La curva più veloce del mondiale fatta alla luce dei faretti e all'uscita dal tunnel la chicane che immette nella zona delle piscine. Sulla sinistra gli yacht attraccati al molo, in perfetto ordine gerarchico e ovunque palazzi e ville che ai piloti sono familiari. Perché dopo che hai assaggiato l'asfalto del salotto buono della Formula 1, a chi corre vien voglia anche di provare l'aria e le facilitazioni fiscali offerte. Montecarlo ha un fascino particolare. A prima vista sembra solo un sopravvissuto di un automobilismo che fu, ma la sua presenza nel mondiale non è un omaggio alla memoria, il Gran Premio di Monaco ha qualcosa in più che difficilmente terrà i bolidi lontano da questo posto anche per gli anni venire: è la casa della Formula 1 che ricca ormai è diventata e che nobile si è sempre sentita.
La leggenda di Montecarlo inizia in sordina nel 1929 quando i circuiti cittadini sono più la norma che l'eccezione. A vincere davanti alle Mercedes è un pilota di madre francese e padre inglese, Williams, al secolo William Grover, al volante della francese Bugatti colorata di verde, il colore che di lì a breve sarebbe diventato il British Racing Green. Una strana anticipazione di quella che sarebbe stata la vita di Williams, richiamato durante la Seconda Guerra Mondiale dall'esercito inglese, impegnato dai Corpi Speciali come supporto alla Resistenza francese, catturato e ucciso nel 1943 dalle SD naziste tedesche.
Da quel giorno sono passati cinquantotto anni, altrettanti Mondiali di Formula 1 e altrettanti Gran Premi di Monaco. Il circuito di Montecarlo è stato testimone delle imprese di Graham Hill e Ayrton Senna, in grado di vincere rispettivamente cinque e sei volte. È stato complice di incidenti drammatici, come quello di Lorenzo Bandini nel 1967, o semplicemente spettacolari, come quello innescato da Derek Daly, l'irlandese volante, in partenza nel 1980. Ha vissuto interminabili gare solo pit stop e niente sorpassi, vedi la gara vinta da Montoya nel 2003, o pazze gare sotto la pioggia, vedi l'incredibile vittoria di Olivier Panis su Ligier nel 1996. Ha visto Jochen Rindt passare Jack Brabham all'ultimo giro nel 1970 e Michael Schumacher, Prost e Häkkinen dominare dal primo all'ultimo metro. Ha assistito alla prima vittoria di una Ferrari turbo e agli unici due trionfi di Maurice Trintignant in gare valide per il Mondiale.
Qualcosa in tanti anni è cambiato, anche in nome della sicurezza, ma il circuito non è stato snaturato e così ancora oggi nella discesa che porta al Mirabeau possiamo ammirare quell'avallamento dell'asfalto che costringe a ogni giro piloti abituati ad andare a oltre trecento all'ora a doversi spostare come se stessero guidando in città.