Della riscoperta su supporto digitale dei primi lavori firmati dal maestro australiano della Settima arte Peter Weir, su queste pagine già ci occupammo grazie all’uscita in dvd – per Ripley’s Home Video – de L’ultima onda, atipico mix di storia a sfondo sociale e thriller dal retrogusto soprannaturale interpretato nel 1977 da Richard Chamberlain.
Infatti, è in versione originale inglese con sottotitoli italiani che viene proposta la vicenda di Jill Cowper, con le fattezze della Judy Morris ventisette anni dopo co-autrice del film a cartoni animati Happy feet, la quale si trova casualmente in casa lo stravagante e bizzarro idraulico Max alias Ivar Kants, che la convince che il bagno ha bisogno di essere riparato.
Quindi, giusto il tempo di conoscere la donna e suo marito Brian, interpretato da Robert Coleby, che abbiamo quasi subito la prima alle prese con l’invadente individuo, il quale s’instaura nel suo piccolo appartamento borghese prendendosi molte libertà; dal farsi la doccia al suonare la chitarra, fino alla demolizione dei sanitari.
Perché, sebbene, già a partire dalle primissime inquadrature, Weir sembra suggerire che lo spettacolo a cui stiamo assistendo rientra nel genere thriller, i circa 75, tesi minuti di visione destinati a prendere progressivamente forma altro non rappresentano che l’incontro-scontro tra due diverse classi sociali, a loro volta caratterizzate da diverse culture; come testimoniato anche da alcuni discorsi decisamente snob sfoggiati da una vicina di casa.
In fin dei conti, pienamente coinvolti dai titoli di testa a quelli di coda, non veniamo mai a sapere con sicurezza se le intenzioni di Max – di cui il già citato Kants ci regala un’ottima performance – siano pericolose, ma, al contrario, intuiamo che, mentre la sessualità è rappresentata come portatrice di caos, è lo sguardo classista di Jill, derivato dall’apparentemente universo civile di cui fa parte, a spingerla a vedere nell’operaio un intruso, una forza primitiva e incontrollabile che potrebbe mettere a soqquadro la sua tranquilla vita matrimoniale.
Per condurre al simbolico epilogo di un vero e proprio gioiellino da riscoprire che, inclassificabile all’interno di qualsiasi filone, trova in questa dichiarazione di Don Shiach tratta da The films of Peter Weir la giusta spiegazione: “In un certo senso, The plumber è una variazione sul filone della donna in pericolo, ma, a differenza di altri film simili, qui non arriviamo mai a una rappresentazione esplicita della violenza. La violenza è sempre presente, ma a livello verbale e implicito, mai apertamente. Come in Picnic a Hanging Rock e L’ultima onda, il pericolo è suggerito con sfumature implicite, con indizi e allusioni, come già aveva fatto Val Lewton, trent’anni prima, con Il bacio della pantera di Jacques Tourneur”.
Francesco Lomuscio