Lenta scorreva la vita nel paesino di Aragona, era appena l'alba e un pallido sole accompagnava il viaggio di Lucia dalla sua casetta fino al cimitero ubicato nell'altra parte del paese. Erano le 5 del mattino e la solita tristezza, fedele compagna, la sospingeva lentamente mentre una fresca brezza di mare le accarezzava i capelli. Sentiva il corpo affaticato, le gambe pesanti, il cuore stanco: una vita sofferta alle spalle, un generale disgusto per le prove sostenute senza la forza di ribellarsi. Ancora sentiva dentro la testa le urla del marito e nel corpo le botte subite, le violenze carnali protratte per anni fino alla separazione avvenuta due anni prima. Le figlie l'avevano portata dal giudice contro la sua volontà; l'avevano trascinata a sporgere denuncia contro quell'ubriacone del padre, che si era allontanato dal paese in una buia notte facendo perdere le tracce di sé.
E, quando stava tirando un sospiro di sollievo, un male incurabile le aveva portato via la più giovane delle figlie, dopo un anno di cure e dolori strazianti. Ricorda il tormento: la diagnosi, la prognosi infausta, l'assenza di speranza di vita, il cuore in frantumi, la lacerazione interna, il senso di impotenza di fronte al male che faceva scempio del giovane corpo. Le era stata vicina, nemmeno un attimo si era allontanata da quel maledetto ospedale di Agrigento, nel reparto di ematologia. Aveva visto tanti giovani e bambini morire in quell'anno e il suo cuore non reggeva davanti alla virulenza del male; "la bestia" la chiamavano in reparto e, quando sembrava essere domata, rispuntava fuori con incredibile prepotenza. Un anno di buio totale, nemmeno confortato dalla fede: non aveva mai creduto in Dio, non era stato clemente con lei fin dall'infanzia: figlia di una famiglia di pescatori, aveva perso i genitori in mare in tenera età ed era stata adottata dalla famiglia degli zii paterni, con violenze consumate tra le mura domestiche. Al dolore lancinante per una vita dannata e di stenti era subentrata una generale stanchezza e una rassegnazione simili a una condizione di non vita: si sentiva vuota, smembrata, apatica, senza sostanza, eppure tutte le mattine si alzava di buon ora per recarsi al cimitero a salutare la sua "bimba", come lei la chiamava. Camminava a passi lenti, il consueto stato d'animo, nemmeno faceva più caso alla bellezza del suo paesino e non avvertiva il sole che si stava levando all'orizzonte: il capo chino era sintomo della generale stanchezza e della malinconia che l'afferrava al risveglio e l'accompagnava fino alla sera. Dopo il rito al cimitero, di solito tornava a casa ad accudire poche faccende domestiche: lo stretto necessario.
Quella mattina senti uno strano richiamo, in lontananza il profumo del mare: lo seguì ad occhi chiusi, sentì il cuore sobbalzare d'un tratto, accelerò il passo, sentì le membra distendersi, la stanchezza si sciolse, camminò sempre più svelta, superò il porticciolo, alzò gli occhi a guardare il paese in festa per la Sanonio Abate. Si ricordò dei sapori antichi, dei piatti tipici del paese, sentì venirle alla gola qualche frammento dei pochi piaceri vissuti da piccola prima della morte dei genitori. Due lacrime rigarono il suo volto, l'animo incrostato aprì un varco dove s'insinuo un po' di vita, camminò ancora più svelta e d'un tratto vide il sole alto nel cielo che illuminava la distesa marina. Si scalzò e si mise nell'acqua fredda del mattino: erano le otto di un anno lontano. Si rivide piccola, vide sua madre piegarsi su di lei mentre le baciava la fronte; le sembrò un sognò; si stropicciò gli occhi, ma la percezione permaneva vivida, stampata nella sua memoria. " Allora non tutto muore di noi "-pensò- finché ne conserviamo il ricordo"; si ricordò del mare che l'aveva accolta infante, dei primi anni di vita, si sentì serena e così abbandonata si spoglió e si lasciò cullare dalle acque.
Non sentiva freddo, ma un calore ristoratore attraversò il suo corpo dentro le membra e sotto la pelle, avvertì un sentimento di rinascita e rimase in ascolto del rumore del mare le cui onde lentamente si infrangevano sulla battigia. Era sola, ma sentiva una strana gioia dentro, come se il mondo fosse popolato di figure amiche a farle compagnia. Ricordò che aveva letto da piccola qualcosa sull'Isola dei Beati, il ricordo era vago eppur presente dentro la sua storia; si sentì per la prima volta al centro del mondo come se la Natura riparasse a tutte le onte subite. Sentì un senso di riscatto e il desiderio prepotente di tornare a vivere dentro qualche buco della pelle. Si specchiò nell'acqua illuminata dal sole e vide la sua figura, esile e ancora gradevole: aveva appena 40 anni; d'un tratto avvertì alle sue spalle una presenza umana, quella di un uomo che l'osservava in disparte, mentre si nascondeva dietro un giornale. Intravide i suoi occhi neri, i capelli a spazzola, il bruno incarnato, sentì il cuore in tumulto in estatico abbandono. Restò nell'acqua immergendo anche la testa, mentre le lacrime le bagnavano il viso, ma erano lacrime di gioia.
L'uomo continuava ad osservarla fisso, non distoglieva lo sguardo; mise da parte il giornale le si avvicinò e le sorrise; a lei si aprì un mondo: le balzò alla mente il ricordo del padre, si fece sempre più intenso il profumo del suo dopobarba la mattina mentre l'accompagnava all'asilo, sentì una strana sensazione dentro, come un gusto antico di vita che riaffiorava prepotente dentro il suo corpo rinato. Lui la strinse da dietro e così abbracciati se ne andarono verso il baretto di fronte, consumarono una bibita al limone e una fetta di torta al cioccolato, mentre erano seduti l'uno di fronte all'altro lui l'osservava mentre dolcemente parlava come in una melodia fuori dalla storia. Arrivava il profumo del mare e il rumore tenue delle onde, in lontananza le campane suonavano a festa: loro brindavano al primo amore.