IL SAGGIO DI RUSSIA – Intervista in esclusiva ad Aleksandr Dugin

Creato il 05 ottobre 2011 da Conflittiestrategie

(trad. di A. Fais)

I valori della Russia impongono che la giustizia sia più importante della libertà, che la collettività sia più preminente dell’individualità. La Russia non è un Paese, è una forma di civilizzazione.

Negli anni Novanta, quando le stanze del Cremlino erano piene di accademici dell’Ivy League occidentale (per lo più americani), intenti ad elargire “preziosi” consigli ad un ebbro Eltsin e lo stato maggiore del Cremlino era impegnato a stabilizzare la decadente economia russa, e mentre tutto intorno la società russa era inghiottita nel caos, un uomo stava parlando di una nuova Grande Russia che sarebbe potuta nascere dalle ceneri dell’Unione Sovietica: Aleksandr Dugin. A quel tempo, vi fu solo qualche isolata attenzione per la sua retorica. Era un “predicatore” nel deserto. Persino negli Stati Uniti, nessuno aveva mai sentito parlare di Aleksandr Dugin. Allora, i lobbisti russi filo-occidentali ne sminuivano l’immagine al punto da considerarlo niente più che un folle con strambe idee. Quei giorni sono ormai molto lontani. Dugin è oggi un rispettato filosofo che possiede, secondo alcune indiscrezioni, le orecchie e gli occhi del Cremlino. È un uomo con una profonda capacità d’analisi dell’arena geopolitica, soprattutto per quanto riguarda gli interessi della Russia. Oggi negli Stati Uniti, ci sono personaggi che guardano da molto vicino tutto ciò che Dugin sta facendo e dicendo. Il suo comportamento viene osservato, specialmente da alcuni dei circoli e dei gruppi di intelligence risentiti e coinvolti dall’approccio anti-liberale ed anti-occidentale di Dugin. Egli non è più una figura sconosciuta negli Stati Uniti. Diversi articoli sono stati redatti a proposito della personalità di Dugin e del suo sistema di pensiero. Senza dubbio, c’è una minima comprensione fra gli intellettuali ed i media occidentali a proposito dell’ideologia di Dugin. Egli è stato descritto in molti modi e in diverse maniere. Qualche volta questi si riferiscono a lui come ad un fascista, qualche volta come ad un bolscevico, un oratore del Cremlino, un nazionalista, e così via. Tutte queste etichette denotano superficialità di giudizio e mancanza di comprensione della filosofia di Dugin.

Dugin rifiuta l’idea di un mondo unipolare dove gli Stati Uniti e l’Occidente, sotto la bandiera della Nato, siano i principali attori dello scacchiere internazionale. La lotta è contro questa forza unipolare per creare un mondo multipolare in cui la Russia si rifiuti di essere circondata dall’Atlantismo e diventi un alternativa all’egemonia degli Stati Uniti e della Nato. In questo scenario, il concetto di Eurasia diventa un’importante forza di contro-bilanciamento opposta alla forza atlantica. La premessa è che chiunque controlli l’Eurasia, controlla il mondo. Nell’ottica della sopravvivenza, la Russia deve formare alleanze al di fuori delle aree di pertinenza delle nazioni direzionate dall’Occidente. La Russia deve perciò costruire e sviluppare rapporti con soggetti alternativi che abbiano interessi analoghi, come l’Iran, il Venezuela e la Cina, per opporsi all’egemonia degli Stati Uniti. Ma attenzione: questa intento di consolidare l’idea di multipolarismo non sarà materializzato senza più vaste lotte.

Alla luce dei recenti sviluppi nel panorama mondiale, in particolare a seguito dello sconvolgimento della “primavera araba” e dell’aggressione della Nato contro la Libia, siamo interessati a conoscere il punto di vista di Dugin, in particolare la sua opinione sull’incomprensibile reazione di fronte a tali avvenimenti per chiarire il clima politico interno nella Russia attuale. Abbiamo incontrato Dugin il giorno prima che Medvedev annunciasse la decisione di Vladimir Putin di correre per le prossime elezioni presidenziali, che si terranno nel Marzo dell’anno prossimo. In questa intervista, rilasciata in esclusiva per il nostro sito Conflitti e Strategie, le parole di Dugin appaiono profetiche: “Medvedev è un uomo di scarso rilievo, docile e assolutamente controllato da Putin, una sorta di pupazzo”, anticipando in questo modo le notizie diffuse il giorno successivo dai mezzi di comunicazione.

