L’interpretazione prevalente dell’altro gesto di reazione alle parole di papa Francesco — l’astensione dalla messa da parte di alcuni detenuti a Larino — fornita da quanti, dentro e fuori la chiesa, meglio conoscono il mondo criminale mafioso è quella della sfida lanciata al monito del papa, del messaggio in codice inviato all’esterno per riaffermare la propria appartenenza alle cosche. In questo caso quindi le parole del papa non sarebbero state fraintese, anzi, sarebbero state accolte come un attacco da respingere, cui contrapporre una rinnovata dichiarazione di fedeltà al patto mafioso. Sarebbe comunque importante poter conoscere anche il contenuto del confronto avvenuto tra il cappellano e i detenuti, e tra questi ultimi e il vescovo che si è poi recato di persona in carcere a celebrare la messa. Certo non possiamo escludere che qualcuno dei detenuti abbia davvero colto nelle parole del papa il pressante invito a cambiare vita, ma purtroppo tutto lascia pensare che il monito di papa Francesco non sia stato preso per quello che è in verità: un richiamo all’autentica qualità di cristiano e alla coerenza tra fede professata e atti compiuti, un appello evangelico alla conversione, un annuncio della misericordia del Signore verso chi si pente.Resta l’impressione che gli interventi di papa Francesco paiano eccessivi anche a molti che pubblicamente fingono di apprezzarli: in un’Italia in cui l’illegalità trova sempre giustificazioni, in cui le dichiarazioni forti si fanno solo per dare autorevolezza a promesse false e a menzogne, in un’Italia in cui “tutto si aggiusta”, le parole del papa possono essere considerate poco meditate o pronunciate a caldo. Ma la loro franchezza resta come monito etico anche per la società civile, e le reazioni che hanno suscitato lo confermano.
L’interpretazione prevalente dell’altro gesto di reazione alle parole di papa Francesco — l’astensione dalla messa da parte di alcuni detenuti a Larino — fornita da quanti, dentro e fuori la chiesa, meglio conoscono il mondo criminale mafioso è quella della sfida lanciata al monito del papa, del messaggio in codice inviato all’esterno per riaffermare la propria appartenenza alle cosche. In questo caso quindi le parole del papa non sarebbero state fraintese, anzi, sarebbero state accolte come un attacco da respingere, cui contrapporre una rinnovata dichiarazione di fedeltà al patto mafioso. Sarebbe comunque importante poter conoscere anche il contenuto del confronto avvenuto tra il cappellano e i detenuti, e tra questi ultimi e il vescovo che si è poi recato di persona in carcere a celebrare la messa. Certo non possiamo escludere che qualcuno dei detenuti abbia davvero colto nelle parole del papa il pressante invito a cambiare vita, ma purtroppo tutto lascia pensare che il monito di papa Francesco non sia stato preso per quello che è in verità: un richiamo all’autentica qualità di cristiano e alla coerenza tra fede professata e atti compiuti, un appello evangelico alla conversione, un annuncio della misericordia del Signore verso chi si pente.Resta l’impressione che gli interventi di papa Francesco paiano eccessivi anche a molti che pubblicamente fingono di apprezzarli: in un’Italia in cui l’illegalità trova sempre giustificazioni, in cui le dichiarazioni forti si fanno solo per dare autorevolezza a promesse false e a menzogne, in un’Italia in cui “tutto si aggiusta”, le parole del papa possono essere considerate poco meditate o pronunciate a caldo. Ma la loro franchezza resta come monito etico anche per la società civile, e le reazioni che hanno suscitato lo confermano.
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