e a quello dei demoni,
non potete partecipare alla mensa del Signore
e a quella dei demoni. (1 Cor. X, 21)
Araste l’empietà,
avete mietuto la colpa,
vi siete nutriti col frutto della menzogna (Osea X, II-13)
Al Sabba si danzava, si cantava, le streghe si univano carnalmente al Demonio e banchettavano. Il cadavere “prodigioso” “multiuso”, si prestava anche ad essere mangiato sciapo1. Durante i pasti descritti nella Demonolatria di Nicola Remigio il legame tra ventre (simbolo di fecondità femminile che nutre e imprigiona) e tomba appare evidente. Si mangiano cadaveri, quindi il ventre diventa un ricettacolo di morte, aspetto oppressore della vita rievocante profondità ctonie di straordinario vigore simbolico in una compulsione divorante che rievoca ombre bacchiche e lilithiane. A tavola veniva servita carne umana2 cotta o cruda, e gli stregoni confermavano che fosse molto più saporita delle carni di pernici e capponi, specialmente il cuore, parte molto apprezzata, riservata al Diavolo. Anche ai rospi che spesso erano vestiti si dava un po' di carne umana che essi non disdegnavano al pari dei lacché del diavolo. Tutti mangiavano masochisticamente cibi putrescenti e se rimanevano avanzi li si nascondevano nelle madie, mentre gli organi sessuali e le ossa venivano sepolti come feticci nel luogo della riunione, perché potevano essere utilizzati per fabbricare veleni e pozioni3. Tuttavia il pasto della strega non era esclusivamente cannibalico.
Barbellina e Sibilla Morelia, accusate di sortilegio, confessano che al Sabba si servono ogni genere di cibi mal conditi, sporchi e immangiabili. Nicolao Morelio aggiunge che sono amari e talmente imputriditi da non poter essere inghiottiti4. Anche il vino era cattivo e veniva servito in sordide tazze. Mancavano sempre sale e pane. Tale circostanza è confermata dal Pitré, il quale, riferendosi al noce di Benevento, dice che «le streghe tengono un notturno banchetto, nel quale tutto si trova fuorché il sale che più ancora dell’aglio, ha forza contro le malattie e le malie. Tutte le vivande sono perciò insipide, perché le streghe mangiano senza sale e sentono per esso profondo orrore. Il solo nome di sale porta a sciogliere quel convito»5.
Il sale era anche sinonimo di saggezza e la sua assenza al Sabba indica simbolicamente che i banchetti stregoneschi erano situati sul piano della pura follia.
La mancanza del sale rientra nell’ordine del rovesciamento dei valori cristiani e nella ribellione a Dio. Questi infatti nell’Antico Testamento gradisce vittime condite col sale in sacrificio: «Condisci di sale ogni vittima che offri in olocausto, né disgiungerai il tuo sacrifizio dal sale della tua alleanza... nel nuovo patto ogni vittima si condisca di sale, perocché ottima cosa è il sale»6.
Nei misteri della religione cattolica il sale è ampiamente usato ad esempio nella amministrazione del battesimo7, col quale si nasce alla salvezza e nell’acqua degli esorcismi. Esso suggella il patto dell’uomo con Dio e mette in fuga i Demoni nelle pratiche esorcistiche8.
Eliseo (II Re 2,19-22) purifica le acque di una sorgente sciogliendovi una ciotola di sale. Esso è simbolo di amicizia e fedeltà, sia per la purezza del suo colore bianco sia per le sue capacità di sciogliersi e ricomparire in forma solida.
Sale è cristallo che sotto l’azione del sole, per evaporazione, si solidifica e prende vita dal mare. Figlio delle acque e del fuoco, è essenza purissima che emerge dal Caos amorfo ed indistinto. Non a caso Gesù nel Vangelo definisce i suoi discepoli il «sale della terra e la luce del mondo» (Mt. 2, 13). Il sale emerge dall’oscurità dell’acqua a nuova vita, per effetto del sole. È un viaggio verso la luce, di allontanamento dalle caotiche tenebre. Un allontanamento dall’archetipo della Madre-acqua che è pur necessaria, verso l’elemento maschile e solare.
