La relazione che non ti aspetti
di Mattia Luca Mazzucchelli
Non dall'atmosfera né dagli oceani, ma dal nucleo della Terra arriva l'ultima prova della grande influenza dell'uomo sul riscaldamento globale (Cortesia: NASA/JPL/Université Paris Diderot/Institut de Physique du Globe de Paris )
Sì, perché i giorni non sono tutti lunghi uguali. Beninteso con “giorno” non si intende il periodo tra l’alba e il tramonto, ché quello varia in modo piuttosto evidente durante il corso dell’anno, bensì il tempo impiegato dalla Terra per ruotare attorno al proprio asse (anche se la definizione è un po’ più complessa), tempo che come tutti sanno è di 24 ore. Più o meno, visto che durante l’anno può variare di circa 1 millisecondo, diventando più lungo in inverno e più corto in estate. Insomma, il periodo di rotazione della Terra non è costante, e questa piccolissima variazione è dovuta alla distribuzione e ai moti delle masse sulla superficie: soprattutto cambiamenti di direzione e intensità dei venti e delle correnti marine.
Esistono poi periodi più lunghi, anche dell’ordine di alcuni decenni, durante i quali la durata dei giorni si discosta di più millisecondi (anche oltre 4) dal tempo medio di 24 ore. Il fenomeno è stato di recente misurato accuratamente con metodi e strumenti complessi, come la Very Long Baseline Interferometry, il Satellite Laser Ranging e il più comune GPS.
Le variazioni di lungo periodo non sono spiegabili con i moti di venti e oceani. Perciò viene chiamato in causa un altro fluido: il ferro e il nickel fusi del nucleo esterno. Anch’esso si muove, scorre, oscilla. Siccome non possiamo verificarlo direttamente, lo deduciamo dalle variazioni del campo magnetico terrestre, che ha origine proprio da questi movimenti. Le analisi dei dati mostrano che c’è un buon accordo tra le oscillazioni decennali del periodo di rotazione terrestre (cioè della lunghezza del giorno) e i cambiamenti del momento angolare del nucleo. La distribuzione di massa di un corpo influisce sulla sua velocità di rotazione, come possiamo vedere nei pattinatori, che per ruotare su sé stessi più rapidamente avvicinano le braccia al corpo. Ma il clima che cosa c’entra con tutto ciò?
La risposta la danno Jean Dickey e Steven Marcus, del Jet Propulsion Laboratory della NASA, e Olivier de Viron, dell’Institut de Physique du Globe di Parigi, in un articolo sul “Journal of Climate”. I ricercatori hanno dapprima preso in considerazione l’evoluzione del riscaldamento globale a partire dai dati dei database del Goddard Institute of Space Studies delle NASA e dell’Hadley Centre del Met Office britannico: due centri di ricerca che valutano l’andamento delle temperature medie a livello globale in base a rilevazioni condotte a partire dal 1850. Quindi hanno sovrapposto questi dati alle variazioni del periodo di rotazione terreste e del momento angolare del nucleo.
Il risultato è che le tre serie di dati sono correlate fino al 1930, poi la temperatura media inizia ad aumentare senza che ci sia un corrispondente aumento nella lunghezza dei giorni e nei movimenti del nucleo. Per cercare una spiegazione, gli autori hanno pensato alla temperatura come alla somma di due componenti, una naturale e una indotta dalle attività umane. L’apporto della seconda è stato valutato in base a un modello numerico e il suo valore è stato sottratto alla temperatura totale per lasciare in evidenza solo la componente naturale. Sovrapponendo questo nuovo dato con quelli sulla rotazione e sul nucleo, si è visto che così la correlazione è rispettata anche dopo il 1930.
“La nostra ricerca dimostra che negli ultimi 160 anni i cambiamenti nel lungo periodo della temperatura media atmosferica coincidono con i cambiamenti nella lunghezza del giorno terrestre, se rimuoviamo l’apporto significativo del riscaldamento globale attribuito all’immissione di gas serra da parte delle attività umane”, conclude Dickey. “Il nostro studio implica che l’influenza umana sul clima negli ultimi 80 anni maschera la correlazione naturale tra la rotazione della Terra, il momento angolare del nucleo e la temperatura media della superficie”.
Ciò che resta da spiegare è perché questi tre elementi siano correlati. Di sicuro non è la temperatura superficiale a indurre variazioni nel nucleo o nel periodo di rotazione. Però sappiamo che ciò che succede nel nucleo modifica il campo magnetico. Un’ipotesi allora potrebbe essere che il campo durante le variazioni sia meno efficace nello schermare la Terra dai raggi cosmici. I raggi cosmici pare influiscano sulla formazione delle nuvole. E le nuvole, dotate di una grande albedo, riflettono efficacemente la luce in arrivo dal Sole. Così la temperatura media superficiale scende. Ma questa è davvero un’altra storia.
Dickey, J., Marcus, S., & de Viron, O. (2011). Air Temperature and Anthropogenic Forcing: Insights from the Solid Earth Journal of Climate, 24 (2), 569-574 DOI: 10.1175/2010JCLI3500.1