Il ritorno di margite 2

Creato il 02 gennaio 2014 da Marvigar4

Marco Vignolo Gargini

IL RITORNO DI MARGITE

RACCONTO

“Giunse a Colofone un vecchio e divino cantore,
servitore delle Muse e del lungisaettante Apollo,
tenendo nelle mani la lira dal dolce suono.
Sapeva molte cose, ma le sapeva tutte male.
Né zappatore, né aratore gli dèi lo fecero,
né in altra cosa sapiente; ma in ogni arte falliva.”
Margite, Pseudo-Omero o Pigrete di Alicarnasso

II

Dentro un ampio capannone ubicato in una località segreta si svolgevano le operazioni per aprire la misteriosa cassa di legno recuperata sulle Alpi. L’industriale era accorso per godersi lo spettacolo, se ne stava seduto su di una poltrona fatta portare appositamente e sgranocchiava caramelle in continuazione, le sue caramelle. La squadra di operai lavorava con molta delicatezza intorno alla cassa, usava dei mezzi sofisticati dell’ultima tecnologia: laser speciali, rilevatori precisissimi di metalli e apparecchiature in grado di individuare e descrivere la presenza di organismi d’ogni tipo. Minuto dopo minuto prendeva corpo la certezza di una scoperta sensazionale: nella cassa c’era un uomo, di statura notevole, che dava addirittura piccoli segni di vita.

«Confermo. L’organismo ha un’attività cerebrale, e cardiaca… Non è morto!»

«Confermo anch’io. Non solo, posso perfino stabilire che il corpo qui contenuto è umano e risale più o meno a ventisette secoli fa!»

Gli annunci dati dagli esperti fecero esplodere l’entusiasmo dell’industriale che, per l’esultanza, cascò dalla poltrona e rimase a gambe levate. Il Professor Venosti voleva apparire serio, non si lasciò andare, ma il tremolio agli angoli della sua bocca tradiva un’emozione gigantesca. Agostino si mangiava le unghie nervosamente.

Arrivò il momento magico: la serratura ora poteva essere aperta e la cassa scoperchiata…

«Alt!», gridò l’industriale interrompendo l’inizio dell’operazione decisiva, «Vorrei dire due parole prima di vedere la fantastica creatura. Sono orgoglioso di voi tutti, e vi posso anticipare che sarete ricompensati… con la gloria che spetta di diritto a chi ha contribuito alla realizzazione di questa storica scoperta.»

«E i soldi?», si alzò timida una vocina.

«Chi ha parlato?», urlò l’industriale indispettito.

«Io…», era Agostino.

«Ah, è lei! L’aiutante del Professor Venosti! Benissimo. Qui siamo davanti a un evento storico eccezionale che non ha prezzo e lei si abbassa a tal punto da pensare al vil denaro.»

«La gloria è bella, commendatore, però con la pancia vuota è un po’ meno bella…»

«Ah, ah, ah, che simpaticone! Stia tranquillo, non ha lavorato gratis. Avrà il suo premio… se saprà sfruttare il clamore suscitato dalla scoperta. Da qui in poi comincia un’altra avventura.»

«Mi perdoni, commendatore…», intervenne il Professor Venosti, «Non voglio essere indiscreto. Il mio spirito pratico mi consiglia di non mettere il carro davanti ai buoi. Sarebbe meglio innanzitutto aprire la cassa e in un secondo tempo affrontare gli aspetti…»

«Professore, sono io ad avere più spirito pratico di lei, e so anche che, comunque vada, sarà un successo. IO sono nato vincente! Non lei! Si ricordi che NESSUNO era disposto a scommettere un euro per la sua spedizione archeologica e l’unico a credere in questa folle impresa sono stato IO. Quindi, non dica scemenze e dia retta a me. Faremo quello che dovrà essere fatto. Lei si tenga a disposizione per raccogliere i frutti del suo lavoro… ma i patti li stabilisco IO!»

Un silenzio di tomba scese all’interno del capannone. L’industriale aveva “congelato” tutti con il suo tremendo vocione.

«Allora? Vi siete bloccati? Razza di rammolliti, che aspettate ad aprire quel baule?»

