Il Regno indipendente di Craco si ribella alla Basilicata. Gli abitanti seguono il Re...

Creato il 27 maggio 2011 da Giuseppe Melillo @giuseppemelillo

La Stampa-giovedi 6 marzo 2008

Da qualche tempo si susseguono articoli che intitolano Lo strano caso della città di Craco oppure Craco, il sindaco contro le pecore solo per citarne alcuni.Sui blog ci sono appelli, sui social network ci sono discussioni, si sono organizzate manifestazione  per la tutela alla legalità da parte del sindaco.
Sembra inverosimile ma tutto ciò accade nella ...Regno Indipendente di Craco, il cui re-pastore Antonio Duca ( nel suo nome c'è un destino già segnato ) governa sui suoi sudditi-pecore.
Il re-pastore si è impossessato di un paese, seppur fantasma, e non c'è verso o maniera di farlo traslocare.
Il sindaco ( quello vero) vuole riappropriarsi del luogo  per destinarlo a una fruizione turistica.Questa è una questione che si protrae da anni. Grazie ad un mio amico di Pechino sono riuscito a risalire ad un articolo de La Stampa del 2008.
"Frane e terremoti hanno mandato in rovina Craco. Il solo abitante rimasto: “Vogliono cacciare pure me”
Trentanove anni, sposato, tre figli e quattrocento capre. E’ bastato Antonio Duca a ripopolare il paese
fantasma. Quando tutti sono andati via, è arrivato lui. Si è accasato nei vicoli e ha impiantato il suo ovile nelle vecchie case abbandonate dopo la frana che s’è mangiata mezzo paese e ha ridotto l’altra metà in brandelli di muro. La mattina Antonio scende col gregge verso i suoi poderi, al tramonto risale. «Vorrebbero cacciarmi. Dicono che sono un rivoluzionario. Il Comune mi ha denunciato e portato in tribunale: le mie capre danneggiano le case. Allora la colpa è mia se Craco è in rovina?». Sorride. «No, io non mi muovo».
Questa è la storia del paese che non c’è più e del suo unico abitante. Il penultimo fu Pietro Tuzio. Quando il papà Pasquale se ne andò a vivere nelle case popolari costruite accanto al paese, Pietro rimase. Abitava a Palazzo Cammarota, un casermone ai piedi del borgo medievale. Finché un giorno - ride Antonio il pastore - «arrivò in paese un tipo e si mise a segare i tubi dell’acqua. Gli servivano e se li portò via. Pietro rimase senz’acqua».


I ruderi
Oggi Antonio Duca guarda le rovine, le case dei nonni e del padre, pastore pure lui, la Craco sghemba del dopo frana. Cade? «Nooo. E’ stata in piedi mille anni e può restare in piedi per altri mille».
Costruita su argilla e roccia intorno a un colle che ha in cima la torre normanna, Craco venne parzialmente sgomberata nel 1963. Anticipata dagli smottamenti di fine Ottocento, la frana provocata da una somma di cause (incluse le perdite dell’acquedotto e della fogna che inondarono il sottosuolo argilloso) fece scivolare le case a valle. Nel 1972 l’alluvione diede un altro colpo. Craco slittò ancora. E scivolarono i muri di contenimento e le palificazioni che dovevano sorreggerla. Costarono 900 milioni di lire e pesavano più della frana. Così la terra inghiottì il campo sportivo e un lembo di paese. «E’ vero, quell’opera fece più danni della frana» ammette Giuseppe Lacicerchia, sindaco di Craco tra il 1995 e il 1999 e ora presidente di Cracoricerche, società comunale incaricata di studiare il fenomeno franoso e produrre idee per salvare il centro storico. «Questo paese è un esempio: tutto ciò che non si deve fare in caso di frane, qui è stato fatto».
Nel 1978, quando il regista Francesco Rosi arrivò per girare il suo «Cristo si è fermato a Eboli», qualcuno a Craco viveva ancora. Poi nel 1981, dopo il terremoto, i crachesi fecero le valigie. Chi rifiutò di spostarsi sette chilometri più giù, a Peschiera, la frazione dove nacque un paese-parcheggio grazie ai buoni uffici del potente ministro lucano Emilio Colombo, venne ospitato a pochi passi dal borgo antico: nelle case popolari. La famiglia Tuzio, padre e figlio, rimase a Craco vecchia anche quando il Comune piantò ai bordi del paese i cartelli: «E’ vietato l’accesso a tutti i cittadini».
Nel 1998, dopo la partenza di Pietro, è arrivato Antonio il pastore. Benché anche la sua famiglia abbia traslocato a Craco Peschiera, lui lavora qui. Lui e le capre. Franco Tuzio, cugino del penultimo abitante di Craco e assai critico verso l’ultimo («non potrebbe stare qui») indica la vecchia casa di famiglia camminando tra i vicoli coperti di macerie e sterco di capra. La chiesa madre l’hanno saccheggiata. A momenti portavano via l’altare.
Franco è il vigile urbano superstite di un paese che 50 anni fa contava duemila persone e oggi ne ha 600 appena. «Ufficialmente siamo 800, molti anziani, ma in tanti sono fuori. Emigranti. Una volta i vigili erano tre. Uno è andato in pensione, uno si è trasferito a Milano. Sono rimasto io». Antonio il pastore dorme a Craco Peschiera, ma di giorno lavora a Craco vecchia, il paese morto. L’illusione che questa potesse diventare la dépendance di Cinecittà a pochi chilometri da Bernalda, la patria di Francis Ford Coppola, se l’è ingoiata la realtà. Il set è saltuario. Se serve un paese fantasma o dall’aspetto miserabile, la vecchia Craco è perfetta per un film. Mel Gibson l’ha scelta per impiccarci Giuda in «The passion». Chatrine Hardwicke per girarci «Nativity» e Fabio Segatori, in «Terra bruciata», per un inseguimento in auto sulla strada incastrata nel paesaggio spaziale dei calanchi, i «graffi» secolari sui rilievi argillosi.


