Il renminbi come valuta globale?

Creato il 10 dicembre 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Mentre aumenta la quota cinese del mercato regionale, cresce anche l’importanza della sua valuta, il renminbi, nelle transazioni internazionali. Dal 2002, la quota cinese nel mercato dell’Asia orientale è balzata dal 10 al 23%, mentre la quella statunitense ha registrato la tendenza opposta, passando dal 23% al 10%. Naturalmente la crescita nella quota di mercato non signfica automaticamente una maggiore attrazione per i paesi ad usare la moneta del partner commerciale per negoziare transazioni o possedere beni. Negli anni ‘70 e ’80, mentre la quota di mercato giapponese aumentava, lo yen acquisiva crescente importanza tra la valute internazionali, ma non in modo parallelo né proporzionalmente al volume commerciale. Le ragioni sono diverse. In primo luogo, le restrizioni al conto capitale giapponese limitavano la circolazione dello yen fuori e dentro il Giappone. In secondo luogo i mercati finanziari giapponesi non erano completamente aperti; si determinava pertanto una distorsione nel rapporto tra i rendimenti sugli investimenti in yen e sugli investimenti in dollari, sterlina inglese o altre valute europee. Negli anni ’80 e ’90 il Giappone cercò di internazionalizzare la propria moneta; l’impiego dello yen in accordi commerciali e nelle operazioni di cambio crebbe grazie alle importanti riforme che portarono all’apertura del conto capitale giapponese. Nonostante gli sforzi compiuti, però, la moneta del Giappone non rivestì mai un ruolo significativo tra le principali valute internazionali, neanche all’apice della sua importanza nell’economia globale, sia perché il processo di liberalizzazione del mercato finanziario e del conto capitale tardò ad essere attuato, rimanendo peraltro incompleto, sia per la continua attrattiva esercitata dal dollaro.

Nel saggio di apertura della settimana in EAF, Arvind Subramanian e Martin Kessler sostengono che è improbabile che l’ascesa del renminbi possa rallentare come avvenne per lo yen. Essi affermano inoltre che “dallo scoppio della crisi finanziaria mondiale, con gli Stati Uniti e l’Europa economicamente in difficoltà, il renminbi è divenuto in misura sempre maggiore una moneta di riferimento, con i tassi di cambio dei mercati emergenti sempre più vicini. In effetti, dal giugno 2010 quando il renminbi ha ripreso la sua flessibilità (rispetto al dollaro statunitense), il numero di valute nell’orbita del renminbi è cresciuto rispetto al precedente periodo di flessibilità tra il luglio 2005 e il 2008. Durante lo stesso periodo, il numero delle valute nell’orbita dell’euro e del dollaro americano diminuiva”. L’Asia orientale, sostengono Subramanian e Kessler, è adesso un blocco del renminbi poiché le monete di 7 paesi su 10 della regione – compresi Corea del Sud, Indonesia, Taiwan, Malesia, Singapore e Thailandia – seguono più da vicino il renminbi che il dollaro. Ad esempio, dal 2010 il won coreano e il renminbi si sono apprezzati di cifre simili rispetto al dollaro statunitense. Al contrario, solo tre economie all’interno del gruppo – Hong Kong, Vietnam e Mongolia – possiedono ancora valute che seguono più da vicino il dollaro rispetto al renminbi.

L’ascesa del renminbi come valuta di riferimento non è confinata all’Asia orientale. Sebbene la scena mondiale sia ancora dominata dal dollaro statunitense, anche questa condizione, sottolineano Subramanian e Kessler, sta cambiando. “Il renminbi è la valuta di riferimento principale in quattro casi nell’ultimo periodo (ovvero dopo il 2010), rispetto al precedente; è inoltre la moneta di riferimento dominante in un maggior numero di casi rispetto all’euro. Il renminbi, ad esempio, si avvicina più alle valute nazionali di India, Cile e Sud Africa rispetto a qualsiasi altra moneta, se consideriamo il periodo più recente, ed è seconda in Israele e Turchia. In un certo senso, il renminbi è subentrato all’euro come la seconda moneta di riferimento principale a livello globale; in altre parole, il numero di valute al di fuori dell’Asia orientale che seguono il renminbi è maggiore rispetto a quello delle valute esterne all’Europa e al Medio Oriente che sono nell’orbita dell’euro”.

L’impiego del remninbi quale valuta di riferimento è solo un aspetto della sua ascesa a livello globale. Una moneta internazionale si distingue inoltre, come nel caso del dollaro statunitense, per il suo impiego come bene di riserva e per il suo ampio utilizzo nelle transazioni internazionali. Alcuni prevedono che la completa internazionalizzazione del renminbi potrebbe avvenire nei prossimi vent’anni – ma la Cina avrà bisogno di drastiche riforme sia del conto capitale sia del sistema finanziario nazionale prima di acquisire un tale status globale.

La quota di mercato globale della Cina è destinata ancora a crescere. Come sostengono Subramanian e Kessler, è probabile che il ruolo del renminbi finisca per erodere il dominio del dollaro statunitense nel resto del mondo, sebbene ciò non possa accadere in maniera automatica o senza cambiamenti a livello politico. Ciò che appare necessario è la liberalizzazione del mercato finanziario domestico che affidi un ruolo maggiore al settore privato, lo sviluppo di ulteriori strumenti finanziari, e l’iniezione di maggiore trasparenza all’interno dei mercati finanziari; solo queste misure consentiranno agli investitori stranieri un maggiore accesso ai beni in renminbi attraverso l’apertura del conto capitale cinese.

Nel normale corso degli eventi, secondo le previsioni di Subramanian e Kessler, il dominio globale del renminbi potrebbe divenire realtà entro i prossimi 20-25 anni. Ma se la Cina accelerasse le sue riforme del conto capitale e finanziario, il cambiamento potrebbe avvenire molto più rapidamente.

(Traduzione dall’inglese di Daniela Rocchi)


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