A sentire poi diversi antiberluscones, addirittura sarebbe stato il Cavaliere a portare l’Italia sull’orlo del collasso. Ma come è mai possibile che esista gente che propini e diffonda simili assurdità e ci sia gente che addirittura queste assurdità se le beve come un bicchiere d’acqua fresca? Eppure basterebbe un po’ di materia grigia per apprendere quali siano i motivi profondi e veri che hanno ridotto il nostro paese in condizioni disperate. Vi illustro i principali.
Prima di tutto, l’Italia ha un’apparato burocratico elefantiaco. E non intendo parlare di Jumbo, ma di una mandria sterminata di elefanti di grande stazza. Un’apparato dunque che assorbe – soprattutto al capitolo stipendi e privilegi – miliardi di euro all’anno, i quali naturalmente dovranno essere sborsati puntualmente. E ci sono essenzialmente due modi per mantenere un simile apparato burocratico: a) attraverso l’imposizione fiscale; b) attraverso il ricorso al debito pubblico (titoli di Stato), il quale genera interessi su interessi passivi per lo Stato.
In secondo luogo, l’Italia offre servizi da Stato sociale costosi (per la collettività), ma allo stesso tempo, inefficienti ed eccessivamente diffusi. Servizi che in tempo di crisi non potrebbe generalmente permettersi. È un po’ come se una persona che brama un piatto di riso alla fine si indebitasse e utilizzasse il denaro per comprarsi un Iphone. È chiaro, a questo punto, che il debito non solo non ha risolto il problema della (sua) fame ma lo ha persino acuito, non volendo lo sprecone rinunciare all’oggetto del proprio desiderio consumistico.
In terzo luogo, in Italia prevale la logica degli interessi di corporazione (sindacati, partiti, magistratura, notariato, avvocatura, imprenditori, dipendenti pubblici ecc.) e non già la logica degli interessi dell’intero popolo italiano. Così capita che nessuna corporazione vuole rinunciare al proprio status, ai propri privilegi, alle proprie rendite di posizione, al proprio potere e ai propri agi e alla propria influenza sui consociati. Da qui, l’obbligo di mediare per trovare soluzioni condivise. Da qui il risultato di politiche sociali ed economiche se non nulle, assolutamente inefficienti, blande e palliative.
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E ora economia e scienza delle finanze di base. Se una persona spende e spande più di quanto è in grado di guadagnare, cosa succede? La strada è questa: si indebita e “fallisce” (il termine in questo caso è utilizzato in modo “atecnico”). I suoi beni vengono venduti e il ricavato viene distribuito ai creditori. Ecco, lo Stato italiano è a questi livelli. È questo il cosiddetto “orlo del baratro” di cui parlano gli antiberluscones. I quali però omettono una serie di dati essenziali. Primo: a differenza di una normale persona, lo Stato non può realmente fallire, potendo fare ricorso all’imposizione fiscale e al debito pubblico. Secondo: comunque sia, un aumento dell’imposizione fiscale genera altra spesa (in termini di sforzo pubblico in più) e il debito pubblico genera interessi passivi che vanno a sommarsi al debito da spesa pubblica, al debito obbligazionario (da titoli di credito) e ai correlati interessi passivi. Il tutto in un circolo vizioso dove spesa e debito pubblico aumentano di pari passo, fino a livelli stratosferici (caso Italia).
La logica dunque vorrebbe che si seguisse la strada della persona oculata e risparmiatrice, la quale in tempo di crisi non si compra l’Iphone, ma risparmia e taglia gli sprechi (magari la pizza il sabato sera, il capo firmato o la settimana bianca a Natale). Tradotto in termini pubblici: lo Stato, anziché aumentare la pressione fiscale e ricorrere prevalentemente al debito pubblico per coprire le spese, dovrebbe tagliare queste ultime e i correlati sprechi e privilegi; dovrebbe dunque ridurre il carico burocratico, dovrebbe eliminare i rami secchi, le amministrazioni inutili che generano spese e dovrebbe dare nuovo impulso all’economia, anziché opprimerla con nuove tasse.
