di René Guénon
Un lavoro interessante, capitale per chi si occupa di antropologia culturale e di storia delle religioni. Ma ormai datato, come gli altri lavori dell'autore e i soliti Eliade, Evola, Zolla. La ricostruzione dell'immaginario sacro archetipico si ferma alla soglia dell'astrazione concettuale e non evoca la profondità polimorfica, assolutamente poietica del simbolo.
Del resto Guénon prende in considerazione soltanto le tradizioni che ci arrivano attraverso le religioni rivelate e i testi sacri indiani, limitando un campo che invece trae origine e consolida la sua semantica simbolica in tempi molto più antichi: mi riferisco al Neolitico.
Se non si legge Robert Graves, se non si legge Marija Gimbutas, i quali riportano la nascita del simbolismo sacro alle religioni preistoriche e alla loro percezione del Mondo come unicum omogeneo che non contempla distinzioni tra spirito e materia, sacro e profano, immanente e trascendente, Guénon apparirà sempre incompleto e riduttivo.Recensione a cura di:Cecilia Marchese, laureata in Lingue e Letterature Moderne, specialista di Storia e Culture dei Popoli Mediterranei Antichi, in particolare di area siciliana e nordafricana.
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