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Il ritorno di coach Peterson: "Ammaliato dal richiamo della foresta"

Creato il 05 gennaio 2011 da Mariellacaruso

Chissà se chi oggi lo chiama ‘Nonno Dan Peterson’ e sorride di sottecchi di fronte all’arzillo quasi 75enne che stasera alle 20 al Mediolanum Forum tornerà in campo dopo 23 anni da capo allenatore dell’Armani Jeans dovrà ricredersi. Di sicuro a salutarlo ci sarà il calore di quei tifosi biancorossi che non lo hanno dimenticato e che coach Peterson, una leggenda per l’Olimpia per quei 4 scudetti, due coppe Italia, una Korac e una Coppa dei campioni conquistati negli anni ’80, nel giorno della presentazione ufficiale, ha citato continuamente.
Non sarei tornato per nessun’altra società e per nessun altro pubblico. Spero che domani i tifosi siano in tanti perché la squadra avrà bisogno della loro energia”, ha confessato Peterson pronto a dichiararsi in preda “all’emozione del debuttante e con l’adrenalina alle stelle” sin dal momento della proposta di tornare a sedere sulla ‘sua’ panchina.
Non potevo dire no a una cosa del genere. Sono onorato e sento una grande responsabilità”, ha spiegato raccontando, con malcelata ironia, di aver ricevuto la telefonata del presidente dell’Olimpia, Livio Proli, mentre stava andando all’Enpals per risolvere alcune questioni connesse alla propria pensione. In realtà Dan Peterson in pensione non c’è mai andato. “Vecchio? Sono nato un anno e un giorno dopo Elvis Presley e lui è ancora di moda – ha teorizzato -. Se mi sento in grado di affrontare questa avventura è perché a Venezia mi hanno coinvolto come consulente e perché prima Sky e poi Sportitalia mi hanno permesso di tenere sempre la pagaia nell’acqua”.
Acqua che potrebbe diventare molto torbida. “So cosa rischio, mi rendo conto che sarò il bersaglio: potevo starmene in casa col telecomando in mano ma ogni tanto arriva il richiamo della foresta. Questo per me lo è stato”, ha detto con la naturalezza del ‘nano ghiacciato’, il soprannome coniato per lui al suo arrivo a Milano da un giornalista a causa della “pressione bassa che mi aiuta a stare bene: non bevo, non fumo e faccio una vita normale”. Con la stessa naturalezza rifiuta l’etichetta di ‘traghettatore’ che qualcuno gli aveva già affibbiato. “Non sono qui per fare il traghettatore, sono qui per vincere, una partita alla volta, da Caserta (l’avversaria di oggi, ndr) in poi. Il contratto di un anno per me è sempre stata la scelta giusta, ho sempre preferito riflettere a bocce ferme coi presidenti alla fine del campionato”, ha ribadito giusto per essere chiaro.
Del resto a 74 anni e 359 giorni (“Mi hanno detto che sono nato lo stesso giorno dell’Olimpia, il 9 gennaio 1936”) può permetterselo. “Non aspettatevi rivoluzioni – continua Peterson -: io sono anti terremoto e schiavo della semplicità convinto come sono che il basket è più arte che scienza”. Di sicuro però “voglio vedere i giocatori dare il massimo perché i tifosi vogliono vedere una squadra che sputa sangue in campo”. Come quella che aveva a Milano negli anni ’80 con i Meneghin, i Pittis: “Li ho sentiti tutti in queste ore, sono tutti molto coinvolti perché quando l’Olimpia ti entra nelle vene non ti esce più”.
(La mia visione del ritorno in panchina di Dan Peterson scritta per Italpress)

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