Il re dei «colli rossi»!

Creato il 29 novembre 2010 da Omar
Il Signore della Fattoria comincia con una frase lunga 25 righe. Poi va avanti per 458 pagine senza una sola battuta di dialogo: c'è solo la voce narrante (in prima persona plurale) che incalza come un cingolato preannunciando di continuo il peggio. E quel peggio è ORA. Ma fin dal prologo conosciamo il protagonista: John Kaltenbrunner. Sappiamo che vede la luce nella squallida ritirata d'un treno in corsa, cadendo malamente sulle traversine, e gli avvoltoi gli divorano la placenta prima di essere adottato da un «topo di fiume» (come vengono chiamati i reietti che vivono sui monti Appalachi, rednecks incestuosi che si tengono lontani dagli ospedali quanto dall'ufficio delle tasse, rubano il granturco e forse uccidono gli incauti viandanti). Il ragazzo cresce, com'è facile immaginare, accumulando una discreta dose di rabbia da smaltire. Ma questa è forse una leggenda, una storiella che la vulgata ha diffuso a proprio uso e consumo: la verità, più convenzionalmente, riferisce d'un padre morto prima della sua nascita per un incidente in miniera. Ben presto il romanzo conduce noi e il protagonista in un luogo davvero infernale: un enorme scannatoio di pollame, risorsa unica di Baker, cittadina del Midwest abitata da discendenti dei coloni tedeschi e scandinavi: bianchi straccioni e trogloditi che già in patria menavano le mani volentieri. Frullando con maestria questi pochi elementi, l'autore ci regala un'atmosfera sospesa a metà tra Non aprite quella porta e la scena del suonatore di banjo di Un tranquillo week end di paura. Ma il respiro, la spinta di questo libro è di tutt'altra matrice. Sono i padri della grande letteratura southern aglosassone ad ispirarli (Faulkner, Steinbeck e compagnia sonante), ed è un vero peccato che Tristan Egolf, ex musicista punk e studente controvoglia all'Università di Filadelfia, qualche anno fa abbia deciso di farsi saltare le cervella: ne avremmo viste ancora delle belle, noi lettori. Questo suo romanzo (qua e là imperfetto e magari troppo lungo, ma è nell'imperfezione che si annida, talvolta, la grandezza!) affronta a viso scoperto l’America sudista, quella vasta area di provincia dove la legge si applica come fa più comodo e la stupidità e il fanatismo religioso regnano supremi dettando i canoni morali e scandendo il tempo dell'indignazione. Il Signore della Fattoria è «semplicemente» la storia di John, un piccolo, immenso personaggio avulso dal mondo contemporaneo - non fa niente per apparire, non fa niente per dimostrare - come una specie di alieno non parla mai, ma lavora, lavora e lavora. La parodia di un ragazzo che nella landa desolata delle cose umane non grida ma preferisce tacere, tenendo ben chiara in mente la devozione alla legge dei Noi contro Loro. John Kaltenbrunner è un antieroe proveniente da un passato ancestrale rielaborato però con una sensibilità moderna, e, una volta conosciuto, il lettore non lo dimentica facilmente.
Il signore della fattoriaTristan Egolf - (Ed. Frassinelli)

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