L'altro giorno stavo bevendo un caffè prima di entrare al lavoro, la radio del bar passava "Tu mi fai cantare" degli Articolo 31, e li, sorseggiando quel surrogato acquoso che avevano il coraggio di vendermi come espresso, ho iniziato a pensare a come era cambiato il mondo del rap in Italia.
Ho iniziato ad ascoltarlo sul finire degli anni 90, andavo ancora alle scuole medie e non ero di certo un bimbo popolare, anzi.
A farla da padrona sulla scena musicale "giovane" di quel periodo erano la musica da discoteca e , per dirla alla Maionchi, "il popparolo del caxxo". Sui diari delle mie compagne capeggiavano dichiarazioni di eterno amore per Franchino, Picotto, Mario più, Gigi d'Alessio e i Backstreet Boys.
Ovviamente io da buon disadattato ascoltavo altra musica, Neffa e i Messaggeri della Dopa, gli Articolo 31 erano ciò che le cuffie del mio lettore cd (dio quanto sono vecchio) passavano con maggiore frequenza.
Era una musica di nicchia, non la cagava quasi nessuno, ma aveva il seme della ribellione inside, aveva i sacri crismi dell'insoddisfazione e della frustrazione e per me, bimbetto grassottello, sfigato e incompreso era come guardarmi dentro.
Poi, lentamente qualcosa è cambiato, J Ax ha iniziato a vendere bene, le sue canzoni hanno iniziato a passare per radio e nel giro di dieci anni sono nati una quantità di gruppi e artisti incredibile ( Dai gemelli diversi a Fabri Fibra, dai Club Dogo a Nesli) ma cosa era successo?
Business, semplice business. Il Rap si è trasformato da canto di ribellione a fenomeno di costume, le sessione di freestyle hanno sostituito le partitelle di calcetto; le magliette di 4 taglie più grandi non erano più l'avanzo del fratello maggiore ma venivano scelte perchè facevano figo.
E così si è persa l'autenticità, il significato originale. Ormai rappare è cool, non lo fanno gli emarginati anzi, figli ricchi di papà si comprano vestiti da b-boy all'ultimo grido e poi cantano della durezza della povertà, ipocrisia stucchevole ma accettata.
Ormai i testi non raccontano più la realtà della fine degli anni 90 ma preferiscono raccontare uno stereotipo della vita di strada del 2000, tutti nati in quartieri malfamati, tutti cresciuti tra lame e cocaina, anche chi aveva il padre imprenditore ed è ricco dalla culla.
E non si salva nemmeno la scena underground, la qualità deitesti è nettamente migliore, ma anche lì il pubblico che ascolta ha una vena enorme di snobbismo, non si ascolta underground perchè piace ma per essere dei "puristi" del genere, per vantarsi di conoscere gruppi sconosciuti e apostrofare l'interlocutore con frasi come: "Ma come fai a non conoscerlo? Guarda che il rap non è solo Fibra e Dogo? tze"
E' cambiato il modo di concepire il rap, e forse tra i primi ad essersene resi conto sono proprio i protagonisti della prima ora, i Neffa che hanno cambiato drasticamente genere e i J Ax che si sono lentamente spostati verso altri lidi.
E mentre rimango qui ad ascoltare vecchi cd, nutro, segreta la speranza che quell'autenticità ritorni, magari senza alcun "spepperipistico" a farmi cadere le braccia ( e sono stato fine)