Il recesso del socio nella Spa - parte 1

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La riforma del diritto societario del 2003 ha rivisto la normativa delle società di capitali, ampliando le fattispecie in cui viene riconosciuto il diritto al socio al recesso. Per quanto concerne le Spa, ne ha inoltre precisato l’iter procedurale in alcuni articoli del codice civile, introducendo:
•    una precisa casistica delle cause di recesso (art 2437)
•    termini e modalità di esercizio del diritto di recesso (art 2437 bis)
•    i criteri di determinazione del valore delle azioni (art 2437 ter)
•    il procedimento di liquidazione delle quote (art 2437 quater)
•    disposizioni speciali per società con azioni quotate (art 2437 quinques)
La disciplina precedente alla riforma aveva lo scopo di preservare il capitale sociale nell'ottica di tutelare quella che è la principale garanzia  per i diritti dei creditori e pertanto la facoltà di esercitare il diritto  di recesso era limitata a determinati casi, trasformando così la società in una sorta di prigionia per il socio.  Il principio ispiratore della riforma societaria è stato quello  di liberalizzare gli scambi economici con l’obiettivo di favorirli e quindi di  responsabilizzare in maggior misura i soggetti che a vario titolo ne sono coinvolti.
In un precedente saggio, disponibile sul sito internet www.angelofiori.it,  ho esaminato il caso di recesso di socio da Srl, qui esaminiamo il caso parallelo di recesso di socio da Spa.

Il contesto legale di riferimento
Il recesso e le sue cause
Le cause di recesso sono più ampie e articolate rispetto alle Srl. Il socio ha diritto di recedere dalla Spa quando ricorrono:
1.    Cause previste dalla legge e inderogabili
a.    Cambiamento dell’oggetto sociale, se la deliberazione assembleare è tale da consentire un cambiamento significativo dell’attività svolta dalla società;
b.    Trasformazione della società;
c.    Trasferimento della società all’estero;
d.    Revoca dello stato di liquidazione;
e.    Modifiche statutarie relative ai diritti di voto e partecipazione;
f.    Introduzione o soppressione di clausole compromissorie;
g.    Eliminazione di una o più cause di recesso previste dallo statuto in aggiunta a quelle disposte per legge
h.    Modifica dei criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di recesso
i.    Esclusione dalla quotazione (solo per società quotate)
j.    Delibere specifiche per le società soggette ad attività di direzione e coordinamento
2.    Cause previste dalla legge e derogabili
a.    Proroga del termine di durata della società
b.    Introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari
3.    Cause previste dallo Statuto
a.    Solo nel caso di Spa che non ricorra al capitale di rischio, lo statuto può prevedere altre cause di recesso
b.    Le cause di recesso statutarie possono riguardare tutti i soci ovvero alcune categorie di soci
4.    Specifiche situazioni di fatto
a.    Società aventi una durata indeterminata ovvero che non abbia la durata nominata nell’atto costitutivo
b.    In caso di revisioni di stima da parte degli amministratori nei conferimenti in natura o di crediti, quando risulta che il valore degli stessi è inferiore ad oltre 1/5 a quello di conferimento
Modalità e termini per l’esercizio del diritto di recesso
 
