Il ruolo dei romanzieri

Creato il 21 maggio 2011 da Mdalcin @marcodalcin

David Randall, giornalista, opinionista di Internazionale e autore del manuale ‘Il giornalista quasi perfetto’, un paio di anni fa ha dichiarato in un articolo provocatorio di non leggere più romanzi, non li legge perché li trova del tutto inutili. Randall sostiene che la realtà descritta dai saggi sia infinitamente più fantasiosa e allo stesso tempo utile di quella farraginosa descritta della moltitudine di romanzi pubblicati quotidianamente. Ecco cosa scrive Randall:

“Ero seduto nella mia stanza a leggere un romanzo, quando all’improvviso mi venne in mente che avrei usato meglio il mio tempo leggendo un libro di storia, la materia in cui mi stavo laureando. Misi da parte il romanzo e da allora non ne ho più aperto uno. Per quanto possa sembrare strano, ne ero convinto, e lo sono ancora. M’interessano solo le cose successe veramente, e non ho voglia di leggere storie inventate”

“Il Giornale” in un articolo a chiusura del salone del libro di Torino, rende noti i dati delle presenze alle varie presentazioni tenute durante il salone:

Moccia 32 persone; Antonio Scurati con Alessandro Bertante e Tommaso Pincio: semideserto. Paolo Nori: deserto. William Vollmann: deserto.”

Le cose cambiano, anzi si capovolgono, se dagli scrittori di narrativa passiamo ai saggisti:

“Piergiorgio Odifreddi: esaurito. Vito Mancuso: esaurito. Eugenio Scalfari: pienone. Gustavo Zagrebelsky ed Ezio Mauro: pienone. Alberto Asor Rosa ed Enzo Bianchi: pienone. Umberto Eco: esaurito. Micromega: esaurito. Vittorio Sgarbi: esaurito. Dario Fo: pienone. Giuliano Amato: esaurito. Cambiando genere. Margherita Hack: esaurito. Alberto Angela: esaurito. Luciana Littizzetto: esaurito. Gianantonio Stella e Sergio Rizzo: esaurito. Eve Ensler, Lella Costa, Lunetta Savino: esaurito. Mario Calabresi: esaurito. Hans Kung: esaurito.”

I dati parlano chiaro, i lettori sentono sempre più l’urgenza di comprendere il mondo e trovano nella forma “saggio” uno strumento migliore. Forse anche a causa della “confusa” situazione politica che sta attraversando il nostro paese, gli italiani sentono il bisogno delle cosiddette “orazioni civili” per fare massa, rinserrare le fila; insomma, e come se non ci fosse tempo da perdere con la letteratura, molto meglio informazioni certe, dati, strumenti pronti da poter usare nella vita di tutti i giorni.

Generazione TQ nasce da questa esigenza, scrittori (romanzieri) tra i trenta e i quaranta anni che percepiscono (e soffrono) la loro impotenza, la loro incapacità di incidere sulla realtà. E si lamentano di questo. Vorrebbero più potere, più visibilità, vorrebbero contare di più (a parte che alcuni nomi sono davvero stranoti).

Ci sono molti modi per essere utili in società, ma se sei uno scrittore, a mio avviso, devi accettare il tuo ruolo subalterno, la tua condizione di “esule in patria”, sempre contrario allo status quo. L’intellettuale vero non può che essere anarchico. Non può accampare diritti, deve solo dire la verità, che sia ascoltato o meno.

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