Il ritorno di margite 6

Creato il 10 gennaio 2014 da Marvigar4

Marco Vignolo Gargini

IL RITORNO DI MARGITE

RACCONTO

“Giunse a Colofone un vecchio e divino cantore,
servitore delle Muse e del lungisaettante Apollo,
tenendo nelle mani la lira dal dolce suono.
Sapeva molte cose, ma le sapeva tutte male.
Né zappatore, né aratore gli dèi lo fecero,
né in altra cosa sapiente; ma in ogni arte falliva.”
Margite, Pseudo-Omero o Pigrete di Alicarnasso

VI

Con un sorriso a trentadue denti Riccardo Hauser aprì il suo programma Il video sono io presentando l’attrazione della serata, Margite, opportunamente accompagnato dall’industriale e dal Professor Alirio Venosti. Agostino se ne stava triste dietro le quinte.

«Care amiche e cari amici dell’intero pianeta Terra, eccoci qua per una scintillante, sensazionale, irripetibile puntata de Il video sono io. Siamo riusciti ad avere l’esclusiva di questo avvenimento che vi terrà incollati davanti ai teleschermi…

Signore e signori ho l’onore di ospitare nel mio studio l’uomo più antico del mondo, una persona che è stata ritrovata viva dopo duemilasettecento anni, secolo più secolo meno. È di origine greca, e si chiama Margite! Un applauso per Margite!»

Il pubblico si spellava le mani, non c’era bisogno della scritta lampeggiante “Applausi”. Per un minuto Riccardo Hauser rimase fermo, impalato, con il suo proverbiale sorriso, aspettando che il pubblico terminasse la sua ovazione.

«Lo sapevo che avreste accolto con calore questo personaggio straordinario, il vanto della nostra trasmissione e della nostra scienza! Insieme a Margite sono venuti il commendatore Nedo Chicchi, che è il finanziatore della spedizione archeologica che ha permesso questa strabiliante scoperta. Un applauso per Nedo Chicchi!»

Stavolta il pubblico si dimostrò un po’ freddino.

«L’altro ospite è il Professor Alirio Venosti, archeologo di fama internazionale, che con la ricerca ispirata dal suo alto ingegno ha localizzato il punto esatto dove si trovava Margite. Sì, carissimi telespettatori, con i vostri occhi potete vedere l’uomo che ha estratto dal ghiaccio Margite. Un applauso per il Professor Alirio Venosti!»

Tutti applaudivano con vero entusiasmo, l’archeologo si alzò in piedi per ricevere l’omaggio del pubblico e se non ci fosse stato l’industriale a tirarlo per la giacca il Professore non si sarebbe più seduto. Ad Agostino venne da ridere osservando quella scenetta.

«E siccome Margite è un greco, seppur antico, abbiamo qui l’ambasciatore della Repubblica Greca, Leonidas Christodoulos, che porgerà i saluti del paese ellenico e del Presidente greco al suo illustre concittadino. Un applauso per l’ambasciatore Christodoulos!»

Altra ovazione e musichetta di rito.

«Molto bene. Io direi di iniziare subito con la star del momento, il nostro uomo venuto dal passato. Allora, Margite, ci dica cosa ne pensa di questo mondo che lei ha visto per la prima volta.»

«Mi sento frastornato, ancora devo fare l’abitudine a tutte le novità. Qua da voi è una sorpresa continua.»

«Giusto. Molto è cambiato da quando lei si è “addormentato”. Ma mi interessa sapere se pensa che questo mondo sia migliore di quello che ha lasciato.»

«Oh, è troppo presto per dirlo. Non lo conosco perfettamente. Di sicuro avete un mucchio di cose divertenti. Da noi ci si annoiava di più…»

«Ed è per questo che si è addormentato?»

Risate generali del pubblico, dell’industriale, del Professore. L’unico a non ridere fu Margite.

«Perché fanno così?»

«Non si preoccupi, loro la trovano molto simpatico.»

«Ah, meno male. Sa, un tempo i miei ascoltatori mi accoglievano in questo modo, ma solo in principio, poi, purtroppo, cambiavano umore e diventavano cattivi.»

«Interessante. Vuole spiegarci cosa succedeva esattamente?»

«Io sono un divino cantore, ispirato da Apollo e dalle Muse. I miei contemporanei volevano sentire la mia musica, la mia voce. Io li accontentavo. Ed erano immediatamente felici… Se però continuavo a cantare la loro felicità si tramutava in violenza. Il problema è che non bisogna abusare dell’arte degli dèi, altrimenti gli uomini impazziscono. Voi forse siete più pronti ad ascoltare la musica celestiale, sicuramente siete più saggi.»

