Il rapporto Islam e Cristianesimo, pilastro di 1400 anni di Storia

Creato il 21 gennaio 2015 da Maria Carla Canta @mcc43_

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Nella dialettica dell’Islam e del Cristianesimo l’autentico terreno di confronto è la teologia, riservata ai dotti, mentre l’ambito palese ha natura politica. La politica di adattamento alle condizioni del tempo.
In Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura Antonio Gramsci ha inserito il capitolo Noterelle di cultura islamitica. Vari estratti sono riportati nell’articolo che segue e vi si legge l’espressione “molecolarmente adattato” riferita al Cristianesimo. Lo stesso si può sostenere per l’Islam, poiché chi rappresenta le religioni e indica la via al popolo dei credenti è figlio del proprio tempo. Il golpe egiziano di Al–Sisi è stato salutato come momento di liberazione da Pope Tawadros II. L’ufficio del Gran Mufti del Cairo oggi funziona come un sito-ombra del regime. Entrambe queste autorità religiose hanno accettato il massacro, di donne uomini bambini, dei Fratelli Musulmani.
Per entrare nella parte sacra del Tempio di Apollo era necessario passare sotto la sentenza “Conosci te stesso”, un imperativo che trascende il tempo individuale, fra nascita e morte, e pone di fronte all’Eternità. La sfida è stata accolta dalle religioni e Islam e Cristianesimo la situano nel livello più radicale: la natura stessa dell’uomo.
E’ gravato dal peccato originale, come insegna il Cristianesimo o nasce innocente, come insegna l’Islam? L’importanza della questione è vitale per una delle parti in causa. Il Cristianesimo, infatti, fonda la propria esistenza sulla venuta di Gesù per redimere l’uomo dal peccato originale. Questa la ragione ultima che, si vedrà nell’articolo, ha motivato la Chiesa medievale a intraprendere una demonizzazione della religione islamica e una lettura diffamatoria della sua teologia.

Entrambe le fedi oggi sono attaccate da un “fanatismo secolare”, una religione della ragione umana che ha un profeta: Voltaire. Nel Dizionario filosofico Voltaire disinvoltamente tratta la voce Fanatismo come una specificità religiosa illustrandola con fenomeni circoscritti e circostanze temporanee; certamente l’etimologia glielo consentiva (fanaticum, ossia ispirato da una divinità, invasato da estro divino) ma il furore genocidario della Rivoluzione Francese lo sconfesserà, inspiegabilmente  senza  intaccarne l’autorevolezza.
Come si vedrà dalle citazioni nell’articolo, per Voltaire il prototipo del peggior fanatico è “il borghese di Parigi che la Notte di San Bartolomeo va a uccidere coloro che non sono andati a messa “. Attualizzata, questa forma di narrazione – che frammenta l’insieme complesso in fenomeni e li dipinge in modo unilaterale – è quella, sia adottata sia subita, delle attività dell’ISIS. 

Il fanatismo antireligioso volteriano è vincente in questo particolare momento storico e narra, per suscitarla, la “guerra di religione”. Rientra questo nelle profezie che si autorealizzano, come fu per il “risveglio politico globale” profetizzato da  Zbigniew Brzezinski fin dal 2008 in un articolo sul NYTime  e reiterato in varie sedi fino allo scoppio delle primavere arabe.
La conoscenza dei rapporti, delle convergenze e divergenze a partire dall’Islam nascente e dal Cristianesimo che andava scrivendo i propri dogmi, può favorire una lettura meno asfittica del presente. L’articolo che segue è un tentativo. Chi può saprà andare oltre.

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