontani, in cui si sperava in un rinascimento diverso del Cinema horror diverso da quello che poi sarebbe venuto fatto di found footage, di valanghe di inutili sequel, prequel e reeboot e mockumentary

Il Racconto dei Racconti si dimostra così un film ambizioso, dotato di un grosso budget ( si è parlato di 14,5 milioni di dollari) che regala momenti di grande cinema, penso ad esempio alla scena in cui Salma Hayek \ Regina di Selvascura divora il cuore del drago, e momenti in cui decisamente si avverte il distacco della narrazione rispetto alla messa in scena.
Vincent Cassel ha dichiarato durante le interviste di aver ignorato, almeno all'inizio, i veri volti di Shirley Henderson e Stacy Martin, avendole incontrate durante le prime scene sempre e solo  rivestite del trucco prostetico che ne invecchiava  le fattezze. Altrettanto hanno rivelato le due attrici sostenendo così, di non conoscere il viso l'una dell'altra ( non si sa se si è trattato di un caso o di una precisa scelta stilistica da parte del regista) però la cosa ha creato un curioso, ma non disprezzabile, effetto di straniamento durante il loro blocco di riprese.
Elemento questo che finisce con l'aggiungere un ulteriore tocco  di mistero e di fascino al clima generale della pellicola.

Il Racconto dei Racconti alla fine si dimostra niente di un apologo morale sul' egoismo e sulla grettezza umana: si dimostra egoista la regina di Selvascura con la sua ossessione per la maternità, si dimostra egoista ed infantile il re di di Altomonte nel suo voler preferire una pulce ammaestrata alla propria figlia. Si dimostra egoista la vecchia lavandaia Imma nel perseguitare la sorella Dora nel momento in cui questa ha finalmente trovato la sua felicità; un campionario che non conosce distinzioni di classi sociali e culturali. Quasi tutti i personaggi si rivelano totalmente amorali, tutti si dovranno scontrare con questo limite, al punto in cui le uniche vicende che si concluderanno bene saranno quelle di quei rari personaggi, come i due giovani albini che sapranno rinunciare al loro morboso individualismo ed impareranno che amare alle volte può e deve significare il lasciar andare via libero l'oggetto delle proprie attenzioni.
Una vicenda ed un insegnamento forse antico, ma che è ancora più triste proprio per la sua modernità.
BONUS CARD: IL LIBRO CHE DIEDE ORIGINE AL FILM

Ritratto di Gianbattista Basile
Lo potrete trovare citato anche nella
variante Giovan Battista Basile.

E' arrivato il momento di parlare del libro che ha ispirato il lavoro di Matteo Garrone.
Ho già scritto che si tratta di una raccolta di fiabe, e l'informazione è vera ed è falsa al tempo stesso.  Prima di tutto non si tratta certo di una raccolta qualsiasi, ma di una delle più importanti mai scritte: molti la conoscono anche come il Pentamerone, cioè uno dei capolavori della letteratura dialettale seicentesca italiana. Il nome con cui però venne scritta e descritta dal suo autore fu per la verità, il più lungo  Lo Cunto de li Cunti overo lo trattenemiento de Peccerille.
Lo Cunto de li Cunti non è altro che uno zibaldone di 50 novelle e venne composto in lingua napoletana da Giambattista Basile e poi uscito postumo negli anni a cavallo tra il 1634 ed il 1636.



Basile in pratica si basò sulla struttura del Decamerone di Boccaccio per scrivere e raccogliere tutta una serie di novelle; alcune di queste si basavano su racconti di origine medioevale, altre invece nascevano come fiabe popolari.  L'opera che ne venne fuori fu praticamente una delle prime forme di questo tipo di espressione popolare, al punto che tra le fiabe contenute vi si può trovare anche la più antica versione scritta della fiaba di Cenerentola (è  intitolata La Gatta Cenerentola e nel 1976 è stata adattata anche sotto forma di musical da Roberto de Simone ). Fu da questo modello primigenio che attinsero narratori come Charles Perrault ed i fratelli Grimm per le loro storie diventate poi famose.
Lo Cunto de li Cunti  ebbe, invece una sorta di riscoperta, quando nel '900 il filosofo Benedetto Croce ne effettuò una traduzione in lingua italiana, rendendo così la fruizione del libro possibile anche a chi non masticava il napoletano antico.
Però non è certo La Gatta Cenerentola che ha voluto scegliere di adattare Matteo Garrone, anzi il cineasta per la sua pellicola ha deciso di basarsi su tre novelle meno note: La Cerva; La Pulce e La Vecchia Scorticata.
Meno note, ma non per questo meno interessanti, dal momento che forniscono uno spaccato interessante della cultura popolare italiana di quel periodo.
Una cultura, nonostante tutto, ancora molto vicina al nostro presente.
NOTE:
Hanno parlato di questo film anche :
- Ilgiornodeglizombi di Lucia.
- Le maratone di un bradipo cinefilo di Emidio

-Il Bollalmanacco di Cinema di Babol.

- In Central Perk  di  Lisa Costa.
- I 400 Calci di Jackie Lang e Darth von Trier.

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