Il granello di sale, sciolto nel caos del grembo materno, si solidifica, prende pian piano la sua forma pura e bianca per mezzo dell’energia solare... Il discepolo di Cristo è un granello di sale che realizza se stesso e assume forma grazie all’elemento maschile, rifuggendo il peccato femminile degli istinti caotici, dall’ipnosi di un grembo prenatale e misterioso.
Bodin nel 1500 spiegava che il sale è inviso ai diavoli perché combatte la putredine. Esso è «segno dell’eternità e purità perciocché non si corrompe, non putrefà giammai e conserva le cose da corruzione e putrefazione, e il diavolo non cerca se non la corruzione e dissoluzione delle creature, come Iddio la generazione»9.
Nella cultura popolare è diffusa l’idea di una incompatibilità tra sale e demonio, tanto che veniva impiegato negli esorcismi. Si usava mettere dei granelli di sale in bocca agli epilettici considerati posseduti, per allontanare gli spiriti maligni. Il Pitré riferisce che si usava spargerlo anche sulla saliva prodotta loro malgrado dagli ossessi.
Si producono così le antinomie: sale-conservazione-purità, diavolo-putrefazione-impurità.
Inoltre il sale rientra nella cultura culinaria dell’uomo per dare sapore e gradevolezza al cibo. I banchetti stregoneschi fanno invece parte di una contro-cultura in cui tutto è insapore e immondo, rievocante l’ombra della morte. La cucina stregonesca è mortifera, non ha come scopo la salute ma l’abbattimento delle energie umane10. I cibi sono guasti, quindi è come se non fossero stati sottoposti al preventivo trattamento della salatura che, all’opposto, ha valenze conservative e positive.
Anche il pane è simbolo di sacrificio e offerta a Dio sopra l’altare. Nell’Eucaristia esso è consacrato a testimoniare il corpo di Cristo. Se consumato col sale rafforzava il vincolo d’amicizia.
Il grano è il cibo sacro dispensatore di vita11:
Il cibo sacro ha nomi di chiara impronta mistica: manna (da man), pane (da P-an, paese del P. o cielo). La sostanza vitale si identifica con il monte superiore, con quella pietra che Satana avrebbe voluto vedere trasformata in pane per convincersi della divinità di Gesù. In realtà questa sostanza è la materia piena di spirito che dà un corpo all’anima, il corpo etereo che i defunti riprenderanno quando suonerà l’ora della rinascita. Da Pan deriva panus, (spiga di miglio), panico, (una specie di miglio), pannocchia; si aggiunga, a maggiore chiarificazione, che pano vale tubercolo, rilievo, forma ispirata, non di rado a quella schematica (piramide, tronco di cono) del monte sublime. Da Pan deriva inoltre panno e anche pannicolo o rivestimento, e quindi in via secondaria, materia che riveste lo spirito12.
Pane è il corpo transumanato di Cristo durante l’ultima cena. Nell’episodio evangelico de le spighe di grano e il sabato in cui i discepoli affamati mangiano spighe di grano in violazione sabbatica, il pane è simbolico di resurrezione e vita13. Come un pizzico di lievito fa fermentare la farina, così il germe dello spirito divino, agendo di sabato nelle profondità della montagna, di notte, fa risorgere dalla morte il Cristo e tutti coloro che credono in lui, per esteso la schiera dei suoi seguaci che di sabato, mangiano grano nel dì della morte, sconfiggendola. Il pane divino, nel segreto dell’oscurità di mezzanotte ridà la vita14.
Naturalmente il diavolo lo aborre e lo bandisce dalla sua mensa che si serve proprio nella mezzanotte del Sabato per sbeffeggiare il sacro seme divino e il pane spirituale.
Satana ama tutto ciò che è contraffatto, sporco e cattivo. Il suo corpo che pretende «baci sul culo... e abbracciamenti delle coscie», emana più fetore di un capretto «in sul cominciar del verno»15.
“Il profumo è anticamente simbolo divino e va verso Dio16”.
Esso armonizza microcosmo e macrocosmo in una sinergia segreta che segue il tempo cosmico dell’universo.