I turisti
Dalla torre normanna si domina il disastro delle macerie e il cemento delle case popolari, desolante miscuglio di generi in una terra incastrata tra la Matera dei sassi riconosciuti come patrimonio dell’umanità dall’Unesco e la Val d’Agri, l’eldorado del petrolio. Craco ora non frana più. La rete di sensori collocati tutti intorno da Cracoricerche e gestiti dall’Enea dicono che è stabile. Ma che farne? Nel weekend i turisti arrivano e scavalcano i divieti per vedere il paese che non c’è. Il figlio del pastore fa la guida. «Guadagna qualcosa. Lui è in gamba. Vuole fare l’avvocato» dice il papà. Il sindaco Domenico Copeti spiega che per recuperare Craco vecchia «ci vorrebbe una legge speciale e finanziamenti pubblici. Tanti soldi quanti ne richiede una legge finanziaria».
L’ex sindaco Lacicerchia ha pretese meno impegnative: «Basterebbe metterla in sicurezza dopo una bonifica, evitare che rubino anche le tegole delle case, creare percorsi per i turisti. Gli interventi urgenti si potrebbero fare con cinque milioni di euro. Renderla di nuovo abitabile? Non ci penserei». Il convento di San Pietro, ai piedi del paese, è per metà recuperato. Il resto è speranza, per chi ce l’ha. Franco il vigile ce l’ha: «Speriamo...» sussurra mentre fuma un sigaro e guarda le rovine. Quest’anno la frana che svuotò Craco vecchia con l’aiuto determinante dell’uomo compie 45 anni.


IL LUOGO
Dal Medioevo a Hollywood
Il crollo
Paesino medievale a 391 metri sul mare, il centro storico di Craco (in provincia di Matera) è oggi un paese fantasma. L’abbandono cominciò nel 1963 dopo una frana che ne distrusse una parte. Allora c’erano quasi duemila abitanti. Il paese si svuotò lentamente e divenne completamente deserto nel 1981.
Il trasferimento
Gli abitanti vennero trasferiti in parte nella contrada S. Angelo e in maggioranza nella frazione di Peschiera, a sette chilometri dal borgo antico, che è oggi il nuovo paese. Paese agricolo, Craco oggi ha poco più di 600 abitanti.
La suggestione
Nonostante l’abbandono, Craco è un paesino di straordinaria suggestione. Le case, intrecciate tra loro intorno al castello medievale, sono costruite in pietra e mattoni tagliati.
Il cinema
Craco è stato scelto spesso dalle produzioni cinematografiche come set. Nel 1978 Francesco Rosi ambientò a Craco alcune scene di «Cristo si è fermato a Eboli» tratto dal capolavoro di Carlo Levi. Tra gli altri film girati a a Craco: «The Passion» di Mel Gibson (2003), «King David» di Bruce Beresford (1985), «Nativity» di Chatrine Hardwicke (2006), «Il sole anche di notte» di Paolo e Vittorio Taviani (1990), «Terra bruciata» di Fabio Segatori (1999), «Tre fratelli» di Rosi (1981)."
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