Ma tornando a bomba, al Romeo e Giulietta o, meglio, al protagonista mancato della tragedia, Mercuzio. Shakespeare aveva sperimentato la figura del Fool nelle commedie precedenti, in particolare in Pene d’amore perdute e I due gentiluomini di Verona, le cui stesure furono in parte contemporanee al Romeo e Giulietta. Con Mercuzio, l’ambizioso bardo di Stratford volle tentare un’operazione che gli riuscì solo più tardi con Falstaff ed Amleto: creare un personaggio slegato dagli schemi e dotato di una personale e profonda psicologia, con l’ulteriore dote delle qualità del fool. L’esperimento riusciva bene, tanto bene, troppo bene. Il personaggio prendeva la mano al drammaturgo, giganteggiava sulla scena. Ma era la tragedia di Romeo e Giulietta, non la commedia di Mercuzio; ritardare l’uscita di scena, anche violenta, del personaggio, avrebbe destabilizzato totalmente il senso della tragedia che aveva, come tema portante, l’amore impossibile che affronta l’odio, ma lo vince solo dopo esserne stato travolto: una variazione sul tema, tanto caro a Shakespeare, della catarsi di sangue. Falstaff, nell’Enrico IV, fu più fortunato di Mercuzio: aveva una spalla nobile, l’erede al trono, e questo consentì di portare a termine il doppio dramma su due binari: quello ufficiale del Re e quello foolish del titanico cazzone, del principe e dei loro compari. Solo con la salita al trono del redento principe scapestrato come Enrico V, Sir John divenne ingombrante e venne fatto fuori, salvo venir riesumato, a furor di regina e di popolo, in un Masque di corte e successivamente nella commedia Le allegre comari di Windsor, in un’ambientazione bucolica, senza più alcuna relazione con i processi dinastici.
Il sacrificio di Mercuzio fu doloroso e doveroso. Provate a immaginarvi che ne sarebbe stato del pathos della tragedia con l’irrefrenabile spirito libero ancora in campo con i suoi rigogliosi funambolismi verbali. I tragici equivoci che portarono alla morte dei due giovani amanti sarebbero stati ridicolizzati, perdendo ogni credibilità. La più umana delle tragedie shakespeariane sarebbe diventata una farsa, con Mercuzio a far da mattatore e gli altri personaggi trasformati in fantasmi caricaturali. Non c’era più tempo da perdere: Mercuzio doveva morire per lasciare che la tragedia si compisse.
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