Il racconto di Luca Parmitano della sua disavventura spaziale

Creato il 20 agosto 2013 da Zirconet @zirconet

Il nostro astronauta Luca Parmitano racconta sul blog dell’ESA la sua avventura dell’EVA 23  (Extra-vehicular activit del 9 luglio 2013 )  interrotta dopo circa 92 minuti a causa di un accumulo anomalo di acqua all’interno del  suo casco (poi si è scoperto che si è trattato di una perdita dal sistema di raffreddamento, che è costituito da una fitta rete di tubicini pieni d’acqua iodata posta all’interno della tuta spaziale).

Luca è riuscito a scrivere un meraviglioso racconto di un accadimento che rimarrà non solo nella sua memoria ma anche negli annali delle missioni spaziali. Il patos che la narrazione trasmette a chi la legge è all’altezza dei migliori narratori di genere.

Di seguito qualche stralcio del racconto o meglio cronaca di un fatto realmente accaduto (qui il link del post originale) che siamo certi interesserà sia i non appassionati sia coloro i quali ritengono che lo spazio sia l’ultima frontiera.

…“sento” che qualcosa non è in ordine. La sensazione, inattesa, di acqua sulla nuca, mi sorprende – e sono in posto dove preferirei non avere alcuna sorpresa. Muovendo la testa lateralmente confermo la prima impressione, e con uno sforzo di volontà sovrumano mi impongo di riferire a Houston quello che sento – sapendo che potrebbe essere la fine di questa EVA.

Mentre faccio all’inverso il percorso verso l’airlock, la sensazione che l’acqua stia aumentando diventa una certezza: la sento coprire il tessuto spugnoso delle cuffie, e mi chiedo se perderò il contatto audio. L’acqua ricopre inoltre quasi del tutto la parte frontale del mio visore, al quale aderisce riducendomi la vista.


La parte superiore del casco è ormai piena di acqua, e non so neanche se la prossima volta che respirerò dalla bocca riuscirò a riempirmi i polmoni di aria e non di liquido. A complicare il tutto, mi rendo conto che non sono neanche in grado di capire in che direzione andare per rientrare all’airlock


Cercando di muovermi il meno possibile, per evitare movimenti dell’acqua dentro il casco, continuo a dare informazioni sul mio stato di salute, ripetendo che sto bene e che la pressurizzazione può continuare. Adesso che stiamo ripressurizzando la cabina, so che nel caso l’acqua dovesse sopraffarmi potrei sempre aprire il casco: probabilmente perderei conoscenza, ma sarebbe comunque meglio che annegare dentro il casco.


Lo Spazio è una frontiera, dura e inospitale, in cui noi siamo ancora degli esploratori e non dei coloni. La bravura dei nostri ingegneri, e la tecnologia che abbiamo a disposizione, fa sembrare semplici cose che non lo sono, e a volte forse lo dimentichiamo. Meglio non dimenticare.


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