Il successo di un mondo multipolare dipende dalle dinamiche che emergono nel dibattito interno in Russia. La “primavera araba” e l’aggressione della Nato possono apparire momentaneamente come dei successi di politica estera per l’amministrazione Obama, ma nel lungo termine, gli elementi radicali massicciamente presenti nelle forze sovversive della “primavera araba” potrebbero ritorcersi e tornare indietro come un boomerang per la politica estera degli Stati Uniti e per i sostenitori della democrazia e del liberalismo. Solo il tempo potrà dirlo.

1) Professor Dugin, quali sono le differenze che caratterizzano le opposte correnti politiche in Russia e quali sembrano poter prevalere?

Come Alain De Benoist una volta disse, le famiglie politiche si trovano in una condizione di separazione rispetto alle famiglie intellettuali. Questo è il caso della Russia odierna, così come dei Paesi occidentali. Le politiche della Russia sono un costrutto puramente formale controllato direttamente dal Cremlino. SI tratta di un autoritarismo – con i suoi pregi e i suoi difetti. Così il potere (Putin – Medvedev) non conferisce alcuna importanza alle opinioni dei partiti politici, e questi denotano gravi carenze nel campo della filosofia politica. Vladimir Zhirinovskij è una specie di pagliaccio umorista con posizioni puramente populiste, che cambiano a volte all’interno di uno stesso discorso. È completamente privo di senso. I Comunisti Russi sono il gruppo più indipendente sul piano ideologico, ma sono guidati dal falso Zjuganov, un politico privo di coraggio controllato dal Cremlino. E tutto ciò rappresenta una vera catastrofe per la Russia – il partito politico con il miglior programma è nelle mani di un opportunista e di un conformista… In queste condizioni i Comunisti sono fuori gioco, trovandosi sotto la pressione del Cremlino e guidati da un leader improprio. C’è anche un’opposizione extraparlamentare di destre liberali (Pravoeij Delo), con una concezione politica fortemente ultra-liberista e atlantista. In questo caso, c’è una vera coerenza tra la forma politica e il contenuto ideologico, ma questa forza è molto impopolare tra la gente ed è persino manipolata dai tecnocrati del Cremlino. Ora passiamo al vero potere – Putin e le persone che ruotano attorno a lui alla guida del Paese. Le loro concezioni costituiscono una mistura notevolmente contraddittoria che miscela liberalismo e occidentalismo con un forma civile di nazionalismo e di patriottismo – entrambi gravitanti attorno alla persona del leader nazionale. Vi sono due facce di queste posizioni – una interna ed una esterna. Negli affari interni, le suggestioni patriottiche vengono provocate, ma ogni intenzione di concedergli una più coerente espressione sono severamente vietate (Putin ha paura di un consistente nazionalismo e lo contrasta con la forza). Per l’Occidente, il lato liberale della visione del mondo di Putin viene sottolineato per placare gli Stati Uniti e la Nato (forse allo scopo di ottenere la restaurazione della potenza russa, o forse per una sincera fiducia dello stesso Putin nell’efficacia del modello occidentale). C’è una specie di ibrido innaturale tra un eurasiatismo patriottico ed un atlantismo filo-occidentale liberale. Questa è la vera ragione per la quale la concreta politica russa ed il partito politico serve soltanto a mascherare i poteri illimitati di Putin. Russia Unita non ha per niente un programma o una strategia, e questo vuoto e questa assoluta docilità contribuiscono a mascherare il ruolo autocratico di Putin in una falsa democrazia – “democrazia sospesa”. Il segreto di questa profana alleanza tra un nuoto nazionalismo e un liberalismo globalista e filo-occidentale risiede nelle proporzioni di ambo le componenti: è strettamente organizzato in un 50/50. Secondo il volere di Putin, nessuno deve prevalere; il bilanciamento deve restare intatto all’infinito. Questa è la sua idea più profonda, la chiave del suo personale “doppio gioco”. Nessuno è stato capace a risolvere il dubbio se Putin sia un nazionalista russo “nascosto” sotto spoglie occidentali, o se sia un globalista sotto le sembianze di un patriota. Nessuno può essere certo di chi sia Putin in verità. A volte, mi domando se egli stesso sappia chi è realmente. Dunque, la politica e la filosofia politica russe sono un po’ schizofreniche. Ciò che noi osserviamo in superficie è completamente falso. Ma la follia va più a fondo nel cuore dell’agente segreto Putin che sta giocando con l’elite politica, con il Paese, con il mondo e forse con sé stesso, un gioco malato e pericoloso. Sembra che sempre più cose nella politica della Russia stiano diventano sempre più assurde.

