Il rischio d’apparire il pupazzo del ventriloquo (quasi una lettera aperta a Beppe Grillo)

Creato il 03 settembre 2012 da Gms @postideologico

In tempi recenti Beppe Grillo ha cominciato a lamentare l’animarsi di un linguaggio fattosi più acceso, senza tener conto di chi ha dato fuoco alle micce.
Da qui ad ipotizzare che la forza veemente delle parole si traduca in odio, da cui poi scaturisca la violenza, ce ne corre.
È affermazione, se vogliamo, altrettanto idiota, quanto un’equivalente accusa mossagli contro.
Certo è che definire, genericamente, larve le rappresentanze parlamentari, ispirandosi al discorso del bivacco, non è stato esempio di scuola democratica o del doveroso rispetto reciproco che, solo ora, si invoca e a cui ci si appella.
Così pure la filippica contro i senatori a vita ricordava più la polemica destrorsa, all’epoca dell’ultimo governo Prodi, contro il sostegno che questi ultimi avevano più volte assicurato.
E l’atteggiarsi, ora, a vittima, dopo aver vestito i panni del carnefice, ricorda altre cattive abitudini.
Non si tiran le pietre per poi nasconder la mano.
In senso figurato, quindi, sembrerebbe che, in queste sue ultime doglianze, Grillo appaia più come una specie di pupazzo d’un Berlusconi ventriloquo, anzichè attore politico con un’originalità e una connotazione tutta sua.
L’esordio e lo sdoganamento del vaffanculo, peraltro, non è mai suonato come un gentile invito al confronto. E, anche qui, è ben poca la distanza e la differenza con l’uomo medio dei media che dava dei coglioni agli elettori dello schieramento avverso.
Grillo lamenta, poi, che questa campagna, da lui definita d’odio, evita sempre di tener conto del suo programma.
Anche qui è d’obbligo una piccola puntualizzazione: a volte la sostanza non può prescindere dalla forma attraverso cui viene espressa. E, altrettanto spesso, se la forma ha più il sapore, o il suono, della contestazione indiscriminata, che nulla salva, allora il rischio che si corre è che il programma passi sotto silenzio o, addirittura, non arrivi per niente ai destinatari.
A proposito di programmi, pur non rappresentando queste rivoluzionarie novità epocali, ci sono – ed è fuor di dubbio! – molte riforme di cui il nostro comune paese, reso quasi esanime, ha bisogno ed urgenza.
La perplessità, però, è questa: con chi pensa di poter dar corpo alle sue proposte?
La sterilità di un linguaggio, nemico di tutto e di tutti, rischia di vanificare qualsiasi progetto, rendendolo altrettanto vano e vacuo.
E, d’altro canto, non si può continuare a presentarsi come movimento senza possibili interlocutori. Specie se il dialogo è rifiutato a priopri a causa d’una furia iconoclasta.
A proposito di programmi, tutti gli ultimi governi di quest’Italia, ci spingono ad optare verso un’ispirazione salveminiana. Sosteneva Salvemini: “Il nostro programma non esiste, diviene. Il nostro programma è la realtà stessa che si svolge e si trasforma proiettandosi nel cervello; il quale, essendo parte della realtà, accelererà colla forza della coscienza il processo reale“. O, ancora: “Noi non pretendiamo di rinnovare la faccia della terra; noi non portiamo in tasca la panacea per rifare l’umanità e per guarire tutti i mali; noi vogliamo semplicemente richiamare l’attenzione degli italiani su alcuni determinati problemi che reputiamo, sopra tutti gli altri, gravi, per il nostro paese; problemi che i politicanti della democrazia hanno dimenticato o – peggio ancora – rifiutato di prendere in esame“.
Il recente passato, ma pure quello più remoto, ci spingono, quindi, verso quella stessa conclusione secondo cui il miglior programma è fare meno programmi possibili. Soprattutto perchè frequentemente disattesi.
Sempre a proposito di forma e sostanza Grillo dovrebbe chiarire come intende sciogliere il nodo della gestione sulla futura rappresentanza parlamentare. Specie all’indomani delle polemiche sul presunto dispotismo esercitato sulla sua non associazione.
Il pericolo, caro Beppe, per te e per la democrazia, è quello di imbarcare tutto e il suo contrario.
L’onda lunga dell’ennesimo nuovo che avanza potrebbe, addirittura, stimolare gli appetiti di chi è in grado di realizzare una sorta di opa occulta sul movimento.
È una grande responsabilità ereditare elettorato eterogeneo e di diverse provenienze. E questo è, ovviamente, reso possibile dall’equivoco irrisolto, volutamente furbetto, rispetto alla propria non collocazione nel quadro politico odierno.
Occorre chiarire, inoltre, quale democrazia hanno in mente gli stellati. Al di là di un apparente (perchè così appare!) plebiscitarismo che non ha senso, nè può esistere.
È pari al senso e alla valenza che hanno i sondaggi sul tuo blog. Direi meno di zero. Quella è una raccolta di umori e malumori perfettamente aderente ai tuoi. E, in tutta sincerità, può essere gratificante per il proprio ego o per gloriarsi di quanti la pensano e la vedono come te.
La democrazia, quella vera, e che ha rispetto della Costituzione vigente, è ben altro.
O credi davvero di poter dar vita ad un monocolore?
Ipotizzando, addirittura, Referendum sia abrogativi che propositivi senza quorum.
E, sempre a proposito di democrazia, sul versante web: è anche quella di chi qui dentro solleva perplessità e obiezioni nei tuoi confronti.
Anche questa è democrazia, caro mio, cui s’accompagna il pluralismo e l’eterogeneità.
Ecco, tutto questo – ed altro ancora che c’è da dire e che potrà venire in seguito – non è odio.
È pensiero autonomo dal tuo.
Non è il fideismo che, evidentemente, credevi di poter raccogliere.
E non è neppure, per concludere, e a mò d’esempio, il tuo sondaggio sul peggior Presidente della Repubblica dove ho potuto esprimere decine e decine e decine di voti su un nome che non era quello a te gradito. Così per gioco e per testare l’attendibilità della tua democrazia.
Questo è l’agone politico in cui ti sei buttato, questa è la democrazia partecipativa, questo è il confronto. E, diciamola tutta, questa è internet. Qualcosa che non è a tua immagine e somiglianza.
Non agitare spettri e cerca d’amare di più le semplici regole di convivenza civile.
Le stesse che vuoi ti siano riservate.
Capita, a volte, che la realtà sia assai diversa da come ce la raffiguriamo.
Spero, infine, che non ti sfugga di mano e dalla mente il confine tra ciò che è reale e quel che è virtuale.
Con la massima cordialità possibile e immaginabile.


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