Di quanti strati di emozioni mi sono spogliata.Quanto si potrebbe scrivere su questo angolo di città.
Le ore passano in fretta quando sei con gli amici a parlare davanti ad una bibita. Anche se non era quella che volevi, e di questo ringrazierai sempre la signorina sbadatella nelle vesti di simpatica e stralunata cameriera di un bar che sembra il salotto di casa tanto è accogliente.Poi è tempo di andare, ma sulla via del ritorno, nella sera buia in cui non passa quasi più nessuno nella strada, da una porta che si apre su altre scale di legno giungono dolci note... ed il richiamo è troppo invitante per resistergli. Saliamo le scale e ci troviamo in un'altra casa. Di legno. A Graça. Dove si suona jazz in una stanza, così, come si fosse in salotto, e poi c'è anche lo spazio per bere qualcosa e rilassarsi.Si chiama Laboratório, e, se fino a qualche tempo fa era di analisi cliniche, da tre mesi è diventato uno spazio per fare musica e cinema.
Mobilio di recupero tra cui spicca un vecchio juke box che attira la mia attenzione. Sono sicura che funzioni ancora.
Finalmente il mio bicchierino di ginjinha. Me lo sono davvero sudato oggi!
E poi... ancora finestre coi posti per sedersi incorporati.
Perché quassù sedersi alla finestra dev' essere un'abitudine comune per chi la vita la vuol vedere scorrere da dietro ai vetri, spiandola, temendone l'irruenza tanto da non trovare la forza di affacciarsi a quella finestra, ma scegliendo di sostare ore seduto ad aspettare, ad osservare.E lo sguardo può allungarsi un po' più in là fino a trovare la pace nel fiume dei tramonti rosa e oro.
Oppure come me si poteva restare seduti, avvolti in una calda coperta di note, l'occhio teso a cogliere lo sferragliare antico di un tram che scivolava via veloce tra i balconi in ferro battuto della notte lisboeta.