2) In una recente intervista, Lei ha dichiarato di aver apprezzato i primi anni della presidenza Putin, ma poi lo ha criticato per non aver completato il lavoro iniziato. Cosa intendeva?

Il lavoro perfettamente svolto da Putin è stato quello di aver salvato il Paese dopo il periodo di Eltsin. La Russia stava crollando e Putin ha fermato questo processo salvaguardando l’unità e l’ordine. Era estremamente difficile, ma ci è riuscito. Considero questo un’autentica azione eroica. Il suo carisma e il suo gradimento sono risultati decisivi in quel primo periodo per ottenere dei risultati concreti. I liberali si opposero a quel processo, ma Putin li sconfisse ed ottenne il consenso dei Russi. Più tardi, cominciò a procedere sempre più lentamente, assegnò potere a dei cinici, uomini corrotti e classi servili, si concentrò sul potere ma trascurò le strategie, i programmi ed il senso storico della missione politica. Non abdicò completamente sin da subito, ma cominciò a smarrirsi. Ora sta giocando con aspetti che non possono essere messi in gioco – la fede, la filosofia, la cultura, la ragione e il logos. Considera la società come se fosse una massa di docili idioti. È diventato una specie di tiranno che ha instaurato una dittatura sovrana anziché una dittatura commissariale, per usare il linguaggio di Carl Schmitt.

3) Per quale ragione, Putin ha sponsorizzato la candidatura di Medvedev che, a quel tempo, era un personaggio di scarso rilievo e di scarsa levatura?

Medvedev è un uomo nullo, docile e completamente controllato da Putin, una specie di pupazzo. Ha un’apparenza liberale, e perciò è chiaro che egli dovrebbe guardare ad Occidente e certamente mai guadagnerà un vero consenso in patria. Tuttavia, egli non è pericoloso e svolge una buona funzione nel paradigma del furbo gioco di Putin – l’Occidente è incantato e pieno di aspettative di fronte al nuovo Gorbaciov, e sul piano interno, non c’è confronto per figure deboli, sconosciute e liberali: i Russi odiano i liberali. Putin ritiene che questa strategia sia molto scaltra, ma io reputo che sia abbastanza stupida. Sta perdendo tempo, e nient’affatto lo sta guadagnando. Si gode le sue furbizie, ma la società continua a degradare, collassare e decadere. Forse sta sognando la riproposizione dello scenario originale dell’era Eltsin – rientrando al Cremlino dopo una fase catastrofica dei “deboli occidentalisti” per la gioia della popolazione in trionfo. O, peggio, potrebbe pensare che questo gioco attuale (col pupazzo Medvedev) sta dimostrando di funzionare benissimo, e proverà a perpetuarlo. Non vuole accettare il fatto che il Paese è ancora sull’orlo della catastrofe – l’accondiscendenza col paradigma liberale occidentale nelle questioni economiche e sociali ha condotto la situazione ad un punto critico. Non può escludersi che noi ci opporremo a Putin se egli continuerà in questa direzione. Ma tutto ciò è un problema interno della Russia. Confrontando Putin a qualunque leader politico occidentale, dobbiamo riconoscere che egli è semplicemente il migliore di tutti loro. In Occidente, la situazione è molto peggiore, dunque tutto è relativo. Noi eurasiatisti siamo in disappunto con Putin nella misura in cui si discosta dalla linea patriottica. L’idea di proporre Medvedev alla presidenza e di affidarsi maggiormente al tecnico Vladislav Surkov, rappresentano per noi un serio, e forse fatale, errore di Putin, che costerà troppo a lui e a tutti noi. Putin non dà segni di poter riprendere in mano la situazione e migliorarla adeguatamente. Non è capace di eseguire un monitoraggio della situazione. Questo è molto preoccupante e pericoloso.

4) Sentiamo spesso parlare di contrasti profondi tra Putin e Medvedev. Si tratta di una finzione o di un vero conflitto fra i due leader?

