Editoriale
ISIS, l’orrore regna sul Web: un altro ostaggio decapitato
La Gran Bretagna è sotto choc dopo la decapitazione da parte dei militanti dell’Isis del volontario scozzese David Haines e attende con il fiato sospeso la sorte di un altro ostaggio, Alan Henning, un tassista padre di due bambini recatosi in Siria sempre a scopi umanitari. Al summit di Parigi, svoltosi nei giorni scorsi, è stato ribadito ancora una volta - come già avevano affermato il primo ministro David Cameron e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama - che gli autori dell’omicidio non sono musulmani, ma mostri. Ricordiamo che la decapitazione di Haines è avvenuta dopo quella dei due giornalisti americani James Foley e Steven Sotloff. Ma Twitter ha trasmesso un’altra immagine agghiacciante: è quella di una studentessa inglese che si è convertita all’islam con il nome di battaglia Usama: la donna si è fatta ritrarre tenendo in mano una testa mozzata. Questo il suo commento: “È il lavoro che ho sempre sognato: fare il medico al servizio della causa dei Jihadisti”. Il messaggio è chiaro e non si presta a equivoci di sorta: il Califfato avverte che, se l’Occidente si mobiliterà in Medio Oriente, l’Isis continuerà a decapitare gli ostaggi in suo possesso. Intanto il segretario di Stato americano John Kerry ha raccolto durante il suo giro di visite nelle principali capitali arabe l’adesione di 10 Paesi favorevoli a un’azione militare volta a contrastare la formazione di uno Stato islamico in quella regione. Ma questo non significa che siano tutti pronti a bombardare o a mandare le proprie truppe a combattere nelle province siriane e irachene controllate dal califfo Al Baghdadi. Si parla di addestratori, di armi, di aerei per la ricognizione, di agenti di intelligence come pure di aiuti economici, tende per la Croce Rossa e medicinali. È in quest’ultima direzione che si ta muovendo anche la Caritas Internazionale: no a un’intervento militare, sì alla raccolta di aiuti umanitari prendendo le distanze dai governi che riforniscono le armi ai combattenti di quell’area. Non dimentichimo infatti che è a rischio oggi la presenza millenaria dei cristiani in Medio Oriente: già nella striscia di Gaza i palestinesi cristiani si sono ridotti a un quinto. Dice il card. Maradiaga: “La pace non può essere imposta dall’esterno, ma deve nascere dall’interno sulla base della democrazia e della giustizia sociale che devono accomunare tutte le persone abitanti in quei territori".