Il secondo fallimento del Parma

Creato il 25 febbraio 2015 da Calcioromantico @CalcioRomantico

Parma-Udinese del 22 febbraio 2015 è entrata, suo malgrado, nella storia del calcio italiano. La F.I.G.C. ha, infatti, deciso di rinviare la partita a data da destinarsi per impedire che si giocasse a porte chiuse. La Prefettura, vista la minaccia degli addetti alla sicurezza del Tardini di non presentarsi allo stadio (non sono pagati da mesi), aveva infatti disposto di far giocare il match senza pubblico, ma Tavecchio in persona e i rappresentanti delle due società coinvolte hanno preferito il rinvio, visto che il pubblico è l’anima dello spettacolo calcio. Questa, almeno, la motivazione ufficiale, che in tempi di calcio uguale diritti tivvù lascia un po’ perplessi.

Un undici della stagione 1998/99. Il crac Parmalat è molto, molto lontano

La realtà è che a Parma sono a un passo dal diventare il primo club che non porta a termine un campionato di Serie A. Un modo per entrare davvero nella storia. Persino la disastrata A.C. Fiorentina 2001/02 riuscì a retrocedere onestamente sul campo prima di fallire nel corso dell’estate e dover ricominciare sotto altro nome (Florentia Viola) e altra proprietà (Della Valle) dalla C2. Quello fu comunque un brutto segnale per il movimento calcistico italiano, che in breve tempo vide altre due grandi fallire e a ripartire da zero sotto altra denominazione: la S.S.C. Napoli e il Torino Calcio.[1]

Paradossalmente, però, a chi segue il calcio solo dagli anni Novanta, il ventilato fallimento del Parma fa più effetto, perché i gialloblù ducali evocano il ricordo successi recenti, in campo nazionale e internazionale più anche dei viola, degli azzurri partenopei o dei granata. Il giocattolino Parma-lat del fu cavalier Callisto Tanzi sembra ancora dietro l’angolo: nessuno scudetto, ma tanti anni da protagonista e tanti campioni con quella maglia in dosso, tre Coppe Italia vinte e, soprattutto, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e due Coppe UEFA in bacheca.
A guardare indietro, però, si scopre che nel 1969 la città emiliana aveva visto il suo più antico club, il Parma Football Club, non riuscire ad andare avanti. In cinquantasei anni di storia la squadra non era mai andata oltre la Serie B e, già da due stagioni, era sprofondata in Serie D. Liquidazione e fallimento arrivarono e solo la fortuna volle che nella stessa serie fosse appena arrivata l’Associazione Calcio Parmense. Il sodalizio, fondato solo l’anno prima, assunse il nome Parma Associazione Calcio e riconquistò immediatamente la C. Ed è questa società con meno di cinquanta anni di vita che oggi rischia di fallire, anche se l’attuale denominazione (Parma Football Club) rimanda al vecchio club fondato nel 1913 ed estinto nel 1969. Curioso notare che tale denominazione risale al 2004, quando fu necessario svincolarsi dalla dirigenza Parmalat per continuare ad esistere.[2] Un tentativo, più che uno svincolo vero e proprio se a una decina d’anni di distanza i problemi si sono ripresentati. Evidentemente tra il brand Parma e il reale valore della società c’era un abisso e provare a far finta di niente ha portato al dissesto finanziario. E a far davvero effetto è forse proprio questo.

A.C. Parmense 1968/69

Accanto al dato socio-economico c’è anche quello sportivo. Che il Parma stesse quest’anno imboccando la via della B è stato chiaro da subito. Se, però, i ducali dovessero subire la radiazione prima della fine del campionato, la F.I.G.C. assegnerebbe come risultato il 3-0 a tavolino a tutte le partite ancora in programma. Una scelta contro tendenza rispetto al dato storico, ma non rispetto al dato recente. Vediamo perché.
Come detto, in Serie A è mai successo che una squadra non terminasse il campionato. I casi in Serie B sono, invece, tre: la Monfalconese si ritirò dalla B 1932/33 per problemi finanziari dopo solo sei giornate sulle 34 in programma; il Grion Pola abbandonò il girone B della B 1934/35 dopo le 15 partite del girone d’andata perché la retrocessione era una prospettiva quasi certa;[3] nella B 1942/43 il Palermo-Juventus (questa la denominazione ufficiale della squadra rosanero quell’anno) fu escluso dal campionato dopo 24 giornate perché gli alleati avevano occupato la Sicilia. In tutte e tre queste occasioni la Federazione decise di annullare le partite già disputate dalle squadre in questione. Analoga decisione fu presa quando il Quartu Sant’Elena a metà campionato si ritirò dalla C2/A 1983/84 e quando l’Arezzo si ritirò dalla C1/A 1992/93 alla 27° giornata, ovvero a sole 7 giornate dalla fine.
Nella stagione 2013/14, però, la Nocerina fu esclusa dal campionato di Prima Divisione girone B e retrocessa d’ufficio in D in seguito al comportamento avuto dai suoi tesserati nella trasferta di Salerno. La F.I.G.C. non annullò le partite precedenti, ma decretò lo 0-3 a tavolino per le partite delle ultime tredici giornate che coinvolgevano la società campana.

Se la Federazione adottasse lo stesso metro in caso di esclusione del Parma, penalizzerebbe di fatto le (poche) squadre che finora hanno ceduto punti ai gialloblù. Ma siccome tra queste ci sono la Roma, l’Inter e la Fiorentina prevediamo lunghe querelle.

federico

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[1] La Florentia Viola nel Maggio 2003 riacquista nome e trofei della A.C. Fiorentina. Si iscrive così alla B 2003/04 col nuovo nome Associazione Calcio Firenze Fiorentina.
Nel 2004 la S.S.C. Napoli fallisce, il Napoli Soccer di De Laurentiis si iscrive alla C1 per la stagione successiva e poi riacquista il titolo e i trofei della vecchia società al momento del ritorno in B (2006).
Il Torino Calcio (fondato nel 1906 come Foot Ball Club Torino) fallisce nell’agosto 2005. Cairo iscrive al campionato di B successivo una nuova società, col nome di Torino Football Club, e nel luglio 2006 acquista titoli e trofei del vecchio club, senza cambiare denominazione

[2] Il Parma F.C. assume debiti e titoli del Parma A.C., è posto in amministrazione controllata fino all’individuazione di un nuovo acquirente. Evita così la radiazione. Ghirardi acquista la squadra nel 2007
[3] A seguito degli incidenti in Grion Pola-Pistoiese del 27 gennaio 1935 (partita valida come prima di ritorno, sospesa all’89’ per invasione del campo sul 2-2) vengono squalificati a vita tre giocatori del Grion (Armando Vatta, Mario Monti e Giorgio Cidri) e viene assegnata la vittoria a tavolino agli ospiti. Il Grion, che ha racimolato solo 7 punti in 16 giornate, preferisce ritirarsi

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