«E noi vogliamo ascoltare questa musica celestiale! Non è vero?»

Un coro di approvazione si alzò nello studio televisivo, la curiosità di sentire cantare Margite era infinita. Il Professore dava segni di disagio, Agostino sudava freddo e sperava di non assistere alla rovina del suo “vecchio” amico.

In un silenzio rispettoso, i riflettori, le telecamere, ogni sguardo, ogni orecchio erano concentrati su Margite, il quale prese la sua lira, si infilò la coroncina d’alloro in testa, e, con un ampio gesto della mano, dette inizio alla sua esibizione… La canzone era un ammasso di suoni striduli e assurdi prodotti pizzicando qua e là le corde della lira, la voce stonatissima di Margite completava l’orribile performance. Veniva ripetuta la stessa frase, in greco antico, con gorgheggi che sembravano gargarismi: “Ho bìos ton antropon doròn esti ton theon!”, che tradotto significa che la vita degli uomini è un dono degli dèi…

Un trionfo! La gente non smetteva di ridere, applaudire, anche fischiare, in preda all’eccitazione più sfrenata. Riccardo Hauser non stava nella pelle, il suo spettacolo sarebbe sicuramente passato alla storia. Difatti, telefonate, messaggi sms, e-mail, lettere, cartoline sommersero l’emittente televisiva provenienti da tutto il mondo. A furor di popolo Margite fu imposto come ospite fisso della trasmissione Il video sono io e uno dopo l’altro nuovi contratti vennero firmati, tra cui quello che avrebbe portato Margite a presentare il Festival di Sanremo. I discografici lottarono furiosamente per far registrare quelle canzoni disgustose. La spuntò una casa di produzione giapponese, che sborsò una cifra pari a centocinquanta milioni di euro. L’industriale di caramelle, Nedo Chicchi, manager di Margite, ingrassava a vedere la montagna di soldi che cresceva giorno dopo giorno. Anche i capi di stato, i regnanti, nessuno escluso, facevano a gara per conoscere la celebrità del momento: ognuno tentava di ospitare l’uomo antico, facendosi fotografare insieme a lui, mostrandolo durante gli incontri pubblici, e fu così che Margite apparve a Washington, alla Casa Bianca, a Londra in Buckingham Palace, a Mosca al Cremlino, a Parigi all’Eliseo, a Roma al Quirinale, a Pechino in Piazza Tien An Men, eccetera, eccetera. Fece eccezione il Pontefice, che si mostrò indifferente alla notizia e non invitò il greco antico. Mah, forse non gradiva il fatto che si trattasse di un devoto di Apollo, uno degli dèi “falsi e bugiardi”… E i politici? I conservatori sostenevano che Margite rappresentava la tradizione giunta immutata fino a noi, con i suoi valori legati a Dio (Apollo), alla patria (l’orgoglio di appartenere alla civiltà greca) e alla famiglia (qui il riferimento era meno chiaro). I progressisti invece ribattevano che Margite, in quanto testimone e martire del nuovo, della libertà di espressione, della difesa dei diritti inalienabili della persona, era stato perseguitato e costretto dalla classe politica conservatrice a “dormire” per ventisette secoli.

La lunga veste di lino indossata da Margite diventò la nuova moda nel campo dell’abbigliamento; le grandi industrie di strumenti musicali produssero milioni e milioni di lire, sul modello di quella posseduta da Margite; e la corona d’alloro la si vedeva un po’ ovunque, sulla testa dei bambini, degli adulti e degli anziani.

In breve la Margitemania invase il pianeta Terra.

Si avverò il progetto del commendatore: Hollywood chiamò a raccolta le più grandi attrici, i più grandi attori, il regista considerato il migliore sulla piazza, e fu girato il film Il ritorno di Margite (Margites is back). Era un kolossal pieno zeppo di effetti speciali ambientato nell’antica Grecia con una trama di contenuto storico completamente inventato: Sparta e Atene si trovavano in guerra fra loro, i Persiani si divertivano a seminare zizzania per indebolire le due città greche, ma alla fine il dio Apollo richiamò dal futuro il suo ambasciatore che era sopravvissuto per 27 secoli, Margite, e i Persiani, di fronte al miracolo e alla saggezza dell’inviato di Apollo, si vergognarono della propria perfidia, contribuendo a rappacificare Sparta e Atene. Non mancava un’esibizione canora, ovviamente ripulita e adattata.



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