E ora la domanda fatidica: come si è giunti a questo circolo assurdo nel quale lo Stato Italiano spende e spande più di quanto possa permettersi e finanzia tali sprechi e tale spesa con una imposizione fiscale esagerata e con un debito pubblico da terzo mondo? Siamo certi che la causa sia proprio il Cavaliere? O magari, invece, le sue radici sono molto più profonde e toccano certe politiche del passato di sinistra memoria? La risposta non è agevole (la variabile italiana è peculiare), ma ve la voglio sintetizzare in un paio di domandine chiave.
Prima domanda, quali sono le forze politiche e sociali tifose della spesa pubblica e del guadagno come “peccato sociale” da taglieggiare con un fisco esoso per finanziare la spesa pubblica e il debito pubblico? La risposta è semplice: le forze di sinistra, le quali non concepiscono l’idea di uno Stato leggero e liberale, ma uno Stato elefantiaco, burocratizzato e pesante. E questo essenzialmente per tre motivi: per distribuire benefit elettorali ai propri consociati, per garantirsi l’egemonia politica e sociale nel paese e per creare dipendenza del cittadino dalle istituzioni (da loro controllate). Seconda domanda: quali sono le forze politiche che hanno buttato alle ortiche la lira per sposare l’euro germanico, con tutto quello che ne è conseguito in termini di produttività e fisco? In altre parole, chi ha firmato i vari trattati che ci han legati mani e piedi all’Europa dei banchieri e dei burocrati? Anche qui la risposta è assai semplice: le forze di sinistra. La storia non dice bugie. È sufficiente andare a rileggersi chi sono stati i ministri sottoscrittori dei vari trattati europei per rendersene pienamente conto.
Riassumendo. L’Italia è un paese con le pezze al culo. E lo è per vari motivi: mantiene un apparato burocratico e uno stato sociale che non può permettersi. Non taglia parimenti gli sprechi e i privilegi che non può permettersi. Per pagare (e questa è ancora più assurdo), utilizza una moneta non propria che fornisce un aggio ai banchieri che controllano la BCE. Il suo debito pubblico viene parametrato alla solvenza del debito pubblico tedesco, che si basa su una economia che ha tratto solo vantaggi dall’Euro a danno dell’economia italiana e degli altri paesi europei. E tutto questo perché? Perché qualcuno in passato ha voluto a forza l’Italia nel club esclusivo dell’euro e dell’Europa, senza che l’Italia potesse permettersi né l’uno e nell’altro. Detto in termini semplici: ci siamo messi il cappio al collo non oggi, né ieri, né l’anno scorso, ma anni fa, quando il nostro paese ha aderito all’euro e non ha rinunciato alle proprie politiche dissennate di chiara matrice socialista. La crisi odierna, perciò, era una crisi annunciata, il cui pericolo è stato abilmente occultato.
In questo contesto – che ho cercato di riassumere in poche righe (sulla questione si potrebbero scrivere un paio di tomi) – attribuire strumentalmente al Cavaliere tutte le responsabilità di un’Italia sull’orlo del collasso, è davvero assurdo ed è fuori da ogni realtà. Se mai esistesse un politico che ha meno responsabilità per il macello in cui viviamo, paradossalmente questi è proprio lui. Magari egli avrà altre responsabilità (sulle quali non discuto), ma non certo questa. Purtroppo però viviamo in un paese nel quale la mistificazione dell’informazione è l’ulteriore dato negativo che si associa a quelli più su elencati e che contribuisce non poco a danneggiare gli italiani nelle loro scelte fondamentali. Se gli italiani comprendessero pienamente le responsabilità decennali dell’intera classe politica che li governa, probabilmente nessuno dei politici che oggi predicano (a torto o a ragione) l’antiberlusconismo (e non solo loro) si salverebbe dall’ira del popolo italiano.