Il Memoriale all'Olocausto (Holocaust-Mahnmal) a Berlino
L’Olocausto è online. La piaga della società moderna, che ha visto espellere, maltrattare, ghettizzare milioni di ebrei è ora visitabile su siti internet di agghiacciante precisione. E vederli tutti lì, in fila, uno dietro l’altro, i nomi delle vittime del Nazismo (delle ultime vittime di un immotivato pregiudizio storico radicato nei secoli passati e non solo nel ‘900, a cui ancora viene dedicata scarsa attenzione nel processo di ricostruzione storiografica della moderna società europea) fa un effetto diverso rispetto a quello dei libri di storia. Sapere che ci si può cliccare sopra e poi scoprire, con esatta attendibilità, la storia di tutti quegli uomini, prima che finissero vittime della “follia” dello Shoah, è un po’ come visitare un cimitero di sconosciuti, ma sentirsi drammaticamente partecipi, o colpevoli, o arrabbiati. Meglio di prima, meglio di sempre, ci sembra di capire il dramma di una guerra che non è stata solo “mondiale”, ma infinitamente “personale” ed infinitamente ingiusta. È l’iniziativa del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, che come spiega il direttore Michele Sarfatti, offre un’ opportunità in più per comprendere da vicino il passato. Si tratta di un memoriale delle famiglie ebree distrutte dal Nazismo, una sepoltura virtuale per lasciare insepolto il ricordo.In Italia, già in cinque scuole, è stata sperimentata una piattaforma digitale, realizzata dall’Istituto della University of Southern California Shoah Foundation, che ha creato per gli studenti delle superiori un database con oltre 1200 testimonianze audiovisive. Pur se con qualche fatica, infatti, anche nel nostro Paese si fa strada l’idea che una formazione all’uso e alla comprensione delle nuove tecnologie debba far parte dell’insegnamento scolastico prima e universitario poi, costituendo un bagaglio essenziale e prioritario per ogni indirizzo di studio. La scuola è, per sua natura, un luogo di cristallizzazione del sapere, ancorata e dipendente a certezze ben salde nell’immaginario comune e, di conseguenza, legata materialmente a forme di conoscenza e a strumenti tecnici da cui è quasi impossibile prescindere. Ma negli ultimi anni, nuove riforme del Ministero della Pubblica Istruzione hanno permesso un ammodernamento concreto e diffuso. La didattica dell’Olocausto, quindi, passerà anche attraverso queste novità della rete, che permettono indubbiamente una comprensione più efficace, più viva e più vicina del fenomeno. La grande opportunità del supporto multimediale alla didattica, infatti, è quella di assecondare quella naturale propensione dell’uomo ad usare tutti i sensi contemporaneamente: un bambino che si avvicina ad un prodotto multimediale (che può essere appunto una qualunque mostra fotografica sulla Shoah) si espone all’integrazione di vista, udito e tatto. Il portale dedicato ad Anne Frank, ad esempio, fornisce agli insegnanti interessanti spunti di didattica sulla Seconda Guerra Mondiale, rivolti anche a studenti molto piccoli. Per fare in modo che gli studenti siano pronti al futuro, bisogna educarli al passato, ma attraverso il presente, ovvero stando al passo con i tempi. Inconsciamente, forse vorremmo tutti che il ricordo dell’Olocausto restasse collocato nel passato, che fosse in bianco e nero come uno sbiadito film d’epoca: la sfida della moderna didattica sta nel colorare questo ricordo, nell’attualizzarlo con tutte le nuove competenze. È per questo che la multimedialità costituisce una scommessa troppo grande per la scuola, che non può permettersi di assumere atteggiamenti immobilistici, nemmeno difronte al passato.
Neue Wache a Berlino
È lo stesso principio di cruda e toccante autenticità e di continuo progresso multimediale alla base della ricostruzione in 3D dell’alloggio segreto di Anne Frank, disponibile appunto sul sito sopracitato, in cui le sue paure possono fondersi con quelle di estranei visitatori curiosi, che come lei, forse, temono ancora per quel dolore, per quel passato…o per il futuro. Anne Frank, il simbolo di una gioventù massacrata dalla brutalità umana, è ora alla portata di tutti, in balia delle nostre emozioni, attraversata dalle nuove tecnologie, persino dai social networks, è lì, anacronisticamente sullo schermo di un computer, con il suo vecchio diario. Una nota poesia di Sereni recita: “e non questa è la casa, ma soltanto – mille volte già vista - sul cartello dimesso: Casa di Anna Frank”, dove l’assenza del dimostrativo pone l’accento non su un luogo circoscritto, ma sul ricordo del luogo, che appartiene a tutti. “Quella di Anne Frank non dev’essere, non è privilegiata memoria. Ce ne furono tanti che crollarono per sola fame senza il tempo di scriverlo”. Paola Damiano