Questo punto l’ho già spiegato, ma dopo aver detto quanto già riportato poc’anzi, posso aggiungere che il gioco della disinformazione e i teatrini politici potrebbero ritorcersi contro Putin, e che il falso liberalismo e le false “contraddizioni” con la sua ombra liberale possono portare ad una reale catastrofe. Oggi è soltanto uno show, ma vivendo all’interno di una società di spettacolo, dovremmo essere preparati al fatto che il passaggio dal gioco alla realtà diventa ogni giorno più possibile. Ora il contrasto è virtuale; domani la virtualità sostituirà la realtà.

5) Uno degli elementi fondanti del programma di Putin era la riorganizzazione di una economia fondata su settori strategici per l’indipendenza e la difesa nazionale e su settori complementari. Come sta marciando il programma, che ruolo assume e con quali modalità, specialmente se paragonato alla Cina?

È indubbiamente l’idea originaria di Putin, ma sembra che ormai l’abbia accantonata, sommersa negli avvicendamenti puramente tecnici al governo ed inondata anche da una penetrante corruzione. La differenza principale con la Cina consiste nel fatto che l’economia cinese è basata su un approggio strategico agli interessi nazionali ed è guidata dal pugno di ferro di un partito comunista totalitario, o anche nazional-comunista. Esiste una strategia di lungo-termine in Cina, e niente di tutto ciò esiste in Russia, dove il paradigma occidentale liberale prevale. Dall’altro lato, l’economia russa è strutturata sulla base delle nostre risorse naturali e sulle nostre industrie, ormai completamente distrutte o dismesse. La Cina è uno Stato industriale con piccole risorse naturali. Entrambe le economie stanno provando a crescere utilizzando metodi occidentali, ma al contempo cercano di preservare la loro indipendenza. La Cina svolge il compito molto meglio. Inoltre, l’economia russa è dettata dagli ultra-liberali (Kudrin, Nabjullina, Dvorkovich, Shuvalov e così via), che sono le figure-chiave nel governo Putin.

6) Quale importanza conferisce l’attuale establishment all’ingresso nel WTO e quali condizioni è disposto ad accettare?

Io ritengo che allo stato attuale delle cose ed essendo la Russia il fornitore mondiale di risorse naturali, non c’è alcuna necessità di entrare nel WTO. Devo esprimere la mia gratitudine alla Georgia che ha ostacolato l’ingresso della Russia nel WTO. Questo danneggerebbe l’economia russa e rafforzerebbe la posizione dei liberali. Noi non guadagneremmo molto sul piano economico dall’eventuale ammissione nel WTO, mentre perderemmo abbastanza, a cominciare dal piano della politica.

7) Nella sua visione strategica l’Europa assume un ruolo indispensabile. Come vede attualmente l’Europa soprattutto in luce della crisi economica che ha colpito l’Eurozona?

Penso che l’unità europea sia un aspetto positivo. Ma l’Europa dovrebbe formarsi attraverso la politica e le idee, non attraverso l’economia. È un errore. Attualmente è un momento difficile sul piano economico, e questo potrebbe facilmente provocare un crollo dell’Europa. La fragilità di una simile costruzione risulta del tutto evidente, ora come ora. Senza precise idee politiche e concrete strategie geopolitiche, così come in una posizione particolare rispetto agli Stati Uniti, e col suo attuale opinabile ruolo negli affari internazionali, l’unità europea manca di realismo. Per la Russia, l’Europa è tutt’oggi un partner più appetibile – Putin ha opportunamente evocato una più Grande Europa da Lisbona a Vladivostok. Ma per questo, abbiamo bisogno di un’altra Europa: forte, libera, indipendente dagli Stati Uniti, con un proprie strategie economiche, energetiche e strategiche, con idee europee chiaramente definite.

La Cina? Un alleato infido, un avversario o un alleato strategico?

La Cina è senz’altro un alleato allo stato attuale, nella misura in cui si oppone all’unipolarismo e alla distruzione dell’egemonia statunitense. Se la Russia è forte e solida, la Cina può continuare ad essere un alleato e, forse domani, anche un amico. Ma se la Russia si indebolisce nel suo vastissimo spazio siberiano, a causa del decremento demografico, questo potrebbe costituire un irresistibile tentazione per i Cinesi, che un giorno potrebbero trasformarsi in un nemico. Delle buone politiche russe possono prevenire tutto ciò incoraggiando l’espansione verso sud della Cina e rafforzandone i legami col Giappone – Medvedev sta facendo tutto il contrario, come è suo solito. Queste sono due tendenze geopolitiche da sviluppare ancora.

9) Quali sono i legami delle varie componenti politiche russe con quelle statunitensi? Quali, in particolare, quelli dell’area di Putin con la componente repubblicana statunitense?