Come gli schiavi dell’antico Egitto che costruivano le piramidi, gli operai si rimisero subito al lavoro dopo questa “frustata” e scoperchiarono la cassa.

Dentro riposava un uomo piuttosto alto, con un abito candido di lino, una specie di tunica, aveva barba e capelli lunghi, entrambi bianchissimi; vicino al corpo si trovavano ben conservate una lira, l’antico antenato della chitarra, e una corona d’alloro.

«La lira dovrebbe essere lo strumento degli antichi cantori, e l’alloro è la pianta sacra ad Apollo…», esclamò il Professor Venosti.

«Allora questo tipo è un greco!»

«Credo proprio di sì, commendatore.»

«E che ci fa un greco sulle Alpi? L’Uomo di Similaun era assai più vecchio e viveva in quei posti, un vero montanaro. Questo tizio qua invece doveva vivere in Grecia, e poi il vestito che indossa mi sembra troppo leggero per un clima così freddo… Cosa ne pensa, Professore?»

«Lei, commendatore, ha perfettamente ragione. È un vero mistero questo ritrovamento. Non ha senso…»

«MaaaMaaa…», mormorò l’uomo nella cassa.

«È vivo e chiama la mamma!», gridò Agostino.

«Stia zitto, imbecille! È un verso di una lingua sconosciuta.»

«MaaaMaaaaa…»

«Lo sente, commendatore? Chiama la mamma!»

L’uomo era stato svegliato dalle urla del commendatore dopo un sonno di ventisette secoli. Adesso aveva gli occhi aperti, però non si era ancora mosso per alzarsi. Squadrava con un’aria un po’ turbata le persone che aveva davanti, in seguito si accorse di essere dentro una specie di sarcofago e allora il suo volto si fece molto triste. Alzò timidamente un braccio come per chiedere aiuto.

«Poverino, non riesce ad uscire dalla cassa. Diamogli una mano. Chissà com’è stanco!»

«Lei, caro Agostino, apre bocca per dire solo delle stupidaggini. Sono quasi tremila anni che dorme e secondo lei sarebbe stanco!»

«MaaarMaaar…»

«Ecco, ora cosa sta dicendo? Chiama la mamma?»

«Veramente… Può darsi che, è una mia impressione… Può darsi che parli del mare.»

«Del mare? Lo abbiamo pescato sulle Alpi e parla del mare? Va bene, Agostino, va bene, faccio finta di non aver sentito.»

«Maaar… Maaar… Maaarghites!», disse ad alta voce l’uomo dentro la cassa mentre stava tentando di tirarsi su.

«È greco?»

«Dunque, commendatore, da quello che ho potuto ascoltare m’è parso che lui volesse dire, ma non ne sono certo, una cosa tipo “Margite”.»

«E che significa?»

«Eeego Marghites eimi!»

«Ma sì! Dice di essere Margite!»

«Allora questo coso si chiama Margite? Che buffo nome. D’altronde anche la sua faccia è buffa.»

«Sy gheròn kakòs!»

«Oddio, ce l’ha con me? Mi guarda male e con il dito m’ha puntato… Che ha detto, Professore?»

«Ehm, è sicuro, commendatore, di voler sapere quello che ha detto Margite?»

«Le ordino di tradurre!»

«Avrebbe detto, ma non sono poi così convinto, e poi può darsi che non si riferisse a lei…»

«Tagli corto, Professore, e traduca!»

«Ha detto che lei è un vecchio malvagio…»

«Ah, ah, ah, che simpaticone! Gli piace scherzare alla mummia.»

«Non è una mummia! Un po’ di rispetto.»

«Agostino, lei mi è diventato antipatico. Se ne vada! Non abbiamo più bisogno di lei.»

«Ma io…»

«Fuoooriii!»

A questo punto Margite schizzò fuori dalla cassa e assalì l’industriale con una veemenza sorprendente. Lo voleva strangolare.

«Aiutooo!»

I due furono divisi dopo una breve colluttazione, l’industriale per poco rischiò di morire soffocato dalla terribile morsa delle mani di Margite.



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