Il cuore e i suoi battiti sono l'elemento chiave per comprendere l'opera Les Archives du Cœur di Christian Boltanski, tenutasi dal 23 aprile fino al 31 maggio presso il Museo per la Memoria di Ustica di Bologna. Un progetto che l'artista ha iniziato nel 2008 e che forse non vedrà mai la fine, un archivio contenente i battiti cardiaci dei visitatori che volontariamente decidono di donare la registrazione del suono del proprio cuore. Il tutto si svolge in modo molto semplice: il visitatore siede comodamente accanto al tecnico addetto alla registrazione, con una mano tiene sul petto il fonendoscopio e con le cuffie ascolta i battiti del proprio cuore per circa venti secondi, mentre sullo schermo del computer scorre il grafico delle frequenze cardiache. Subito dopo viene rilasciata al visitatore una copia del cd contenente la registrazione del proprio battito con su scritto il numero identificativo in serie progressiva, il nome e il cognome, mentre una copia digitalizzata è inviata all'archivio centrale (che ormai conta più di sessantamila battiti) sull'isola giapponese di Teshima.
Opera estremamente suggestiva attraverso cui Boltanski cattura lo scorrere dell'esistenza, coglie "un'istantanea" del cuore del visitatore in un determinato momento del presente. Ma l'artista non si illude e sa che il progetto potrebbe essere un fallimento annunciato perché consapevole del fatto che la vita è in perpetuo movimento, così l'archivio di cuori palpitanti si tramuta nel suo esatto contrario, un archivio di cuori che da un giorno all'altro potrebbero smettere di battere e ciò che rimarrebbe è il ricordo di un attimo che non esiste più, l'artista sembra voglia porre degli interrogativi e far sorgere pensieri e riflessioni sulla fugacità della vita, ma anche sulla bellezza dell'attimo e sull'importanza di essere al mondo, ponendoci la domanda: "Come ci si può salvare?"
A questo insieme di considerazioni si legano quelle derivate dalla visita al luogo che ha ospitato l'opera in questi mesi, ovvero il Museo per la Memoria di Ustica, inaugurato il 27 giugno 2007 all'interno degli spazi dell'ex Magazzino dell'ATC di Bologna. Un museo realizzato unicamente per ospitare l'aereo Douglas DC-9 della compagnia aerea Itavia e voluto fortemente come luogo di ricordo e di memoria dall'Associazione Parenti delle Vittime Strage di Ustica, presieduta da Daria Bonfietti, sorella di una delle vittime e membro del Senato italiano, che a gran voce e con grande coraggio ha preteso la verità sui misteri avvenuti quella sera del lontano 27 giugno 1980.
Appena varcata la soglia della grande sala rettangolare si viene colti da sensazioni contrastanti: angoscia, paura, sofferenza, come se si avesse paura di disturbare l'eterno riposo del gigante di ferro ormai stanco e giacente sul pavimento. I battiti del cuore accelerano, mentre immobili sul ballatoio si osserva il muto aero frammentato e dilaniato come la vita degli ottantun passeggeri che si trovavano sul volo partito da Bologna con destinazione Palermo. Il museo ospita l'opera permanente A proposito di Ustica realizzata per mano dello stesso Christian Boltanski, che da sempre ha incentrato la sua opera su temi quali la morte, l'idea di costante pericolo e sul fragile destino umano. L'artista è riuscito a coinvolgere lo spettatore sinesteticamente, dal primo fino all'ultimo attimo della visita, infatti nella penombra della sala le riflessioni e le domande sorgono spontanee, come se il tempo venisse bloccato e si innescasse un cortocircuito temporale tra passato, presente e futuro. Un passato della tragedia rappresentato dall'areo, recuperato dopo otto anni dal fondale marino e posto nella sala ad un livello più basso rispetto del visitatore; il presente che connota l'essere lì in quel momento sul ballatoio, ma che viene immediatamente annullato dalla presenza degli ottantuno specchi neri disposti lungo il perimetro della sala, a simboleggiare gli spiriti dei passeggeri, in cui lo sguardo dello visitatore è invitato ad inabissarsi. Subito si viene trasportati in una nuova dimensione, quella del pensiero "potenziale", ovvero frasi, riflessioni, sogni e desideri che i passeggeri avrebbero potuto bisbigliare o meditare un'attimo prima di perdersi nel silenzio di un tempo eterno. Una bambina pensa al primo bagno estivo nel mare siciliano, una vocina sussurra mi sento sicura quando la mamma mi tiene per mano, un uomo attanaglia la propria mente pensando a come dire alla fidanzata che la loro storia è finita mentre un'altra donna pensa se indossare il vestito bianco per il battesimo. Pensieri comuni, semplici, promemoria per il domani, un domani che solo il visitatore del museo sa che non arriverà mai per queste ottantuno anime scomparse. Ed è così che il passato si tramuta nel ricordo di una tragedia, facendo riflettere sull'importanza del presente e l'immanenza di un futuro imprevedibile, che potrebbe regalare sogni e gioie come tristezze e perdite, perché alla fine domani è un altro giorno... si dice così.
Il Museo per la Memoria di Ustica è un luogo vivo, un luogo in cui le anime dei passeggeri dovranno sempre continuare a sopravvivere e per ribadirlo Boltanski ha sospeso al soffitto ottantuno flebili luci a simboleggiare le anime dei viaggiatori, che sembrano sempre sul punto di spegnersi ma che a ritmo cadenzato, come fossero lievi respiri o battiti di cuore, continuano ad emanare una parvenza di vita. Inoltre l'artista ha disposto accanto allo stanco relitto nove casse rivestite con dei teli neri, come fossero bare e che all'interno contengono gli oggetti delle vittime rinvenuti in mare, delle reliquie che non si possono esporre, ma secondo quanto ha affermato l'artista devono essere coperte per dare loro dignità e rispetto. Gli oggetti sono stati diligentemente fotografati e inseriti nella "Lista degli oggetti personali appartenuta ai passeggeri del volo IH870", un libro fortemente voluto dall'artista stesso, in cui pagina dopo pagina si possono osservare gli oggetti usurati dal tempo e della salsedine: agendine di vario tipo, lettere, fogli, libretto di assegni, schedine del totocalcio, astucci di pennarelli, romanzi, arnesi da lavoro, guanti, macchine fotografiche, rullini, una radiolina, una busta di tabacco per sigarette, tappi per le orecchie e molto altro.
Nel documentario Ero nato per volare, visibile nella saletta dedicata alla consultazione dei materiali relativi alla Strage di Ustica, la regista Enza Negroni da voce all'ormai fragile relitto e afferma l'importanza di affidare all'arte il compito di celebrare il ritorno dell'aereo perché gli artisti sono vicini al dolore, lo conoscono, lo comprendono. L'arte come la verità non si trova in superficie, si deve cercare sul fondo, come la verità tanto bramata dai parenti delle vittime. Niente oggetti, niente fotografie ma solo trascendenza, così come è giusto che sia.