Il senso altrove

Creato il 15 settembre 2015 da Povna @povna

E oggi infine la campan(ell)a ha suonato anche per il centro Italia, buona ultima. La ‘povna è arrivata alla vigilia del suo quindicesimo primo giorno di scuola da insegnante così messa: di ritorno dal nord su un treno Italo che si conferma scomodo, e utilizzato mediamente da gente un terzo più maleducata dei viaggiatori Trenitalia (e sembrava anche impossibile), trafitta da una serie di malesseri che poi sono sbocciati in una bella febbre alta (tenuta sotto controllo da una tachipirina nella notte che l’ha fatta scendere a poco più di 37,5) e ritrovando, una volta sbarcata nella piccola città, la sua amata bicicletta con la ruota posteriore rubata, quella anteriore staccata (anche se il lucchetto in vetrocemento, quello che le ha fatto scoprire tempo fa il significato profondo del termine “arma impropria” ha resistito eroicamente) e lei costretta, con lo zaino-valigia sulle spalle, la febbre addosso e il generale giramento, a fare la spola con il più vicino biciclettaio in due comode puntate.
Proprio nel mezzo, l’ha chiamata Esagono:
“Pronto…?”
“Pronto, ‘povna, scusami se ti disturbo, ti chiamavo per parlare di domani, e sapere se eri pronta a rientrare nei tuoi cenci… Ma mi accorgo che forse “sì” non è la risposta giusta”.
L’ironia benevola del suo vicepreside, aggraziata pur nella sua ingegneristica goffaggine, ha comunque un potere taumaturgico. La ‘povna gli rovescia addosso il riassunto della giornata, con un florilegio descrittivo in cui la parola più soave è “vaffanculo”. Ciò nonostante, gli conferma la sua presenza l’indomani alla prima ora, per una serie di questioni da trattare prima dell’arrivo dei primini, previsto per le nove e mezzo. Poi, finalmente, all’alba delle sette, guadagna (a piedi) la porta di casa.
Una buona dormita, insieme ai barbiturici, si profila come il rimedio migliore per quella che un tempo Zivago avrebbe chiamato “febbre russa”. La ‘povna fissa la sveglia alle sette meno dieci, prepara il vestito da primo giorno (interamente in rosso, scarpe incluse, e tonde), e poi, dopo qualche pagina del Cardellino, si affida alle braccia di Morfeo con relativa buona grazia, dormendo quasi un numero di ore sensato.
Prima, ha avuto modo però di affacciarsi, con i Marmottini così come con gli Extra-terresti, sul canale telematico, ad augurare buon ritorno. E’ tutto pronto, anche la filastrocca in endecasillabi baciati preparata appositamente per accogliere i primini, così come le attività in seconda e in terza. Eppure, si può fare finta di niente per un’intera estate senza fallo, ma la ‘povna sa bene che cosa accadrà domani.
Quello che succede – oggi – sarà sancito a chiare lettere in vicepresidenza dalla custode Ornella, del dirimpettaio liceo artistico (nel cui corridoio, come si ricorderà, i Merry Men, occupavano, unici tra tutti, la loro casa sull’albero). Mentre la ‘povna e i vicepreside sono immersi nel tentativo di spostare i residui dei lavori di ripristino, finiti il giorno prima, e che hanno lasciato dietro di sé un cumulo di macerie, a mo’ di stanza di sgombero, Ornella bussa alla porta aperta, si affaccia, e prorompe: “Scusate se vengo subito a mettere le cose in chiaro. Ma fino all’anno scorso nel corridoio c’erano i miei amori e andava tutto benissimo, però adesso loro sono andati via, e me li avete sostituiti con una Terza A qualunque, e dunque vorrei che fosse stabilito in maniera esplicita un codice di comportamento, ché tutti gli altri alunni, non devo essere io a spiegarvelo, non sono certo come i Merry Men”.
Qualcuno l’ha detto.
DaddyLongLegs ostenta una faccia di ghiaccio.
Esagono guarda la ‘povna in tralice, e sogghigna.
Lei, dal canto suo, non si contiene nemmeno per un secondo: “Allora mancano anche a lei, Ornella?”.
“Moltissimo” – replica lei come a sottolineare l’ovvio – “niente può essere come prima, se non ci sono loro”.
Ed è così che le parole di un’estranea, parole di chi non è della loro scuola, e nemmeno poi troppo bene li conosce, sono capaci di incastonare, senza parere, tutto. Perché – se ciascuno ha bisogno di un narratario esplicito, sempre, in ogni contesto (cioè un destinatario privilegiato cui raccontare la propria vita, raccontandosela) – la ‘povna sa che oggi è cominciata, in quella scuola, una stagione per lei senza precedenti. Quella nella quale, dopo otto anni di sguardi privilegiati, dedicati a chi, là dentro, la sapeva più di chiunque altro (rispettivamente, i Merry Men e prima di loro l’Onda), la ‘povna comincia l’anno senza un narratario specifico – e questo elemento porta nel suo tessere la trama di scuola una indiscutibile novità.
Come sarà, quest’anno di sguardi altri, la ‘povna non sa dirlo. E non importa se nel mezzo, come oggi, la giornata si è dipanata piena di pieni, di novità, di sorprese, di cose belle. Questo lo sapeva, anche ieri, anche in queste settimane estive, anche prima di vederlo. Ma resta il fatto che, come poche volte in precedenza, la ‘povna sa che dovrà cercare, per raccontare quest’anno secondo modalità narrative che siano giuste e consone, il senso – così come altri eventuali narratari – pure altrove.