Non ci sono collegamenti reali perché non c’è alcuna politica nella vita politica del partito in Russia. Il partito di Putin è una forma vuota senza alcun contenuto. Con Vladislav Surkov come suo collaboratore principale, questa situazione sarà destinata a consolidarsi. Tutti i legami sono puramente virtuali.

10) C’è una differenza tra la componente di Putin ed eventuali altre organizzazioni nazionaliste russe significative, oppure è l’unico esponente credibile di quest’area?

Questa è una domanda complessa. La maggior parte delle organizzazioni nazionaliste russe si oppongono a Putin, e lo considerano un pupazzo delle oligarchie e del liberalismo, un tiranno senza riguardi per i problemi della nazione. Egli è sempre più inquadrato come il male in una specie di ambiente. Nessuno lo considera un leader nazionale affidabile in senso nazionalistico. La sua credibilità in questo tipo di ambienti politici è molto bassa se non assolutamente inconsistente. L’establishment di Putin è fondato sulla corruzione, l’opportunismo, il servilismo, le menzogne e la tirannia personale, così come si confà alle regole ultra-liberali. Gli appelli alla causa nazionale vengono fatti soltanto per calcolo e sono falsi ed artefatti. Noi eurasiatisti siamo, tuttavia, sostenitori di Putin, mantenendo l’ultima speranza che potrà un giorno svegliarsi dal torpore, liberarsi dell’entourage liberale e rivelare la sua vera (o quella che noi presumiamo tale) natura russa. Non ci interessa la completa mancanza di democrazia, noi ci preoccupiamo della sua inconsistenza e della svalutazione dell’Idea nella sua essenza. Il suo pragmatismo è pericoloso perché egli può essere manipolato dai diversi mezzi delle reti di guerra. Al contempo, mettiamo necessariamente a confronto Putin e Eltsin (ed ora con Medvedev), evidenziando la sua ben maggiore credibilità, ed anche coi leader occidentali che sono migliaia di volte peggiori di lui – non per noi, ma per gli Europei e per l’Europa in generale come forma di civiltà, i leader occidentali sono semplicemente distruttivi; Putin, da parte sua, esita a restaurare la nostra civiltà eurasiatica ma non agisce coscientemente nella direzione di un’autodistruzione dolosa.

11) Cosa pensa dell’attuale Partito Comunista della Federazione Russa?

Il loro programma è davvero eccellente. Ma i loro leader sono peggio di niente. Non c’è alcuna possibilità con loro. È condannato.

12) Qual è la sua opinione riguardosa “primavera araba”? Perché il governo russo si è mostrato così timido nell’esprimere il suo dissenso sull’intervento della Nato in Libia?

Ho spiegato a grandi linee cosa penso riguardo all’odierno stato di cose nella politica russa. Medvedev è un pupazzo con un definito ruolo liberale-occidentale che non può essere scalfito durante la recita nell’attuale proscenio. Così egli deve essere docile, non esattamente sostenendo le operazioni della Nato, ma nemmeno opponendovisi. La Primavera Araba non è ancora finita. Alcune fonti iraniane seriamente credono seriamente che questi eventi possano capovolgersi sino a diventare una rivolta anti-americana e anti-israeliana nell’interno mondo islamico. Sono sicuro che gli Stati Uniti e Israele ora stanno perdendo molto più di quanto stiano guadagnando da quelle parti. Noi sosteniamo Gheddafi per la sua eroica resistenza contro la Nato e contro gli Stati Uniti. Ma potrebbe emergere una nuova ondata di anti-americanismo ed anti-atlantismo nel prossimo futuro lungo tutto il mondo arabo ed islamico. Dunque, vedremo. Gli Stati Uniti non possono nemmeno teoricamente fare affidamento sulla costruzione della democrazia da quelle parti. È fuori questione. Così resta tutto in balia del fondamentalismo e dei caotici e sanguinosi tumulti etnici attraverso l’intero mondo islamico. Ogni parte di questa guerra di tutti contro tutti, sarà al contempo anche anti-occidentale. Non mi dispiace. È soltanto l’inizio di una vera primavera. Affianco a questa “seconda ondata di crisi”, c’è la concreta possibilità di potersi sbarazzare dell’egemonia statunitense e cominciare a costruire un mondo multipolare. Per questo io vedo nel futuro una possibile guerra mondiale e certamente una rivoluzione mondiale.


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