“Il respiro delle grotte – Piccole divagazioni sulla profondità” Il nuovo libro di Natalino Russo

Creato il 23 ottobre 2013 da Andrea Scatolini @SCINTILENA

IL RESPIRO DELLE GROTTE – Piccole divagazioni sulla profondità
“Il respiro delle grotte”
Piccole divagazioni sulle profondità
Autore: Natalino Russo
Editore: Ediciclo, – fine ottobre 2013
Prezzo di copertina: 8,50 €

L’ho letto il libro, sono il primo che lo legge perchè neanche Natalino ha letto l’ultima bozza, l’ho preso oggi dopo il lavoro e l’ho letto già. E’ un grande onore per me, è un piacere sottile sfogliare le pagine sfuse ancora da rilegare stampate doppie in orizzontale su foglio A4, non l’ho mai letto un libro senza copertina e come il libro trovo un Natalino messo a nudo nel racconto.

Quindi adesso sono qui perchè vorrei recensire il libro, raccontarlo, presentarlo. Vorrei raccontare del libro e dell’autore
Conosco Natalino da… da… da sempre? Non lo so forse dalla prima volta che ho letto speleoit, probabilmente la prima volta che ci siamo visti sorrideva, con quel sorriso storto e quegli occhi che parlano e indagano.

Natalino é il fratello di Luigi Russo. Io e Natalino siamo coetanei, forse non per età anagrafica, ma per generazione, per cultura, per preparazione, per impostazione, per visione della speleologia. Abbiamo fatto strade diverse, io ho continuato a percorrere piccoli sentieri che non si sono mai allontanati troppo dal mio piccolo gruppo speleo, la mia Narni e la mia piccola speleologia, mentre Natalino, per necessità diventata virtù, è uscito dalla sua Campania, di cui resta tuttavia un ottimo esponente, e si è dato al viaggio, in una vita in viaggio.
Ha scritto altri tre libri: il primo “Fratture”, mi sembra si chiamasse così, è un viaggio onirico in una grotta immaginata, e li ho detto “questo qui va in grotta come ci vado io, sognando”, poi gli altri due libri raccontano di Santiago di Compostela, ne ho letto solo uno, molto lungo, in parte attinente alla realtà, un diario di viaggio.

Adesso siamo al Libro sulla Speleologia.
L’ho letto 11 giorni prima del raduno di Casola, e per questo, caro Natalino ti ringrazio, perchè la mia partecipazione “al solito raduno” prende slancio da questa bella rinfrescata su cosa E’ la speleologia.
Io e Natalino abbiamo esperienze di grotta diverse, ma è così familiare per me leggere quello che scrive, che ho come l’impressione che sia un racconto scritto da un mio compagno di classe, sembra che abbiamo studiato, letto e attinto dalle stesse fonti, dagli stessi libri, dagli stessi autori. Natalino ha visto più di me, esplorato di più, viaggiato di più.

L’uscita fotografica a Pozzo della Neve a -900, a prendere immagini in luoghi “che voi umani non potete neanche immaginare” è il racconto breve intorno al quale Natalino riflette sulla Speleologia snocciolando un discorso piacevole, serio, corretto, su quello che sono le grotte e su cosa fanno gli speleologi. Sostanzialmente è un compendio di speleologia scritto da uno speleologo attuale, e mentre lo leggevo mi chiedevo cosa avrebbe potuto scrivere Natalino se fosse vissuto ai tempi delle scalette, perchè ogni luogo ha la sua storia e il suo tempo.

Il titolo allude al vento ipogeo e “il sacro fuoco dell’esplorazione” probabilmente è il motivo che spinge l’autore ad andare in grotta, in un misto di curiosità e immaginazione, ma tutto il libro è una lunga unica lezione di Speleologia destinata a speleologi, è quello che vorrei raccontare durante un corso di primo livello, è la spiegazione semplice del nostro mondo, delle nostre conoscenze. Non si pone il problema di raccontare la speleologia a chi sta fuori, ma ricorda ad ogni speleologo cosa sta facendo, e forse da anche una spiegazione del “PERCHE’” si sacrificano giornate comode in pieno sole, riposo e tranquillità per infilarsi in buchi sottoterra. É un libro che consiglierei a tutti i corsisti, a chi si avvicina per la prima volta ad una grotta, perché a volte ci si ritrova catapultati nel mondo della speleologia senza capire bene cosa si sta facendo e a che cosa serve tutto questo.

Il racconto breve a me fa sorgere altre domande e mi fa trovare risposte che nel libro si leggono tra le righe, o che magari mi immagino solo io; si parla spesso della ricerca di parti di grotta o di interi complessi sotterranei che ancora non esistono, è palpabile la presenza di un mondo che non c’è, ma deve esserci sicuramente li sotto da qualche parte, e il ruolo degli speleologi che portano la luce ad illuminare gallerie, laghi, cascate, meandri, è quello di far esistere una grotta. Molto spesso è ribadito questo concetto: nella progressione in un meandro, la grotta continua anche se mi fermo? E una grotta senza un rilievo è da considerare “esistente”? Il Fotografo che prende fotografie e dimostra che quel mondo a -900 esiste, il topografo che rileva e ridisegna su carta le infinite vie dalla grotta, “vie” tracciate dal percorso degli speleologi che si fanno strada tra le innumerevoli possibili traiettorie da seguire, alla continua ricerca delle infinite vie dell’acqua e del vento, nei vuoti delle montagne.

Io ci ho letto questo, mi ci sono riconosciuto in tante parti, tanto che a volte il filo del ragionamento mi sembra ovvio, un bel ripasso in occasione del raduno, che mi ricorda nell’Anima perchè mi preparo con frenesia all’incontro con quelli della mia specie.

Grazie di ricordarcelo


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