- L’impaginazione: Sembra paradossale, ma nella maggior parte delle edizioni low cost, almeno quelle in mio possesso, l’impaginazione è sciatta e decisamente approssimativa. Pagine voltanti e dallo spessore discutibile, infatti, non rendono la lettura piacevole se ogni volta che si sfogliano si rischia di perderle.
- Editing: Orrori di ortografia, frasi spezzate e parole tronche sono accompagnate da un carattere decisamente troppo piccolo. L’errore di ortografia o il refuso spezza la “magia” della lettura. Fa intravedere al lettore i contorni e i confini della pagina e non gli permette di leggere con trasporto ed emozione anche la più stupefacente delle storie. Il refuso o l’errore sono “umani”, ma perseverare è diabolico. L’avrò pagato anche pochi euro, o in alcuni casi pochi centesimi, ma quel volume è stato pagato e si suppone che, visto che è stato messo in commercio, un lavoro di editing e revisione sia stato fatto sul suddetto, o no?
- Traduzione: Qui si dovrebbe aprire un discorso per il quale sono stati consumati litri e litri di inchiostro. Molto spesso, infatti, per rendere “più accessibile” il prezzo di un romanzo si utilizzano traduzioni sulle quali o non ci sono diritti o se ci sono hanno una percentuale irrisoria. Una romanzo che perde di “fluidità” a causa di una pessima traduzione dovrebbe essere l’incubo di ogni lettore che, visto che non è dotato del dono delle lingue, deve “accontentarsi” della traduzione. Perché quindi rendere Tolstoj un “mattone” quando la sua scrittura vibra ed è viva? Perché continuare a pubblicare edizioni zeppe di censure, per risparmiare sui diritti, come nel caso del Conte di Montecristo?
Il nocciolo della questione è: se si sceglie di pubblicare libri a basso costo, non si può prescindere dalla qualità. Cultura è qualità, non quantità! Perché accontentarsi di un’edizione mediocre pur di risparmiare? Ma soprattutto, e quest’ultimo è un punto al quale tengo moltissimo, quando compriamo un’edizione low cost che tipo di “editore” stiamo finanziando? Un editore che punta alla qualità di pubblicazioni e collaboratori o un editore che “sfrutta” i suoi dipendenti, magari stagisti, pur di pubblicare a basso prezzo? Nonostante molte brutte esperienze, infatti, io ho comprato e\o ricevuto tantissime pubblicazioni low cost di altissima qualità, ma non di rado mi capita di pensare: “ma chi ha lavorato a questo libro è stato pagato? E se si quanto? Ha un contratto degno della mansione che svolge?”. Io sono la prima ad essersi lamentata del prezzo eccessivo di alcuni volumi, ma in quel caso o si trattava di autori blasonati e\o sulla cresta dell’onda che si sono venduti a prezzi esorbitanti, quindi a rigor di logica ad un prezzo minore avrebbero attirato ancora più pubblico, o di racconti brevi spacciati per romanzi venduti a prezzi irragionevoli (Baricco docet). A me non interessa avere librerie zeppe di volumi, ma di averle zeppe di PRODOTTI CULTURALI. E’ eccessivo spendere 27 euro per un volume, è vero, ma se per la traduzione, l’editing e l’impaginazione del suddetto si sono spese ore e ore di lavoro pur di raggiungere uno standard qualitativo che renderà la mia lettura indimenticabile, sono contenta di spenderlo. A mio modestissimo parere una casa editrice dovrebbe imparare a comunicare, ad aumentare il suo bacino di utenza, a “convertire” i lettori deboli. Solo così potranno uscire dalla crisi. E, infine, non dimentichiamo che un euro speso male, è sempre un euro speso.Alla prossimaDiana