Credit: ESA/HPF/DLR
Dopo più di quattro anni di mappatura della gravità terrestre con una precisione senza eguali, la missione di GOCE (Gravity Field and Steady State Ocean Circulation Explorer) si avvicina alla fine.
Il satellite, con il suo designer elegante ed aerodinamico, soprannominato la "Ferrari" dello spazio, rientrerà nella nostra atmosfera il mese prossimo.
Lanciato il 17 marzo 2009, è un satellite di osservazione della Terra dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) con l'obiettivo di produrre una mappa ad alta precisione e risoluzione del geoide terrestre mediante una misura globale del campo gravitazionale.
Il modello ottenuto è fondamentale per ricavare misurazioni accurate della circolazione oceanica, il cambiamento del livello dei mari, la dinamica del ghiaccio terrestre; è usato anche come superficie di riferimento per mappare le caratteristiche topografiche del pianeta ed aiuta la comprensione del suo interno.
La mappa seguente mostra i scostamenti di +/- 100 metri rispetto ad un geoide ideale: le tonalità blu rappresentano i valori bassi, i rossi / gialli rappresentano valori elevati.
Credit: ESA/HPF/DLR
A metà ottobre, però, la missione arriverà alla sua fine naturale e prevista: il primo rientro incontrolato di un satellite ESA dopo 25 anni (l'ultimo fu la missione Isee-2 nel 1987).
Quando il satellite esaurirà il carburante, inizierà la sua discesa verso la Terra da un'altezza di circa 224 chilometri.
Gli esperti, per il momento, si aspettano che il motore a ioni di GOCE esaurirà lo xeno tra il 16 e il 17 ottobre, più o meno due settimane.
Così, da satellite super-tecnologico si trasformerà in spazzatura spaziale.
Per la maggior parte si disintegrerà nell'atmosfera ma alcuni elementi potrebbero raggiungere la Terra, suscitando un po' di apprensione per il suo rientro, così come era successo nel 2011, più o meno di questo periodo, per il satellite americano UARS e poco dopo, per il telescopio orbitante tedesco Rosat.
L'entrata in atmosfera è prevista circa tre settimane dopo l'esaurimento del combustibile ma naturalmente, fino a poche ore prima, sarà impossibile determinare con esattezza quando e dove avverrà.
Come per i casi precedenti, la logica vuole che, prevalendo sulla Terra oceani ed aree scarsamente popolate, le probabilità che possa costituire un pericolo sono molto basse.
D'altra parte, circa 40 tonnellate di detriti spaziali raggiungono il suolo ogni anno ma la loro distribuzione e dimensione media, rappresenta un rischio inferiore a quello costituito dai meteoriti (ci possiamo consolare!).
Ciò che sopravviverà sarà probabilmente lo strumento principale.
"Dalla massa originale che abbiamo ora nello spazio, stimiamo che circa il 25%, ossia circa 250 chili, raggiungeranno la superficie e, questi 250 chili, si distribuiranno tra 40 e 50 frammenti", spiega il Dott. Floberghagen, manager della missione ESA.
In questo caso, però, non precipiteranno materiali pericolosi, come i propellenti idrazina utilizzati su altri veicoli.
La situazione verrà sfruttata per verificare le nostre capacità di tracciamento dei detriti spaziali.
L'Inter-Agency Space Debris Coordination Committee ha scelto la fine della missione GOCE come test: il vantaggio è che un gran numero di strutture su tutto il pianeta monitoreranno il rientro incontrollato del satellite.