Le modalità e i termini del diritto di recesso sono disciplinati dall’art. 2437-bis cod. civ.
L’esercizio avviene mediante lettera raccomandata che deve contenere:
a) le generalità del socio recedente;
(b) il domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento;
(c) il numero e la categoria delle azioni per le quali si esercita il recesso.
Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede sociale.
La norma non stabilisce alcun termine per il deposito delle azioni; tuttavia, coerentemente con lo spirito della stessa, si ritiene che ciò debba avvenire contestualmente alla dichiarazione del recesso o comunque in termini ragionevolmente rapidi.
La società può evitare l’esecuzione del diritto di recesso se entro novanta giorni l’assemblea revoca la delibera che ha originato il recesso da parte del socio ovvero se è deliberato lo scioglimento della società
Determinazione del valore delle quote
I generali criteri di valutazione delle azioni del socio recedente sono previsti nell’art 2473 ter cod. civile. Sulla base del 2° comma, il valore di liquidazione dell’azione viene determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale. Il 5° comma dello stesso articolo precisa che i soci hanno diritto a conoscere la determinazione del valore nei 15 giorni precedenti alla data fissata per l’assemblea; ciascun socio ha diritto a prenderne visione e ad ottenere copia a proprie spese. L’assemblea che discute e sancisce l’uscita del socio risulta quindi un momento determinante dell’intero procedimento.
La norma non pone regole agli amministratori circa la le modalità di formalizzazione del valore delle azioni, si ritiene tuttavia che questa tuttavia debba essere sufficientemente analitica e motivata al fine di fornire, sia al socio recedente che a tutti gli altri soci, gli elementi necessari per i dovuti apprezzamenti e  considerazioni. Ugualmente si rileva la norma non indica che la società debba presentare un bilancio ad hoc ai fine delle valutazione delle azioni al socio recedente: infatti le valutazioni degli amministratori non necessariamente debbono basarsi sui soli valori patrimoniali dati da un bilancio (vedi oltre sulle metriche e sui metodi di valutazione).
Viene quindi assegnato alla valutazione delle azioni un intervallo di tempo ed un valore:
(ì) per ciascun socio, al fine di consentirgli di effettuare le debite valutazioni di convenienza, per decidere come votare nella delibera che legittima l’uscita del socio recedente;
(ii) per il socio recedente per avere un punto di riferimento sul valore delle proprie azioni
La determinazione del valore delle azioni è quindi assegnata agli amministratori, i quali: “(……) tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di mercato delle azioni” fanno conoscere al socio recedente il”prezzo” liquidabile. I riferimenti contenuti nella norma sono quindi tre:
(1) la consistenza patrimoniale,
(2) le prospettive reddituali,
(3) il valore di mercato.
Giova ricordare che consistenza patrimoniale, prospettiva reddituale e valore di mercato sono 3 delle principali metriche di valutazione previste dagli stessi PIV (Principi italiani di valutazione) emessi nel luglio 2015 da OIV (Organismo italiano di valutazione), cioè:
(a) asset or cost approach,
(b) income approach,
(c) market approach
Vediamo di apprfondire le tre metodologie:
a)    Con l’asset or cost approach il business da valutare è visto come un insieme di attività e passività per rispondere al quesito: quale costo dovrei sostenere per creare un business simile che dia ai suoi soci gli stessi benefici economici. Questo approccio non si limita tuttavia alle attività e passività presenti in bilancio, ma considera anche le attività immateriali che spesso non sono inserite in bilancio. Fra queste assume rilevanza, oltre a marchi, brevetti, concessioni e licenze,  l’avviamento (goodwill).
L’avviamento può essere definito come l'attitudine di un'azienda a produrre utili che derivino o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo, non hanno un valore autonomo. Si ricorda che l’avviamento può essere anche negativo (badwill) ad esempio nel caso di aziende cronicamente in perdita.
b)    Con l’income approach si considerano futuri benefici derivanti dall’esercizio del business (redditi ovvero cash flow) opportunamente attualizzati alla data di valutazione. Il tasso di attualizzazione consente di inserire la variabile rischio insita nei redditi (ovvero nei cash flow) futuri. La formulazione del tasso più utilizzata è quella del WACC (Weighted average cost of capital = Costo medio ponderato del capitale). Questo è inteso come il costo che l'azienda dovrebbe sostenere per raccogliere risorse finanziarie presso soci e presso terzi finanziatori
c)    Con il market approach vengono utilizzati metodi che fanno riferimento a valori di mercato ovvero a transazioni comparabili, che siano di supporto per pervenire alla valutazione del business in oggetto. Il market approach presenta dei limiti quando l’azienda o il bene da valutare ha un mercato molto ristretto ovvero inesistente.
Circa l’eventuale applicabilità di variazioni, in aumento o in diminuzione per quote di maggioranza ovvero quote di minoranza, così si è espresso un documento emesso dalla Fondazione Nazionale Commercialisti sia per le Srl che per le Spa: “La valorizzazione della partecipazione avviene in proporzione della partecipazione che il socio recedente possiede nella società e quindi nel patrimonio sociale; data la diretta proporzionalità tra valore del patrimonio sociale e valore della partecipazione, a differenza di quanto avviene nel caso di cessione di partecipazioni, non si dovrebbe tener conto di premi di maggioranza o sconti di minoranza, né tantomeno di eventuali diritti particolari del socio potranno influenzare il valore della partecipazione che lo stesso ha nella società”.
Secondo tale orientamento, la valutazione, ai fini del recesso, non dovrebbe, pertanto, essere influenzata dall’ipotesi in cui dalla partecipazione derivi un controllo della società. Conseguentemente al suo normale valore non dovrà essere sommato il cd. “premio di maggioranza”; nel caso di una partecipazione minoritaria, non dovrebbe essere effettuato lo “sconto di minoranza”.
Si precisa peraltro che sulla stessa linea si trovano anche i citati PIV.
Lo stesso art 2437 ter precisa che lo statuto della società può prevedere criteri differenti di determinazione del valore di liquidazione, indicando tuttavia :
(a) gli elementi dell'attivo e del passivo del bilancio che possono essere rettificati rispetto ai valori risultanti dal bilancio,
(b) unitamente ai criteri di rettifica,
(c) nonché altri elementi suscettibili di valutazione patrimoniale da tenere in considerazione.
Va da se tuttavia che tali indicazioni dello statuto non possono essere apertamente in contrasto con i criteri indicati dall’art 2437 ter del cod. civile. L’ipotesi più probabile è che tali indicazioni contenute nello statuto orientino la valutazione verso una o l’altra delle tre citate metriche di valutazione. In ogni caso la valutazione degli amministratori deve avere il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale, parere che dovrebbe poi essere comunicato in assemblea dei soci.

Società con azioni quotate
Nel caso di società con azioni quotate su un mercato regolamentato il valore di liquidazione, sempre sulla base dell’art 2437 ter del cod. civile: “è determinato facendo riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei 6 mesi che precedono la pubblicazione ovvero la ricezione dell’avviso di convocazione dell’assemblea in cui le deliberazioni legittimano il recesso”. In questo caso evidentemente gli amministratori sono quindi di fatto esentati dall’effettuare stime, l’indicazione del codice è puntuale e lascia pochi dubbi
In questo caso, lo Statuto può infine prevedere altri metodi di valutazione, purché il valore risultante non sia inferiore al citato valore di mercato.
Nel prossimo articolo si parlerà tra l'altro di procedimento di liquidazione.
Note sull'autore
Articolo a cura di Articoli a cura di Angelo Fiori, dottore Commercialista e revisore contabile dei conti, con esperienza professionale quarantennale in campo amministrativo, con focus principale sulla revisione contabile e sulle valutazioni d’azienda e di strumenti finanziari.

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