Il sapore del sangue. Appunti sulla Grecia

Creato il 14 luglio 2015 da Antonio De Rose @antonio_derose

È il terzo salvataggio della Grecia in cinque anni. Ancora 86 miliardi di euro contro un piano di riforme che prevede privatizzazioni per 50 miliardi. La Grecia non esce dall’Euro, al contrario subisce un’ulteriore stretta finanziaria che dona ai mercati l’illusione che i debiti saranno onorati. Ma non c’è onore nella conclusione di un accordo che sancisce il pignoramento del patrimonio greco. La Troika torna ad Atene dopo sei mesi di governo Tsipras. Il leader di Syriza non ha margini di manovra per favorire la crescita ellenica e recuperare il gettito fiscale perduto in conseguenza della recessione economica e della “rivolta” fiscale dei greci. È finita. L’unione monetaria, in testa Francia e Germania, insegue un paese fallito, per ipocrisia. Le banche, specie tedesche, hanno speculato sul debito sovrano della Grecia. Quando la bolla è scoppiata, i governi dei paesi più esposti non si sono limitati a garantire il risparmio dei cittadini pilotando il fallimento delle banche, ma hanno liquidato quella montagna di carta scaricando le perdite sui contribuenti. L’austerità ha depresso l’economia degli Stati con più alto deficit che, nella cornice dei trattati, non hanno alcuna possibilità di riscattarsi. Sotto gli occhi abbiamo una crisi umanitaria che si risolve solo condonando il debito greco, allentando il cordoni di Maastricht. Ma “alcune persone adorano il sapore del sangue”. La Germania ha vinto la partita all’interno dell’Unione: mentre gli altri arrancavano nella crisi, le esportazioni la tenevano a galla. La manifattura tedesca ha guadagnato dalla deflazione dei paesi del Sud Europa, sempre più deindustrializzata. Ma di questo passo non potremo più permetterci di acquistare i prodotti made in Germany e allora saranno guai per tutti. Il meccanismo che assicura il primato economico e politico della Repubblica Federale Tedesca non può funzionare senza un mercato di sbocco per le sue merci ad alto valore aggiunto. Prima che sia troppo tardi l’Italia, che è davvero “too big to fail”, deve far valere il suo peso economico e strappare all’Unione il consenso per sforare il 3% del rapporto deficit/PIL e fare una manovra fiscale finalmente espansiva. Ci vorrebbe un governo.



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