Ci sono cose minime su cui spendo un sacco di tempo a riflettere quando potrei benissimo impiegare il mio tempo in modi più costruttivi, ultimamente, per esempio, ho riflettuto molto su quello che viene definito “romanzo fiume”, cioè un romanzo che aspira a rappresentare la storia di una famiglia o di un particolare tipo di società in un determinato periodo storico, allora mi è venuto in mente che non ho mai letto nessuna recensione che arrivasse a definire un romanzo un “romanzo acquitrino”, eppure sono piene le librerie di romanzi che potrebbero benissimo essere definiti “romanzi acquitrini”, cioè romanzi che magari aspirano a rappresentare la storia di una famiglia o di un particolare tipo di società in un determinato periodo storico, ma lo fanno senza mostrare alcun tipo di evoluzione, né dei personaggi né della storia, con uno stile che ristagna e col povero lettore che si impantana.
La sera, prima di addormentarsi, mio figlio vuole che gli racconti una favola, la favola però deve avere delle caratteristiche precise, la prima caratteristica è che il protagonista deve essere sempre lo stesso, ossia un cavallino di nome Trottolino, la seconda caratteristica è che Trottolino dev’essere l’alter ego di mio figlio, cioè le avventure del cavallino Trottolino devono ricalcare gli eventi della giornata che mio figlio ha appena trascorso, così se durante la giornata ho portato mio figlio a fare una visita dalla pediatra, la favola inizierà con “C’era una volta un cavallino di nome Trottolino, un bel giorno papà Trottolone lo accompagnò dalla dottoressa Trottolessa” e così via, mio figlio in pratica ha una cotta per il realismo.
Mentre scrivo questo post ricevo una telefonata di un’amica, la mia amica sta per partecipare a una conferenza sul realismo, perciò parliamo di realismo, la mia amica dice che il grosso equivoco moderno è che gli autori attuali credono che il realismo sia uno stile di scrittura, mentre in realtà il realismo è un concetto molto più articolato.
Il realismo oggi compenetra ogni cosa, non solo i romanzi, ma anche i film, le opere d’arte, le canzoni, perfino i cartoni animati, credo che la passione di mio figlio per il realismo derivi dalla visione di cartoni animati in cui vengono riprodotte situazioni di vita quotidiana.
Tra le cose minime su cui spendo un sacco di tempo a riflettere quando potrei benissimo impiegare il mio tempo in modi più costruttivi c’è questa cosa del realismo spiegato da mio figlio, riflettendo sulla favola di Trottolino e sui gusti letterari di un ragazzino di tre anni e mezzo ho intuito la ragione dell’ossessione che i miei contemporanei hanno per la rappresentazione della realtà: il realismo è consolatorio.