Il corpo dei santi emette aromi balsamici e consolatori anche dopo la loro morte.
L’odore di santità, lungi dall’essere una semplice metafora, stigmatizzava un mondo claustrofobico e irreale in cui gli ardori di una fede personale ed emotiva composta di deliqui, malesseri e strani rapimenti, dovuti all’autolesionismo e ai prolungati digiuni, si sommavano ad allucinazioni collettive, euforizzanti. Effluvi edenici che sublimavano l’erotismo per lungo tempo innaturalmente represso dalla sessuofobia cattolica, in irrazionali, ansiolitiche sensibilità olfattive. Il corpo dello stesso Cristo è sublimato nel profumo che il suo costato trafitto, fucina d’inebrianti aromi, emana, come un balsamo nel quale immergersi.
La volontà di fondersi col corpo di Cristo, col cibarsi dello stesso, carne e sangue, in un atto di incorporazione, di inghiottimento simbolico, tradisce una sublimazione dell’eros in una spiritualità non del tutto avulsa dal corpo i cui odori e le cui essenze vengono assorbite nel mistico ardore allucinatorio di religiosi ed asceti, in una sorta di “amplesso depurato” col divino che presuppone l’uccisione della carne umana e dei suoi piaceri inaccettabili, il suo stemperamento e annullamento nella solennità di un inesistente ed edenico sublime, basato sull’irrazionalità.
Lo stesso ragionamento contrario ad ogni senso comune riguarda il rapporto col cadavere. Il cadavere è inerte, normalmente non respira, non mangia, non cammina dato che trattasi di carne morta. Eppure seguendo la logica stregonesca esso prende vita, parla, cammina nella dinamica di un terrificante necromantico ritorno.
1 N. Remigio, Demonolatria, cit., p. /8/.
2 Ivi,p. /213/.
3 Gustav Henningsen, L’avvocato delle streghe, Eretici e Inquisitori nella Spagna del Seicento, Garzanti , 1990, p. 74.
4 N. Remigio, Demonolatria, cit. p. /209/.
5Pitrè citato da A. Talamonti, La carne convulsiva, Liguori, Napoli, 2005, p. 212.
6 N. Remigio, Demonolatria, cit.,pp. /209/, /210/.
7 «Pitrè riporta che in Sicilia le anime dei bambini non battezzati vanno al limbo perché rimaste prive del sale necessario al battesimo». Inoltre Farfareddu era un essere soprannaturale di tipo diabolico che occupa la mente degli uomini attraverso l’incubo notturno. Ma tale potestà «può venire esercitata da lui sopra coloro i quali furono battezzati incompletamente, valeadire o con omissioni di parole rituali, o per iscarsezza di olio o di sale», (A. Talamonti, La carne convulsiva, Liguori, Napoli, 2005, pp. 214, 215).
8 Demonolatria, cit., p. /211/.
9 Bodin citato da A. Talamonti, La carne convulsiva, Liguori, Napoli, 2005, p. 211.
10 Ivi, pp. 211-214.
11 U. Grancelli, Il simbolo nella vita di Gesù, Casa Editrice Europa, Verona, 1947, p. 108.
12 Ivi, p. 110.
13 «In quel tempo, in un sabato, ... Gesù passava per i seminati; e i suoi discepoli, avendo fame, si misero a raccogliere spighe e a mangiarne. Visto ciò i farisei gli dissero: Guarda, i tuoi discepoli fanno ciò che non si può fare di sabato. Ma egli disse loro: Non avete letto quel che fece Davide quando ebbe fame, egli e chi era con lui? Come egli entrò nella casa di Dio e mangiò i pani della Preposizione, dei quali né a lui né a chi era con lui era lecito cibarsi, ma ai soli sacerdoti? O non avete letto nella legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio rompono il sabato e sono senza colpa? Or vi dico che qui c’è uno più grandedel tempio...», (Matteo, XII, 1 e ss.).
14 U. Grancelli, Il simbolo nella vita di Gesù, Casa Editrice Europa, Verona, 1947, pp. 79, 80.
15 Demonolatria, cit., p. /239/.
16 Denis Gaita, Il pensiero del cuore, cit. p. 40